"Ma tu sei bello come il mondo 
quando la notte prende sonno.
Io vorrei darti più di questo, 
più di quel poco che è rimasto.
Tu che indietreggi se io avanzo 
e poi ritorni quando scappo,
siamo parole dette a caso 
da un pazzo che non gli dà peso."

Claudio

Claudio strinse a sé Giorgia. In realtà non era neppure sicuro che si chiamasse così. Si erano presentati poco prima, eppure aveva difficoltà anche a ricordarne il nome. Gli aveva chiesto lei di avvicinarsi. E poi di abbracciarla. Perché Claudio era stranamente spento, si sentiva un peso all'altezza dello stomaco e aveva un unico desiderio. Quello di tornare sulla spiaggia. Da Mario. Quella era la loro vacanza e lui la stava rovinando per passare il suo tempo con una sconosciuta. Il loro abbraccio fu goffo, spento, privo di forza, di energia. Non aveva nulla a che fare con quello in cui si era stretto poco prima con Mario. Quell'abbraccio che sapeva di sabbia e salsedine. Di protezione, affetto, amore. Rabbrividì ai suoi stessi pensieri, si sentì uno stupido per il modo sciocco e immaturo che aveva di agire. Ma questo era lui. Era così. Si voltò, Giorgia ancora tra le braccia, verso la spiaggia. Osservò il punto in cui era sicuro di aver lasciato Mario. Ma lì, in quel preciso angolo della spiaggia, non c'era più nessuno. Mario non c'era. Aveva lasciato per terra solo le cose di Claudio, abbandonate in un angolo in modo disordinato e mosse dalla brezza che cominciava a sollevarsi. Claudio allontanò da sé quella ragazza.
"Scusa, io devo andare." Le disse, un po' in difficoltà perché l'altra lo stava guardando come se fosse pazzo.
"Ma... Non volevi passare la serata con me?" Gli chiese, ammiccando e risultando anche parecchio ridicola agli occhi di Claudio. E sul serio le aveva chiesto di passare insieme la serata? Sul serio lo aveva fatto?
"Lo so ma... Non vedo più il mio amico. Era lì e adesso non c'è. Devo andare a cercarlo." Le rispose, indicando il punto esatto in cui di Mario non c'era più traccia. Giorgia gli si avvicinò, accarezzandogli un braccio con la punta delle dita lunghe.
"Beh, magari anche lui ha trovato qualcuno con cui divertirsi." Sussurrò con un piccolo sorriso sulle labbra. E a Claudio venne da ridere. Solo per un attimo. Poi fu infastidito da quelle parole, quasi intimorito. Mario, il suo Mario, era andato via con un altro?
"Perché dici questo? Hai visto qualcosa?" Chiese all'altra in un sussurro, spaventato dalla risposta imminente. Giorgia lo guardò perplessa.
"Scusa, io non credevo che voi due... Che tu..." Cominciò a borbottare, con la faccia di una che era appena riuscita a cogliere qualcosa. Che cosa fosse, Claudio proprio non lo sapeva. E non gli importava, voleva solo ritrovare Mario, capire perché fosse andato via. La salutò velocemente, poi uscì dall'acqua, raccolse le sue cose nello zaino e si guardò intorno. Non sapeva in che direzione fosse andato l'altro e neppure se fosse ancora in spiaggia. Così cominciò a camminare verso destra, solo perché qualcosa, forse l'istinto, gli diceva di fare così. E camminò per tanto, forse mezz'ora, non lo sapeva neppure lui. Ma poi finalmente lo vide in lontananza. Era ormai pomeriggio inoltrato, la gente cominciava ad andare via. Mario era solo, in un angolo, lo sguardo rivolto verso il mare e le gambe rannicchiate e strette al petto. Sembrava un bambino, lì solo su quella spiaggia, ad abbracciarsi da solo. Aveva uno sguardo triste. Claudio capì subito che fosse colpa sua. Che quello sguardo triste era dovuto a lui. Gli si sedette accanto, sospirando rumorosamente. Ma Mario non si voltò. Restò fermo nella sua posizione, le spalle rivolte verso Claudio.
"Perché sei andato via?" Gli chiese Claudio alla fine, quando capì che Mario non gli avrebbe mai rivolto la parola se non spronato da lui. Ma l'altro non gli rispose, lo sguardo ancora perso ad osservare un punto impreciso all'orizzonte.
"Mario..." Lo richiamò ancora Claudio e si vergognò per il tono supplichevole della sua stessa voce. Gli toccò piano un braccio, ma l'altro si allontanò come scottato.
"Parlami." Gli sussurrò allora, riprovando ad avvicinare le dita alla sua pelle. Questa volta l'altro non si allontanò, permettendogli di sfiorarlo appena.
"Perché sarei dovuto restare lì? Solo sulla spiaggia mentre tu stavi con lei? Ti sembro per caso un coglione Clà?" Mario parlò con tono estremamente calmo, quasi innaturale, mentre continuava a non rivolgergli neppure uno sguardo. A Claudio mancava troppo quel nero. E finalmente capì quale fosse il problema. Collegò tutto, come i tasselli di un puzzle enorme. Mario aveva scritto quella storia che tanto gli ricordava loro due. Mario che qualche ora prima a pranzo gli aveva preso la mano con tanto amore da impaurirlo. Mario che nell'abbraccio di poco prima tremava ancora di più e non per il freddo. Capì e si sentì terribilmente inadeguato, tremendamente in colpa.
"Non te ne faccio una colpa, Claudio. Me lo hai detto tu, sei sempre stato chiaro. A te piacciono tutti. Perciò tranquillo, mi passerà. Ho solo bisogno di stare un po' da solo." Terminò l'altro, poi provò ad alzarsi. Ma Claudio lo bloccò, afferrandogli una mano. Non voleva che andasse via, non così.
"Si, ma tu non sei tutti." Si limitò a dire, sperando che l'altro capisse.
"Bel modo di dirmi che ti piacciono tutti tranne me, grazie mille Claudio." Gli rispose, un sorriso sarcastico in volto. Claudio scosse la testa perché no, Mario non aveva capito. E allora ci riprovò.
"Non intendevo questo. Io intendevo che...si è vero, mi piacciono tutti. Ma tu mi piaci in modo diverso. Tu sei il mio migliore amico e la persona con cui se potessi passerei tutto il mio tempo. Sei parte di me, per me sei tutto. Mi piacciono tutti, ma tu sei diverso. E mi rendi diverso. Io con te mi sento migliore. E non riesco neppure a fare i conti con quello che provo per te perché è troppo grande e questo probabilmente mi porterà a scappare sempre da te. Sempre, Mario. Ma tanto tornerò. Sempre. Perché c'è qualcosa che mi lega a te da due anni e non mi permette proprio di allontanarmi. Anche quando ti faccio soffrire. E farti soffrire è l'ultima cosa che voglio." Terminò quasi a corto di fiato, perché aveva parlato così, di getto, consapevole che se si fosse fermato non avrebbe mai trovato il coraggio di proseguire quel discorso. Sperò che Mario questa volta avesse capito. Mario che per la prima volta da quando gli si era seduto accanto si voltò e puntò quei due fari neri su di lui. Claudio non riuscì a decifrare del tutto quello sguardo. Era un misto di rabbia, commozione, comprensione. E amore. Mario aveva gli occhi lucidi e Claudio temette di avere appena peggiorato tutto. Restò con gli occhi fissi sui suoi ancora per minuti interi, immobile, e Claudio dovette metterci tutta la sua forza di volontà per non abbassare lo sguardo. E per non accarezzare con le sue quelle labbra morbide e troppo vicine. Poi finalmente Mario abbassò lo sguardo e lo puntò sul polso di Claudio, qualcosa aveva catturato la sua attenzione.
"Quello cos'è?" Gli chiese, accarezzando un punto esatto della sua pelle, un tatuaggio che tra gli altri non aveva mai notato. A Claudio bastò quello per comprendere che Mario avesse capito. Che un po' forse lo avesse perdonato. Che un po' forse ora non lo odiava.
"L'ho fatto in Thailandia l'estate scorsa. Ti ci devo portare, è bellissima la Thailandia. È uno yin yang." Gli spiegò, accarezzando le dita dell'altro ancora posate sulla sua pelle. Aveva continuamente bisogno di un contatto con lui, di sentirsi Mario vicino.
"Che?" Gli chiese l'altro perplesso, facendolo sorridere.
"Uno yin yang. Vuol dire perfetta unione degli opposti." Mario sembrò riflettere un po' sulle sue parole.
"Un po' come noi." Sussurrò alla fine.

Siamo noi.

Claudio quel tatuaggio lo aveva fatto proprio pensando a loro due. Ma non glielo disse. Mario non avrebbe dovuto saperlo. Posò di nuovo lo sguardo sull'altro. Mario aveva la pelle molto più rossa del dovuto.
"Ti sei ustionato, Mario. Quante volte ti ho detto che devi mettere la protezione solare?" Lo rimproverò, perché l'altro aveva la sciocca convinzione che alla sua pelle così scura non servisse la protezione. E ogni volta finiva per abbronzarsi più del dovuto. Claudio tirò fuori dallo zaino una crema idratante e la versò sulle spalle dell'altro, ignorando le sue lamentele. Poi massaggiò lentamente, improvvisamente attratto da quella pelle morbida, dal profumo buono di Mario. L'altro era immobile, Claudio non lo sentiva neppure respirare. scese in basso, indugiando sulla curva sopra l'attaccatura del costume, continuando ad accarezzare quella pelle perfetta. Fu interrotto, forse dopo minuti, dalla voce incerta di Mario.
"È tardi, sarà meglio tornare in hotel." Si sentì dire dall'altro, che non aspettò una sua risposta, ma si alzò, cominciando a raccogliere le sue cose. Claudio si accorse solo allora del rosso del cielo. Il sole era quasi tramontato del tutto. Si mise lo zaino in spalla e attese che Mario facesse lo stesso, prima di avviarsi verso l'auto. Durante il breve tragitto nessuno dei due parlò, ma il silenzio che regnava tra loro sembrava già carico di parole. Claudio non provò neppure a cominciare un dialogo, troppo impegnato a metabolizzare tutto ciò che era accaduto durante la giornata. E a reprimere la voglia incontenibile che aveva adesso di stringere ancora a sé Mario, di accarezzare di nuovo la sua pelle, di spingersi oltre. Era confuso, perché non aveva mai provato degli impulsi così nitidi verso l'altro. La voglia di andare oltre non era mai stata più forte della paura di perderlo. Eppure questa volta, mentre scendeva dall'auto, non riusciva a non pensare a quegli occhi, a quelle labbra disegnate, alla pelle arrossata dal sole di Mario. Non riusciva a fare altro se non a pensare a come sarebbe stato se... Se per una volta avesse deciso di lasciarsi andare con l'unica persona di cui gli importava qualcosa. Con l'unica persona diversa da tutti gli altri. Con l'unica che in fondo gli piacesse veramente. Perché Claudio lo sapeva che se ti piacciono tutti, in fondo non ti piace nessuno veramente. Nessuno tranne lui. Erano nel corridoio, a pochi passi dalla loro stanza, quando decise di smetterla di lasciarsi vincere dalla paura. E probabilmente l'indomani se ne sarebbe pentito, ma non gli importava. Afferrò con decisione il polso di Mario e voltò l'altro verso di sé. Mario lo osservò confuso, quasi spaventato, quando Claudio lo spinse verso il muro di quel corridoio. Poi lo baciò. Lasciò libero il polso di Mario, che inizialmente restò immobile, sorpreso da quel gesto. Ma bastarono pochi secondi perché anche lui rispondesse al suo bacio. Affondò le dita tra i capelli di Claudio, che strinse forte i suoi fianchi e se lo portò addosso. Claudio percosse con la lingua il contorno delle sue labbra per poi incontrare quella di Mario, che si mosse con la sua, in una danza perfetta. Come se non avessero fatto altro loro due, da tutta la vita, se non baciarsi. E fu diverso dal loro primo bacio, dato un po' per caso, da ubriachi, in modo scoordinato e sconnesso. E fu diverso da tutti gli altri. Era solo a questo che riusciva a pensare Claudio, mentre le loro labbra ormai in confidenza non riuscivano ad allontanarsi neppure per permettere loro di riprendere fiato.

Con lui è diverso.

Quando ci rivedremoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora