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Ti guardi allo specchio.
Il riflesso delle paure.
Il presagio delle sventure.
Scelte,
strade,
vite;
insicure.

Probabilmente non sono mai stato abbastanza, per quella ragazza.
Chissà quali erano le qualità che cercava in un ragazzo, ancora me lo chiedo dopo un mese da quando ci siamo lasciati definitivamente.
La mia famiglia ora non ha più finanze per colpa mia, il mio era il lavoro che riusciva a portarci, a fine mese, qualcosa in tavola.
Mi guardo allo specchio: non mi piace affatto quello che vedo riflesso.
Un ragazzo magro, con le occhiaie, i capelli scompigliati e gli occhi rossi di pianto che ormai va avanti da settimane, ed il cuore a pezzi.
Fa male, fa ancora troppo male.
Non voglio affrontare il me stesso dello specchio.
Non desidero confrontarmi con quella pelle piena di lividi, mi viene davvero da piangere ancora.

"Sei un uomo fallito, Jin. Un uomo fallito!" lo schiaffo mi arrivò dritto sulla guancia, seguito da tanti altri uguali e anche più forti.

Perchè doveva picchiarmi?
Quale motivo aveva?
Dopotutto, avevo solo chiesto di continuare a lavorare lì, anche come semplice addetto alle luci o per pulire il palco, portare qualche soldo a casa.

"Lasciami stare!" urlai, tra le lacrime che ormai scendevano dalle mie guance. "Io non ti ho fatto nulla!"

Che cosa mi ha fatto? Vorrei saperlo, perchè a lasciarmi è stata lei... ed io continuo a soffrire, perchè nessuno viene a salvarmi dalla disperazione che mi sta mangiando vivo?!

Intanto, mentre lui mi picchiava, lei rideva. Lei rideva ed io, con la faccia sull'asfalto freddo, continuavo a sperare che fosse solo un sogno.

Mi hanno sempre detto che sognare fa male, ma forse così fa davvero troppo male.
Svegliarsi e scoprire che la tua cazzo di vita è una merda, e soffri ogni giorno di più, nascondendo i sentimenti che provi alle persone.

Il sapore amaro del sangue la fece da padrone, ed io mi ritrovai a tornare a casa zoppicando, senza poter dire nulla a mia madre e mia sorella.

Sono l'unico, o meglio, ero l'unico, che aveva un lavoro... per sostenere la famiglia.

"Sono caduto" dissi, stringendo i denti.

Forse mia madre non mi ha creduto.
O forse nemmeno mia sorella.
Non ne ho idea, ma io mi chiusi in camera, ed essa diventò il mio rifugio.

E piansi.
Piansi ogni notte, ma di giorno no: dovevo essere forte per la mia famiglia.

Oggi finalmente, mi libererò dal peso di essere l'unico appiglio per mia madre e mia sorella, dal peso di essere stato lasciato da quella che pensavo fosse colei che mi amava veramente.

Non mangiai, non uscii più come facevo prima.
Mentii a mia madre su varie cose.
Quanto avrei voluto dirle ogni segreto.
Confidare a qualcuno quel peso, quel peso sul mio cuore che segnai sul diario.

Il peso della vita.
In casa non c'è nessuno ora, e spero che un salto mi basti per andarmene.
Guardo un'ultima volta la mia camera, le foto di famiglia, saluto il gatto Pink e mi avvio verso la finestra della sala.
Una volta in bilico, prendo un profondo respiro.
Addio.
Lentamente, la vita mi passa davanti, e poco dopo sento il mio corpo scontrarsi con l'asfalto.
Eppure, sono ancora cosciente del fatto di essere vivo.
Ho fallito? Eppure, non riesco a muovere un muscolo...
Sento alcune persone urlare accanto a me, mia madre ora non sa nulla: è appena andata al lavoro.
Mamma, perdonami.
Non sono stato all'altezza nemmeno questa volta, come sempre del resto.
Kim Seokjin, questo il mio nome, ha fallito anche nell'intento di uccidersi.
Perchè il destino mi ha riservato tutto questo?!

𝐀𝐰𝐚𝐤𝐞-𝐍𝐚𝐦𝐣𝐢𝐧 ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora