Capitolo 11 - Parole d'amore.

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«Era giovedì. Ho un ricordo di quel giorno così vivido che potrei giurare di averlo vissuto ieri. Ero tornato da una corsa. Avevo sentito l'esigenza di sfogarmi senza sapere perché ne avessi bisogno.» Lo guardai muoversi nel mio appartamento, toccando i miei oggetti, aprendo i miei libri e sorridendo alle pagine come se gli stessero raccontando di me. Non mi sembrò nervoso, tanto meno a disagio, ma era come se si fosse trasferito in un'altra dimensione. Lo rendeva più bello del solito, con i muscoli del viso rilassati, i movimenti del corpo muscoloso lenti e morbidi, con lo sguardo di chi pensava a qualcuno con grande affetto. Non lo avevo mai visto muoversi tanto in pochi minuti. Sembrava che secernesse pura energia da ogni poro. Dal canto mio, lo guardavo affascinata, curiosa, profondamente commossa che volesse finalmente condividere qualcosa con me che non fosse, come sempre, al limite dell'ovvio. «Solo dopo, capii che quella tensione era probabilmente la consapevolezza, sempre più scalfente, che per lui provavo qualcosa che andava al di là dell'amicizia, della fratellanza, di tutto.»

«Lo amavi.» Dissi, come se fosse la cosa più difficile e più facile al mondo. Ethan si voltò verso di me. Lo guardavo da lontano, appoggiata con il mento sulle mani allo schienale del divano. Indossavo la sua maglietta dalla quale si era svestito per coprire il mio corpo nudo e allo stremo dopo il suo assalto. Inspiravo il suo odore, mischiato insieme a quello residuo della mia eccitazione con tanta forza da farmi bruciare le narici. Divenne serio e solo in quel momento la sua mascella si contrasse. Aveva uno sguardo così penetrante, così singolarmente conturbante che se lo avessi visto su un altro uomo, lo avrei temuto e mi avrebbe fatta sentire in pericolo. Per quanto mi sentissi esattamente così con lui, rappresentava un pericolo che non riuscivo a temere, ma al quale, anzi, pretendevo sottopormi. «Come lo hai capito?»

«Gli volevo fare del male.»

«E lui?» Chiesi, dopo qualche attimo interminabile. Sapevo la risposta, ma volevo sentirla con le mie orecchie per assicurarmi che non mi sfuggisse niente.

«Se lo lasciò fare.»

«Lo hai amato per molto tempo?»

«Lo amo ancora.»

Ethan studiò la mia espressione a lungo. Mi fu chiaro esprimesse tutta la mia perplessità quando si avvicinò a me e chiuse gli occhi, ingoiando la frustrazione nel capire quanto giudicassi improbabile, forse impossibile, che si potesse amare più di una persona per volta. Io a stento ero riuscita ad amarne una e in quel momento della mia vita riuscivo ancor più a malapena a contenere il sentimento che provavo per lui. Poi, sopraggiunse la gelosia più avvilente e impetuosa avessi mai provato. Daisy era morta, non sarebbe tornata. George era lì e forse divideva il letto con il mio uomo. Mio... un aggettivo possessivo che forse non ero nemmeno in diritto di usare.

«Sei bisessuale?» Chiesi, infilando le ginocchia sotto la maglietta, confinandomi al lato opposto del divano per poterlo guardare da più lontano e per mettere una distanza tra noi della quale avevo un disperato bisogno. Stare lontana da lui, anche di poco, mi permetteva di essere più lucida. Se si fosse avvicinato avrei perso quel briciolo di freddezza che mi restava, ed era veramente infinitesimale.

«No.» Ethan rimase serio alzando un sopracciglio in mia direzione e rispondendo calmo alla mia domanda che era sembrata persino a me come un'accusa, piuttosto che una mera curiosità da soddisfare.

«Fai sesso con un uomo.»

«Facevo.» Puntualizzò. «Ma la risposta è ancora no. È attrazione, in questo caso amore, per una persona, indipendentemente dal suo sesso.»

«Come puoi provare amore per due persone allo stesso tempo?»

«Tre.» Mi corresse, dissipando l'ultimo dei miei dubbi. Lui amava Daisy, George e Gwen. Io, nella più totale confusione, pensai che fosse un ingordo. Se non fossi stata profondamente scossa, probabilmente avrei riso, invece in quel momento mi sentii annientata dalla portata dei sentimenti che Ethan mi stava spiattellando addosso. Mi sentii un'inetta. Avevo mai provato qualcosa di simile? Era evidente che non era così. Per quanto non lo capissi, per quanto lo considerassi impossibile, capii che era la mia ignoranza a controllare i miei pensieri e le mie opinioni. «Ma all'epoca, in effetti, eravamo solo io e George. Gwendaline e Daisy sono arrivate dopo, ai tempi del college.»

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