"Bocca dentro bocca e non chiederti perché...
tutto poi ritorna
in quel posto che non c'è dove per magia
tu respiri dalla stessa pancia mia."26 Agosto 2015
Mario
Quello era uno di quei giorni che probabilmente Mario non avrebbe mai dimenticato. Di questo era assolutamente certo. Non sapeva ancora però se sarebbe stato indimenticabile perché avrebbe segnato la fine di tutti i suoi sogni. O l'inizio. Guardava lo schermo del PC, completamente immobile. E non aveva neppure idea di quanto tempo fosse passato. Sapeva soltanto che non riusciva a fare nulla, le mani gli tremavano troppo. Prese un respiro profondo, cercando di incanalare quanta più aria possibile. Guardò il calendario alla parete di fianco a lui e solo in quel momento si rese conto che era il 26 Agosto. Lui li ricordava tutti, i suoi 26 Agosto. Perché Claudio c'era sempre. In un modo o nell'altro. Sorrise spontaneamente, sentendosi quasi soffocare per la mancanza. Se Claudio fosse stato lì probabilmente lo avrebbe preso in giro. Poi lo avrebbe stretto forte. E avrebbe letto quell'email per lui. Ma Claudio non era lì. Scosse la testa, scacciando quei pensieri. Si fece forza da solo, come sempre. Poi finalmente riuscì a premere quel tasto. Riuscì ad aprire quella comunicazione della casa editrice, l'ultima a cui aveva inviato il suo romanzo. Non lo aveva fatto prima perché gli sembrava impossibile. Era una delle più importanti e famose a Roma. Non avrebbero mai considerato uno come lui. Questo era quello che Mario aveva creduto. Fino a quel momento. Scosse la testa, si portò una mano agli occhi, strofinandoli con i polpastrelli ancora tremanti. Magari aveva letto male, magari si era sbagliato. Rilesse quelle parole attentamente. E poi si concesse di piangere, dopo tanti anni. Era un pianto di gioia, di liberazione. E probabilmente avrebbe segnato l'inizio della sua nuova vita. La prima persona a cui pensò fu inevitabilmente lui. Non si sentivano da un anno e probabilmente avrebbe dovuto farsi sentire, Mario. Perché magari Claudio era arrabbiato, magari si aspettava che lui avrebbe cercato un chiarimento prima o poi. Ma Mario non lo aveva fatto. Troppo arrabbiato, troppo preso dalla sua vita, troppo orgoglioso, forse. Ma nulla aveva più importanza a quel punto. Doveva dirglielo. Voleva dirlo a Claudio, solo a lui. Solo quando lo avrebbe finalmente reso partecipe, forse si sarebbe accorto che non era solo un bel sogno quello. Afferrò il cellulare e lo guardò per un attimo. Compose il numero di Claudio e restò fermo per minuti. Non lo chiamò. Rimise il telefono in tasca, afferrò i primi vestiti che gli capitavano tra le mani e li gettò alla rinfusa in un borsone. Scrisse veloce un biglietto per Nicolò e lo appese al frigorifero. Probabilmente si sarebbe infuriato, ma non gli importava. Uscì da casa. Prese un taxi. In poco si ritrovò in stazione e poi su un treno che andava lento verso Milano. E non sapeva neppure lui cosa stesse facendo. Ma si sentiva come in una bolla felice. Probabilmente non era mai stato tanto felice in tutta la sua vita. Per rendere tutto completo, perfetto, mancava solo Claudio. E lui se lo stava andando a prendere. Arrivò a Milano qualche ora dopo, sul treno non era riuscito a chiudere occhio per l'euforia. Solo una volta arrivato in stazione si rese conto però che non aveva completamente idea di dove abitasse Claudio. Aveva cambiato appartamento dopo essere tornato da Parigi e Mario non era mai andato da lui. Era sempre stato Claudio a cercarlo in quegli anni. Non poteva certo telefonare a lui, avrebbe rovinato la sorpresa. Così mandò un messaggio a Federico, chiedendogli semplicemente l'indirizzo di Claudio. L'amico gli rispose pochi minuti dopo e Mario sorrise raggiante. Raggiunse il primo taxi quasi correndo. E ogni singolo metro percorso verso Claudio gli sembrò un passo verso casa sua. Si trovò a pensare che in fondo Claudio era sempre stato casa sua. E per quanto potesse scappare, Mario sarebbe sempre tornato da lui. Probabilmente per sempre. Quando arrivò di fronte al portone di ingresso gli ci volle tutto il coraggio di cui disponeva per non fuggire via. Ripensò con un brivido al loro ultimo incontro. Era furioso, eppure gli aveva detto che lo amava. Ed era ancora così. Non avrebbe resistito un altro secondo a quella lontananza. E quindi bussò. In fretta. Prima di cambiare idea. E nessuno rispose per minuti, tanto che si ritrovò a pensare che probabilmente Claudio era a lavoro. Si voltò e fece qualche passo verso le scale. Poi però la porta si aprì. Un istante di silenzio e poi la sua voce.
"Mario?" Era incredulo, spaesato. Ma era la voce di Claudio. Quel semplice suono gli provocò un brivido lungo la schiena. Si voltò e Claudio era lì, ancora più bello di come lo ricordasse. Lo guardava a bocca aperta, addosso solo un paio di pantaloncini e tutti quei tatuaggi ben in evidenza. Mario gli sorrise, un po' in difficoltà. Non riuscì a dire nulla. E neppure Claudio parlò. Ebbe paura per un attimo che l'altro lo avrebbe mandato via.
"Entra, dai." Gli disse però Claudio alla fine, aprendo del tutto la porta. Mario emise un sospiro di sollievo e gli passò accanto. Gli sfiorò appena la mano e ancora mille brividi gli pervasero la schiena, la pelle. Si guardò intorno. Quella casa era bella, grande. Luminosa. Ma non aveva nulla della bellezza di Claudio. Era impersonale.
"Che ci fai qui?" Gli chiese Claudio, quando si rese conto che Mario avrebbe continuato con quel suo silenzio. Ma a quella domanda doveva rispondere. Si schiarì la voce.
"Scusa se non ti ho avvertito del mio arrivo."Sussurrò in difficoltà. Ma Claudio sorrise. Uno dei suoi sorrisi dolci e bellissimi. E questo bastò a tranquillizzarlo.
"Sono felice che tu sia qui." Gli disse. E a Mario sembrò sincero.
"È solo che non me lo aspettavo. Tu sei scomparso e io...pensavo che mi odiassi." Mormorò Claudio, abbassando lo sguardo. Mario scosse la testa. Che cosa stupida! Lui Claudio non lo avrebbe mai potuto odiare. Gli sfiorò il braccio scoperto, vide l'altro rabbrividire e un po'ne fu felice. Non era l'unico a provare quelle cose, a sentire i brividi a un solo tocco di Claudio. Anche per l'altro forse era lo stesso.
"Io non ti odio Clà. Avevo solo bisogno di tempo per farmela passare, lo sai. Ma mi dispiace. Probabilmente ne ho perso troppo." Ammise. Perché era stato stupido, far passare tutto quel tempo. Claudio annuì soltanto.
"Siediti!" Esclamò poi, quando si rese conto che erano rimasti in piedi all'ingresso tutto quel tempo. Gli prese il borsone dalle mani, poggiandolo a terra, poi lo trascinò con sé sul divano.
"Come stai?" Gli chiese Mario, sedendosi.
"Come sempre, stiamo girando la terza stagione." Rispose Claudio, alzando le spalle.
"E tu invece? A Roma?" Continuò poi, guardandolo interessato. E Mario non ci riuscì più. Doveva dirglielo, voleva dirglielo da quando aveva messo piede in quella casa. Sorrise e probabilmente dovette sembrare folle perché Claudio lo guardò perplesso.
"Clà, una casa editrice pubblicherà il mio libro." Gli uscì tutto in un sussurro appena udibile, la voce rotta dall'emozione. Ma Claudio lo sentì,bastava questo. Mario lo capì da come sorrise, da come gli brillarono gli occhi. Senza contare che poco dopo si trovò praticamente stritolato in un abbraccio che gli tolse il respiro.
"Oddio Mario, è la cosa più bella che potessi dirmi, sono così felice! Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo che qualcuno si sarebbe accorto di quanto tu sia bravo!" Continuava a ripetergli, mentre lo stringeva a sé.
"Clà, così però mi uccidi" Scherzò, anche se sul serio Claudio lo stringeva talmente forte da non permettergli di respirare. L'altro lo lasciò andare, scusandosi per la sua reazione poco sobria e facendolo sorridere.
"Dobbiamo festeggiare." Esclamò Claudio subito dopo, tirando fuori dal frigorifero una bottiglia di vino e mettendosi ai fornelli. Mario lo osservò perplesso.
"Cosa stai facendo?" Gli chiese, trattenendo una risata.
"Ti preparo la cena, Mario. Ormai ho imparato. Ti faccio mangiare la carbonara più buona d'Italia." Esclamò orgoglioso e Mario scoppiò a ridere. Ma restò fermo su quel divano tutto il tempo, senza neppure parlare. Restò a guardare Claudio che gli preparava la cena, lo ammirò mentre si concentrava per dosare bene gli ingredienti, mentre assaggiava la pasta per controllare che fosse abbastanza al dente. E pensò che quell'immagine, proprio quella davanti ai suoi occhi, si avvicinasse molto alla sua idea di famiglia.***
Erano sul divano, seduti l'uno si fronte all'altro, le gambe incrociate e le ginocchia che si sfioravano appena. Avevano appena finito la cena e Mario dovette ammettere che Claudio avesse sul serio imparato a cucinare.
"Devo ammettere che alla fine la cena era discreta, Sona." Gli disse prendendolo in giro. Claudio gli lanciò un'occhiataccia che lo fece ridere.
"Sai, in questo ultimo anno ho passato un sacco di tempo con i miei genitori." Disse Claudio a un certo punto, sorridendo appena.
"L'ultima volta che ci siamo visti, le cose che mi hai detto mi hanno fatto riflettere. Ho capito che dovevo dedicare il mio tempo a chi amo. Ed è stato bello. È stato come tornare bambino." Mario sorrise a quelle parole e provò quasi un moto di orgoglio.
