A chi si protegge,
anche quando è tutto finito.


"Devo scrivere di noi,
perché se poi mi dovesse capitare di perderti, e lo so che a volte può succedere che anche i grandi amori finiscano, io ti ritroverò da qualche parte.
Devo scrivere di noi,
perché se poi finiremo, io ci avrò protetti e ci sarà qualche abbraccio stanco, qualche pomeriggio di sole e qualche carezza sotto le lenzuola che non finirà mai.
Devo scrivere di noi,
e se un giorno smetteremo di baciarci e di toccarci e di provarci farà male rileggere di quando tu.
Ma lasciar passare i giorni e finire per rassegnarsi, per iniziare a pensare che tanto era meglio così, mai.
Non dopo di te.
Devo scrivere di noi,
per ricordarmi che un amore così non si può, due volte in una vita, e che io sono già stata fortunata.
Una volta.
Una volta mi è toccata."

Roma, 26 Agosto 2012

Mario

Mario osservò per l'ultima volta l'email della casa editrice. Erano passati mesi da quando aveva inviato il suo libro e ormai aveva perso le speranze. Non credeva che alla fine una risposta sarebbe arrivata. Di solito non gli rispondeva mai nessuno. Tutti si limitavano ad ignorare le sue parole. E dopo aver letto quel messaggio Mario si trovò a rimpiangere quel silenzio, che sapeva di rifiuto ma in fondo non lo era. Non in modo così esplicito. Non come quello che campeggiava in quel momento sul suo computer.
"Ci dispiace, apprezziamo il suo scritto, ma è molto lontano da quello che cerchiamo in questo momento." Osservò un altro po' quelle lettere nere sullo schermo. Poi cestinò l'email e spense il computer. Guardò l'orologio, aveva ancora un'ora di libertà prima di tornare a lavoro. Così estrasse il cellulare dalla tasca e compose quel numero che non cercava mai in rubrica perché tanto lo sapeva a memoria. Da sempre. Il cellulare squillò a vuoto per diversi secondi e stava quasi per riagganciare. Ma la voce di Claudio gli arrivò quando ci aveva ormai perso le speranze.
"Pronto?" Mario capì subito di averlo svegliato. Aveva la voce roca tipica di quando era appena sveglio, quella che a Mario mancava sentire da un anno ormai. Si mandavano messaggi per la maggior parte del tempo, entrambi avevano troppo poco tempo per chiamarsi. Mario lavorava praticamente dodici ore al giorno. E Claudio era impegnato con il corso di recitazione e quando non lo era... Beh quando non era impegnato in quello era sempre in dolce compagnia.
"Clà, dormivi?" Gli chiese retoricamente con tono divertito.
"Mario, ciao! Che bello sentirti... Io si, si credo di essermi addormentato." Farneticò l'altro in modo confuso.
Mario sentì un tonfo, poi qualcuno parlò proprio vicino a Claudio. Era la voce di un uomo.
"Sei... Sei con qualcuno? Ti ho disturbato?" Sussurrò Mario, chiudendo gli occhi e stringendo un po' più forte il telefono. Lo infastidiva. Chiunque stesse con Claudio, chiunque riuscisse ad avere tutto di lui, tutto quello che Mario non aveva mai potuto avere. Lo infastidiva. Si pentì subito di aver telefonato.
"No, io... In realtà si. Ma non preoccuparti, dimmi pure. Come va a lavoro?" Gli chiese Claudio con il suo solito tono allegro. Anche se Mario lo percepiva quasi in difficoltà. Come se stesse cercando di nascondergli qualcosa. Lo immaginò nudo, con le sole lenzuola a coprire il suo corpo e quell'uomo sconosciuto stretto al petto. Sapeva non significasse nulla. Ma se un giorno fosse arrivato qualcuno che significava qualcosa? Allora che ne sarebbe stato di lui? Di loro? Claudio avrebbe mai trovato qualcuno che lo amasse più di lui? Che lo proteggesse di più? Una parte di lui sperava di sì, perché per l'altro avrebbe sempre voluto il meglio. L'altra, quella più nascosta, più egoista, sperava che ci fosse proprio lui nel destino di Claudio. Lui e nessun altro.
"Come vuoi che vada Clà?" Sospirò con stanchezza.
"I turni sono massacranti, puzzo di fritto dalla mattina alla sera, ho la nausea al solo odore dei tacos ormai." Claudio restò in silenzio per un po'. Poi gli disse qualcosa che gli fece male. Ancor più della email ricevuta poche ore prima.
"Non mi riferivo a quello. Come va con l'altro lavoro? Quello vero... Con la scrittura." Specificò Claudio, il tono improvvisamente serio.
"Ah con quello... Male. Va male." Disse semplicemente Mario. Senza aggiungere altro. Ci fu qualche attimo di silenzio, che Mario alla fine decise di interrompere.
"Mi manchi Clà." Glielo disse così. Non voleva pentirsene un attimo dopo. Non voleva imbarazzarsi. E non lo fece. Si sentì meglio, quasi libero da un peso. Perché Claudio gli mancava da morire. La sua pelle, i suoi occhi. Ogni più piccola parte di lui. Mario sentiva la mancanza di tutto. Avrebbe solo voluto stringerlo e non pensare più a nulla. E non sentirsi più un perfetto fallito.
"Mi manchi anche tu. Tantissimo." Gli rispose l'altro e il cuore di Mario perse un battito. Di solito non si lasciavano andare a queste cose loro due. Non erano così. Soprattutto Claudio.
"Quando mi vieni a trovare qui a Roma?" Gli chiese allora speranzoso.
"Non penso di poter venire presto purtroppo. Sai, con la scuola di recitazione mi viene difficile spostarmi." Gli rispose l'altro. Il sorriso che aveva Mario in volto sparì. Si sentì arrabbiato, anche se sapeva di non averne il diritto. Non si vedevano da un anno e Claudio non aveva mai fatto nulla per andarlo a trovare. Per Mario era impossibile spostarsi, a causa del lavoro. Gli restava solo qualche messaggio e qualche telefonata. Le uniche cose che ancora lo tenevano stretto all'altro.
"Capisco. Senti, ora devo andare a lavoro. Il mio turno comincia tra venti minuti. Ci sentiamo presto Clà." Gli disse, cercando di mantenere un tono neutro.
"Ok. A presto Mario." Gli rispose Claudio, prima di chiudere la chiamata. Mario sospirò rumorosamente, poi indossò la divisa del lavoro e uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle. Il ristorante messicano in cui lavorava si trovava a pochi passi da casa sua, lo raggiungeva sempre a piedi. Aveva trovato lavoro lì quasi subito dopo essersi trasferito. Credeva fosse un semplice appoggio, solo finché qualcuno non avrebbe preso in considerazione i suoi libri. Non pensava che sarebbe diventato il suo lavoro. Era talmente immerso nei suoi pensieri che quando sentì la voce di Claudio chiamare il suo nome neppure ci fece caso. Quando la sentì la seconda volta penso di avere le allucinazioni. Solo quando sentì una mano leggera posarsi sulla spalla e quella voce richiamarlo ancora si rese conto che era tutto vero. Claudio era lì. Si voltò piano, assaporando quel momento, il calore della mano dell'altro che ora si era spostata sul suo collo, ad accarezzarlo, in un gesto incredibilmente familiare. E si ritrovò di nuovo quel mare verde di fronte, quegli occhi che gli erano mancati come l'aria. Quel sorriso bellissimo.
"Clà..." Riuscì solo a sussurrare quel nome, in un misto di sorpresa e incredulità. Poi gli si gettò letteralmente tra le braccia. Lo strinse tanto forte che temette quasi di fargli male e si fece stringere da quelle braccia colorate, grandi e forti che tanto amava. Si perse per qualche attimo lì sul petto di Claudio, il suo posto preferito, a respirare quel profumo tanto buono e familiare. Si sentiva come in una bolla, tutto il resto era privo di importanza. Perché tanto Claudio era lì.
"Che ci fai qui?" Gli chiese poi, staccandosi appena per potere osservare il volto dell'altro. Claudio alzò le spalle, poi gli posò un bacio leggero sulla fronte, mentre gli accarezzava con dolcezza una guancia.
"Volevo farti una sorpresa... Ero in treno quando mi hai telefonato." Gli spiegò, sorridendogli ancora. E Mario si sentì un perfetto idiota per i pensieri che aveva avuto poco prima su Claudio. Gli sorrise anche lui, dandogli poi un bacio sulla guancia.
"Sono felice che tu sia qui." Ammise sincero, continuando a sorridere.
"Senti, io però ora devo lavorare. Magari puoi farti un giro o ti lascio le chiavi di casa e..."
"No, sono qui per stare con te. Resto qui, mi siedo e ti aspetto. Sarò silenziosissimo, giuro." Affermò Claudio, prendendo poi posto in un angolo del ristorante. E facendolo sorridere ancora. E restò sul serio lì, tutto il tempo, rivolgendogli qualche battuta o anche solo un sorriso quando Mario gli passava accanto. Non era mai stato tanto felice di lavorare come lo era quel giorno. Tornarono a casa a notte fonda, dopo aver mangiato qualcosa al ristorante ormai chiuso. Claudio lasciò la valigia in un angolo e si buttò sul letto sfinito.
"Non so come tu faccia a sopportare quei ritmi Mario, sul serio." Gli disse, scuotendo la testa. Mario gli si sedette accanto.
"Già... Pare che dovrò reggerli ancora per molto. Mi hanno offerto la completa gestione del ristorante." Sospirò. E sapeva quale sarebbe stata la reazione dell'altro. Ma era giusto che glielo dicesse.
"Hai rifiutato, immagino." Gli rispose Claudio, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E quel tono, l'ovvietà con cui lo aveva detto, rese Mario improvvisamente nervoso.
"Perché dovrei? È un lavoro, Clà!" Esclamò, alzandosi in piedi. Claudio lo osservò dal basso con sguardo sorpreso.
"Un lavoro che non ti piace, Mario." Gli rispose con tono calmo.
"Beh, non per forza il lavoro che fai deve piacerti. Non tutti abbiamo la fortuna di avere dei genitori che ci sostengano mentre inseguiamo i nostri sogni. Dovrò pur mantenermi qui a Roma no?" Gli urlò contro in risposta. Pentendosene subito dopo, perché era ingiusto rinfacciare a Claudio che i suoi genitori credessero in lui. Era ingiusto e in fondo Claudio non poteva far nulla. Non aveva alcuna colpa. L'altro si alzò in piedi, fronteggiandolo.
"Tu sei venuto qui per scrivere Mario. Ti stai solo arrendendo."
"Magari non l'ho fatto Clà. Ma magari semplicemente nessuna casa editrice prende in considerazione i miei libri." Mario sentì le lacrime salirgli agli occhi. Ma si trattenne. Non voleva che Claudio provasse pena per lui.
"Forse non sono così bravo come credevo. Forse le cose che scrivo sono semplicemente brutte Clà. Forse non è questa la mia strada." Claudio gli accarezzò la guancia, tracciando poi con le dita i lineamenti del suo volto. Un'altra delle cose che non aveva perso l'abitudine di fare. Mario chiuse gli occhi, beandosi di quel tocco.
"Io sono certo che non sia così. Tu diventerai uno scrittore incredibile." Gli disse l'altro, con un sorriso sincero in volto.
"Questo non puoi saperlo...Non hai mai letto nulla di mio."
"E allora fammi leggere qualcosa." Gli rispose Claudio, alzando le spalle. Mario sorrise divertito.
"Adesso? Sono le due del mattino."
"Si adesso. E lo so anche io che sono le due del mattino. Ma non ho sonno." Mario capì che mentiva. Claudio dopo il viaggio era stato con lui senza riposare neppure un secondo e aveva l'aria stanca. Ma Mario sapeva anche che era inutile insistere. Quando si metteva in testa qualcosa era impossibile dissuaderlo. Così afferrò il computer e non ebbe dubbi su quale delle sue storie fargli leggere. Non gli importava che capisse. Anzi forse voleva proprio quello. Aprì il file e gli porse quel computer, poi si stese accanto a lui. Lo osservò un po', mentre leggeva le prime pagine di quella storia che parlava di due persone che si incontravano ogni 26 agosto, per una vita intera. Due amici che finivano per amarsi ma che il destino separava di continuo. Due persone con le vite intrecciate come rami di un albero. Due persone come loro due. Che in fondo erano loro due. Si addormentò senza rendersene conto, mentre osservava Claudio che leggeva in silenzio. Si svegliò la mattina presto e Claudio era ancora lì, immerso nella lettura, gli occhi gonfi e stanchi e lo sguardo indecifrabile. Mario lo osservò in silenzio per qualche minuto, fino a che l'altro non finì di leggere. Non ebbe il coraggio di dire nulla, aspettò che Claudio parlasse. Aspettò che l'altro si stendesse accanto a lui e lo abbracciasse forte. Claudio respirò sul suo collo, poi gli lasciò un bacio lento.
"È bellissimo Mario. È la cosa più bella che abbia mai letto." Non disse altro. Si addormentò così. Mario non sapeva se avesse capito e alla fine non gliene importava molto. Gli bastava che la loro storia gli fosse piaciuta.

Quando ci rivedremoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora