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"Lasciami le stelle,
almeno so con chi parlare,
a chi rivolgermi stanotte 
perché tu non puoi restare.
Volevo darti un aereo di carta 
da lanciare nell'aria.
Ho scritto lì tutti i miei sogni per vederli andare via.
Ti ho chiamato a bassa voce ma tu non mi rispondi. 
Fra tutti i cuori in giro dimmi in quale ti nascondi."

Roma, 26 Agosto 2011

Claudio

Claudio sollevò l'ennesimo scatolone, trascinandolo poi verso l'ingresso del piccolo appartamento di Mario. Lì trovò l'altro che provava a tirare su una scatola troppo pesante per lui. Aveva una faccia buffa, rossa e stanca per lo sforzo, e i capelli scombinati lo facevano sembrare quasi un ragazzino arrabbiato. Claudio non riuscì ad evitare di sorridere a quella scena. Poi gli si avvicinò.
"Lascia stare piccoletto, faccio io." Gli disse, con un sorriso furbo e divertito in volto, prima di liberare Mario da quel peso e sollevare quell'enorme scatola come se niente fosse. Vide l'altro alzare gli occhi al cielo e poi rivolgersi a lui arrabbiato. Claudio amava vederlo arrabbiato, con le sopracciglia aggrottate e quell'aria corrucciata era ancora più bello.
"Claudio, quante volte ti ho detto di non chiamarmi in quel modo? E poi ti dai tante arie solo perchè hai qualche muscolo in più di me. Ma almeno io ho un cervello!" Affermò Mario soddisfatto, facendolo scoppiare a ridere. Si conoscevano da un anno, da quel 26 agosto di un anno prima, da quella notte in cui sarebbero dovuti diventare qualcosa di più che semplici amici. E in fondo Claudio non riusciva a non pensare che fosse successo. Il loro legame era strano, incredibile, intenso. Erano amici da solo un anno, eppure sentiva che qualcosa di indissolubile lo legasse a Mario. Qualcosa di incredibilmente profondo.
"Ok, hai vinto tu." Gli concesse, continuando a ridere. Si guardò intorno. Quel monolocale non era per niente il massimo. Le pareti scrostate, lo sporco per terra, la puzza di stantìo, i mobili vecchi gli davano un'aria tutt'altro che accogliente.
"Mario, sei proprio sicuro? Insomma, Milano è casa tua. Qui sei solo, in questa casa che...insomma..." Mario lo interruppe, posandogli una mano sulla spalla e sorridendogli.
"Si. Si Clà, sono sicuro. Ho già provato a far leggere i miei libri alle case editrici di Milano e...insomma lo sai che nessuno mi ha mai richiamato. Qui ho altre opportunità, Roma è immensa. E poi ho sempre sognato di vivere qui." Claudio gli vide quella luce speciale negli occhi. Quella che poche volte aveva e solo quando parlava di quanto amasse scrivere. E fu felice per lui nonostante tutto. E sperò con tutto se stesso che lì, in quella immensa città, qualcuno sarebbe riuscito a rendersi conto di quanto Mario fosse prezioso. Di quanto fosse speciale. Di quanto valesse. Però non riuscì proprio a non essere triste. Non riuscì proprio a nascondere la sua preoccupazione. E Mario se ne accorse. Come sempre. Gli posò due dita delicate sotto il mento, costringendolo ad alzare lo sguardo su di lui. Era un gesto che faceva spesso. A Claudio piaceva pensare che lo usasse solo con lui.
