Capitolo 16 - Uragano. Parte II.

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«Angelo.» Udii la voce di Ethan lontana, confusa, come se provenisse da un altro universo. «Angelo, svegliati.»

Aprii gli occhi e la prima cosa che videro furono le iridi liquefatte di Ethan, colmate come dal petrolio dalle sue pupille dilatate, segno inconfondibile del suo stato, campanello d'allarme per me sulle sue intenzioni. Fuori dalle finestre la tempesta continuava a scatenarsi sulla città, il vento a passare dalle fessure di casa ululando cupamente, la pioggia ad invadere i vetri a secchiate. Non avevo mai sentito tanti tuoni così ravvicinati, e non avevo mai visto lampi illuminare così di frequente la notte.

«È successo qualcosa?» Compii quell'unico tentativo, ma mi ritrovai di fronte al sorriso beffardo di Ethan che scosse il capo divertito da quel misero atto di salvataggio verso me stessa. «Per favore...»

«Vieni con me, angelo.»

Sgusciai dal letto intontita, assonnata, con un leggero mal di stomaco e un cerchio alla testa dovuti sicuramente all'alcol che avevo bevuto solo poche ore prima. Lo seguii in bagno e dopo essersi assicurato di aver chiuso la porta con delicatezza per non svegliare Mark, accese la luce.

«Che c'è?» Domandai, sprezzante, credendo di sapere esattamente per cosa fossimo lì.

«Non fare la difficile, Daphne, non sei credibile.»

«Permetti che sia un problema per me?»

«Avevo l'impressione non lo fosse mai stato. Eri sempre ben disposta a farti scopare nel cuore della notte, quando ti svegliavo piantando il cazzo nella tua fichetta.»

Lo guardai, esausta, temendo di non aver capito quale fosse davvero il significato della sua punizione pomeridiana. Aveva fatto sì che il pensiero di un orgasmo non solo mi sfiancasse, ma mi indisponesse e in quel momento lui mi sembrò del tutto pronto a contraddirsi. Con il desiderio sessuale rasente lo zero, ero stata in grado di rimanere in una stanza insieme a loro due senza sentirmi troppo a disagio, senza cercare né in uno, né nell'altro, una soddisfazione carnale. Mi aveva aiutata, mi aveva dato un appiglio ed in quel momento era pronto a riprenderselo.

«Pensavo un uomo come te sapesse controllarsi, ma no, era sperare troppo.»

«L'egoismo della piccola e indifesa Daphne...» Mi canzonò, pungendomi nel vivo. Certo che ero un'egoista. Dio, probabilmente al mondo non era esistita una donna tanto egoista come me, ma avevo colto un occasione, quella che mi avevano dato due uomini meravigliosi che io amavo. Avrei sfidato chiunque a tirarsi indietro da tanto amore, da tanta adorazione.

«Prima hai fatto in modo di assicurarti non provassi nessun tipo di desiderio sessuale, perché non mi trovassi nella situazione di essere eccitata in sua presenza, per evitare di mettere tutti e tre in una condizione di svantaggio visto la delicatezza di questo rapporto, ed ora?»

«Credi che non capisca che sia difficile per lui?» Sussurrò, ringhiando, guardandomi con i suoi incredibili occhi azzurri, carichi di rimprovero. «Credi che non sappia cosa stia provando?»

«Mi risulta molto difficile crederlo.»

«Quando la prima volta Daisy si è fatta picchiare da George io ero in quella stanza, insieme a loro, sapendo che non avrei mai potuto soddisfare quel lato di lei, mentre un altro uomo poteva farlo. Quello che sta facendo lui per te è prezioso, raro, incredibile.»

Lo sapevo, eppure, con incredibile facilità, lo dimenticavo. Non lo davo per scontato, non davo per scontato il coraggio di Mark, ma cadevo fin troppo semplicemente nella trappola che mi faceva credere che quella normalità esisteva, ma che purtroppo era in equilibrio su un filo fin troppo sottile. Avrebbe voluto la sua fetta di me, prima o poi, ed io ne ero terrorizzata. Guardai Ethan, chiedendomi quanto fosse dura per lui, poiché in quel caso, mi ritrovavo fin troppo spesso a credere che la sua brillante mente riuscisse a passare sopra il fatto che, allo stesso modo, Mark era in grado di darmi qualcosa che lui non mi avrebbe mai potuto dare e rimaneva impotente a guardarmi mentre mio marito si occupava di riempire quelle voragini che lui seminava dentro di me. Sulla carta, avrebbe dovuto essere perfetto. Nella realtà, era un uragano di emozioni che minacciavano di distruggere tutto con disarmante facilità, così come quello che stava passando sulla città.

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