"Sono felice che tu lo abbia capito alla fine." Esclamò contento.
"Si, alla fine non era tutto perduto. Sono riuscito a riprendermi la mia famiglia, i miei amici...e ora sto bene." Disse Claudio, abbassando poi lo sguardo e divenendo improvvisamente triste.
"Eppure non sono riuscito a riprendermi te." Concluse alla fine, parlando tanto piano che Mario ci mise un po' a capire cosa avesse realmente detto. Scosse la testa.
"Tu non mi hai mai perso Clà." Sussurrò, sfiorandogli appena la mano. Claudio sorrise con tristezza.
"A me sembra il contrario, Mario." Disse. E non sembrava arrabbiato. Solo triste. E quasi perso.
"Non è così. Non puoi perdere qualcosa che è legata a te. Perché tanto è destinata a tornare sempre."Non lo vedi? Sono qui. Sono tornato. Non lo vedi che anche se ci distruggiamo io non voglio andare via? Non lo vedi che continui ad essere la mia priorità? E la mia casa?
Non glielo disse tutto questo, eppure forse si percepì dal suo sguardo. Perché Claudio gli si avvicinò. E Mario a quel punto avrebbe potuto fare di tutto. Allontanarsi. Scappare via. Tornare alla sua vita. Alla sua casa. Al suo fidanzato. Non lo fece. Restò fermo, nella mente le immagini di un Natale di tanti anni prima. Loro nelle stesse posizioni, l'uno di fronte all'altro, sul letto di Claudio. Un bacio sfiorato ed interrotto. Ma questa volta non c'era nessuno. Nessuno li avrebbe interrotti. E probabilmente a Mario andava bene così, perché restò immobile, mentre Claudio si avvicinava. E sapeva che non sarebbe stato come Napoli, tante parole in più, più forti, più belle, erano state dette da allora. E sapeva che probabilmente questa volta non si sarebbero fermati. Eppure restò fermo, in attesa. In un battito di ciglia le labbra di Claudio furono sulle sue, le accarezzarono. Prima piano, con estrema dolcezza. Si riscoprirono ancora, dopo anni. Claudio finalmente approfondì il bacio e Mario lo lasciò fare. E sembrò tutto così nuovo. La lingua di Claudio impegnata ad accarezzare ogni più piccola parte delle sue labbra e poi a lambire il suo collo. Si avvicinò ancora di più e lo portò a stendersi sui cuscini morbidi. Mario allora non riuscì più a stare fermo, non riuscì più a privarsi di quella pelle, di esplorarla in ogni parte. Portò le mani sulla schiena già nuda di Claudio, accarezzandola e poi scendendo giù. Gli sfilò i pantaloni, aiutato dai movimenti dell'altro, che intanto accarezzava la sua pelle sotto la maglietta. Claudio lo guardò per un attimo, sembrò quasi chiedergli il consenso. E sembrò spaventato. Quasi come se Mario potesse rifiutarlo. Come se in quel momento potesse avere altra scelta se non darsi all'altro. Mario gli sorrise, sperando che capisse così. Poi annuì appena. Bastò questo, quel piccolo gesto. Poi fu tutto veloce, ma di quella velocità che è lenta perché tanto riesci comunque a imprimerti dentro ogni singolo momento. Claudio tornò sulle sue labbra con forza e Mario rispose a quel bacio con la stessa energia, mordendo quelle labbra che gli erano mancate come il respiro. E poi guardò Claudio, per tutto il tempo. Non voleva perdersi nulla dei suoi occhi, del suo sguardo in quel momento. Lo guardò mentre si privavano entrambi degli ultimi vestiti. Lo guardò mentre Claudio continuava ad osservare, baciare e accarezzare ogni centimetro di lui. E anche mentre entrava dentro di lui per la prima volta. Mario sentì per la prima volta in vita sua di essere completo, con Claudio che lo baciava, che spingeva dentro di lui, che prendeva la sua erezione per dargli ancora più piacere. Sperò che quel momento restasse impresso così, nella sua mente. E quando arrivarono all'apice insieme e Claudio soffocò un gemito più rumoroso direttamente sulle sue labbra, Mario neppure allora chiuse gli occhi. Ci volle tutta la forza di volontà di cui disponeva. Ma voleva vedere Claudio anche in quel momento. Cogliere tutte le sfumature del verde dei suoi occhi. Ora più lucidi e belli che mai. Si perse in quel verde ancora e ancora e mentre Claudio lo stringeva, standogli ancora addosso, con il viso sepolto nell'incavo del suo collo e il fiato caldo a sbattere sulla sua pelle, Mario si sentì a casa. E sarebbero potuti passare altri dieci anni. Lui a casa ci sarebbe tornato sempre.
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Quando ci rivedremo
FanfictionClaudio e Mario uniti da un destino bellissimo, che li porterà ad incontrarsi ogni 26 agosto, dal 2010. Un destino tanto bello quanto bastardo, perché li metterà alla prova per fin troppo tempo. La storia di due vite destinate ad intrecciarsi, a sco...