"Hey, cosa c'è? Io starò bene Clà, lo sai. Me la so cavare." Gli sussurrò l'altro con estrema dolcezza. Claudio provò a sorridere, ma sapeva che si percepisse il suo sforzo nel farlo.
"Lo so. È solo che...tu ora starai qui. Io a Parigi a studiare recitazione. E chissà quando ci rivedremo." Gli disse di getto, non riuscendo proprio a nascondere la sua paura per quel distacco. Da quando si conoscevano si vedevano o anche solo sentivano praticamente tutti i giorni. Mario era diventato parte integrante della sua vita.
"Continueremo a sentirci tutti i giorni Clà, ok? Te lo prometto." Gli disse l'altro con convinzione. E bastò questo a tranquillizzarlo almeno un po'.
"Comunque questo appartamento fa schifo." Affermò Claudio per alleggerire quel clima fin troppo pesante. Mario scoppiò a ridere.
"Si lo so. Spero che almeno non sia infestato dagli scarafaggi." Claudio si guardò qualche secondo intorno, prima di rivolgersi ancora all'altro.
"Ho un'idea. Oggi io resto qui. Ti aiuto a sistemare tutto. Rendiamo questo posto un po' più vivibile." Affermò convinto, prima di tirare fuori da uno scatolone un barattolo di vernice.
"Ma domani mattina presto devi prendere l'aereo per Parigi Clà..." Gli ricordò Mario perplesso.
"Si lo so. Farò di tutto per non perderlo, promesso. Allora? Iniziamo?" Gli chiese poi Claudio, passandogli un pennello. Mario sorrise in risposta, prima di avvicinarsi a lui.
Passarono un'intera giornata così, a dipingere le pareti, finendo poi a giocare come bambini, sporcandosi a vicenda con la vernice bianca, a pulire da cima a fondo quell'appartamento e alla fine, sebbene non fosse ancora particolarmente accogliente, quel posto divenne almeno vivibile. Si osservarono a vicenda e solo allora notarono il loro aspetto pessimo, la vernice dappertutto. Claudio notò che Mario si era sporcato perfino la punta del naso e non potè fare a meno di ridere per il suo aspetto buffo. L'altro gli rivolse uno sguardo arrabbiato.
"Che hai da ridere?" Gli chiese, mentre Claudio si avvicinava a lui. Tracciò i contorni del suo profilo, il mento, la linea perfetta delle labbra su cui le sue dita si soffermarono un po' di più, fino ad arrivare alla punta del naso, a quella traccia bianca su di esso. Vide Mario irrigidirsi, gli sembrò che quasi fosse rabbrividito. Ma forse era solo una sua impressione.
"Hai sporco anche qui." Affermò sorridendo e soffermandosi a osservarlo. E forse era troppo vicino. Ma in quel momento neppure se ne accorse. Mario si allontanò leggermente, abbassando lo sguardo.
"Beh, anche tu hai un aspetto pessimo. Sarà il caso di fare una doccia." Sussurrò l'altro, prima di avviarsi in silenzio verso il bagno e chiudersi la porta alle spalle.

***

Camminavano insieme per Roma, stretti l'uno all'altro, barcollando appena dopo aver passato qualche ora in un locale e aver bevuto un po' troppo. Dovevano brindare alle loro nuove vite, questo aveva detto Mario, dopo che entrambi avevano fatto una doccia e avevano indossato vestiti puliti, avevano ancora qualche piccola traccia di vernice sparsa qua e là sul volto, ma a Claudio non importava molto. Era troppo concentrato ad ammirare la bellezza e la magia di Roma di notte. C'era già stato, eppure quella sera quella città aveva qualcosa di ancora più bello. Saranno state le stelle nel cielo, il silenzio, il fatto che ci fossero solo loro due perchè era notte fonda. O forse era semplicemente Mario a rendere tutto così dannatamente bello. Un brivido lo percorse a quel pensiero, mentre l'altro cantava a squarcigola una canzone che non conosceva, ammirando il Colosseo a pochi passi da lui. Claudio rise, raggiungendolo e stringendolo a sè per farlo stare zitto. O forse seplicemente perchè aveva una voglia tremenda di abbracciarlo.
"Vuoi che ci arrestino Serpa?" Gli chiese, continuando a ridere. Mario lo guardò e per la prima volta Claudio si rese conto di quanto quegli occhi fossero profondi, neri. E bellissimi. E non gli era mai successo, mai, di non riuscire a reggere lo sguardo di qualcuno. Eppure, con gli occhi di Mario così vicini a scrutarlo, osservarlo, non potè fare altro che abbassare i suoi.
"Beh, almeno se ci chiudono in cella non te ne andrai via domani." Scherzò Mario, eppure Claudio percepì un velo di tristezza nella sua voce. Sollevò di nuovo lo sguardo sull'altro e se lo ritrovò ancora più vicino, le labbra a pochi millimetri dalle sue. Sarebbe bastato un movimento impercettibile per farle scontrare.
"Comunque non mi ero mai reso conto di quanto fossero belli i tuoi occhi." Ammise Claudio, maledicendosi subito dopo per ciò che aveva appena detto.
"Davvero?" Sussurrò Mario in risposta, con la voce quasi rotta dall'emozione. Claiudio sorrise, sentendo la testa pesante. Era tutta colpa di quello stupido vino, ne era sicuro.
"Si, davvero. Però insomma...il problema è che mi piacciono praticamente tutti. Uomini, donne, tutti. Mi farei chiunque, costantemente." Affermò Claudio divertito. Perchè era vero. Lui era così. E di certo Mario non poteva essere un'eccezione. Sentì l'altro irrigidirsi tra le sue braccia, poi allontanarsi.
"Ah...ok." Gli disse. E Claudio potè percepire la rabbia nella sua voce. E la delusione. Gli fece male, inevitabilmente.
"Mario...lo sai che io sono fatto così." gli disse, alzando le spalle.
"Lo so, ma potevi almeno evitare di dirmelo." Gli rispose l'altro, con voce fredda.
"Di dirti cosa?"
"Che mi scoperesti e basta, come chiunque altro, come se fossi chiunque altro." Continuò Mario, voltandosi e dandogli le spalle.
"Mario..." Claudio provò a dire qualcosa, qualunque cosa, ma la verità era che non sapeva cosa dire. Lui era così. Così e basta.
"Lascia stare. Torniamo a casa, è tardi." Lo interruppe l'altro, prima di cominciare a camminare, non voltandosi nemmeno. Entrarono nell'appartamento di Mario ancora in silenzio, non si rivolsero una parola durante l'intero tragitto. Claudio sarebbe dovuto andare via dopo poche ore, doveva tornare a Milano e poi prendere l'aereo per Parigi. Si sedette sul piccolo divano del monolocale, a pochi passi dal letto, e ossevò l'altro spogliarsi e indossare la solita maglietta larga che usava per dormire. Lo osservò stendersi a letto e tirarsi addosso la coperta. Claudio sospirò, prima di stendersi anche lui su quel divano e chiudere gli occhi. Passò appena qualche minuto, prima che Mario parlasse.
"Perchè dormi sul divano e non qui?" Gli chiese sussurrando appena. Non c'era più traccia di rabbia o freddezza nella sua voce. Sembrava solo smarrito, quasi impaurito. Claudio non disse nulla. Sorrise appena, prima di alzarsi in piedi e lasciare quel divano troppo freddo. Raggiunse il letto a pochi passi da lui e si stese. Mario era voltato dalla parte opposta, quindi lo strinse da dietro, lasciandogli un bacio leggero al centro esatto del collo. Da quando si conoscevano ogni volta che dormivano insieme dovevano stare nello stesso letto. Stretti l'uno all'altro. Era un'abitudine che avevano preso da quel 26 agosto di un anno prima e mai abbandonato. Si addormentarono così, stretti, come sempre, i corpi che si confondevano. Claudio si svegliò poche ore dopo. Il sole era già sorto, doveva andare via se non voleva perdere l'aereo. Mario dormiva profondamente, non si era mosso, ma la sua mano stringeva forte quella di claudio, posata sul suo fianco. Claudio si liberò delicatamente dalla stretta e si alzò. Prese la sua valigia e osservò un'ultima volta Mario. Non volle disturbarlo. Così gli diede un bacio delicato all'angolo della bocca, non sapendo neppure perchè. Solo perchè gli andava. Solo perchè in quel punto preciso la pelle di Mario era così morbida e calda. Solo per sentire quasi il sapore delle sue labbra. Poi andò via, chiudendosi piano la porta alle spalle. Durante tutto il viaggio in treno ebbe in mente una singola immagine. Lui che il giorno prima tracciava con le dita il profilo di Mario. Quella strana sensazione alla bocca dello stomaco che aveva provato. La consapevolezza che, nonostante a lui piacessero tutti, come aveva detto solo poche ore prima a Mario, quella sensazione non l'aveva mai provata con nessuno. Quella era stata la prima volta.

Quando ci rivedremoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora