Capitolo Cinque -Elettra

96 6 0
                                    


Scendo dal treno e sono leggermente indolenzita e instupidita dal sonno: mi stiro ai primi raggi del sole, come un micio impigrito. Ho dovuto prendere un altro treno per arrivare al paesello in questione e tuttavia la mattina è ancora appena nata. Ho fame e non ho idea di dove Ermal sia. Afferro il cellulare, provo a contattarlo su Facebook.

Dov'è che sei? Ho fatto un viaggio assurdo per te solo.

Una sola spunta, il messaggio non gli è neppure consegnato, deduco che il ragazzo stia giocando a fare la star impegnata e irreperibile: già, peccato sia in vacanza.

Ci penserò dopo: il paesello è d'una poesia antica e irreale, per le strade aleggia un'atmosfera dolce di familiarità, seppur qui io non ci sia mai stata. Sembra esser stato costruito per il mare, dal mare: Le strade acciottolate sembrano portare tutte al lungo litorale di sabbia e alle acque limpidissime, c'è una piazza, i negozi con le vecchie insegne, le case non a più di due piani. Ogni cosa è impregnata dall'odore di salsedine e dopo due minuti ne profumo io stessa.

Entro in un bar, mi faccio infilare in un sacchettino due brioche e un tramezzino e mi dirigo sulla spiaggia, tanto la strada non posso sbagliarla.

La fortuna deve avermi sorriso- Ermal è qui, davanti a me. Mi da le spalle, i ricci gli gocciolano acqua sulla schiena nuda e abbronzata. Una sorta di Venere uscita dall'acqua, semi distesa sulla tiepida sabbia d'oro. Me ne stupisco, neppure tanto: un dio generoso gioca dalla mia parte.

"Posso dire a mia discolpa" gli dico mentre mi gli faccio accanto e lui si gira- ha sicuramente riconosciuto la mia voce- "Che non era mia intenzione trovarti qui e adesso."

I suoi occhi lampano, poi si batte la fronte e guarda in basso, leggermente terreo.

"E certo, in Puglia uno ci arriva perchè fa il giro largo per tornare a casa."

Siedo sulla sua asciugamano, lui è contrariato ma ci passa sopra.

"Quello non di certo. Ma non sapevo di trovarti qui sulla spiaggia. Il destino ci vuole bene."

"Il paese è piccolo, non c'è nessun destino. Le probabilità che avevi erano buone."

Si azzittisce. Apro il sacchetto del bar, lo stomaco mi si allarga, afferro un cornetto e ne porto via mezza metà con un solo morso.

"Vuoi un pò?" biascico a bocca piena. Sembra quasi sorridere, apre la bustina, prende l'altra brioche: il caro Ermal gradisce.

Mangiamo voraci e in silenzio. Ho Ermal parzialmente svestito che mangicaleccia allegramente, che potrei fare- mi appoggio sui gomiti e gli do una lunga occhiata. Certo, alle volte diventa assolutamente complesso dirgli quello che penso, chi sono, perchè faccio così. Non sono Elettra la schizzata, la pazza scalmanata- non ho il solo scopo di dargli fastidio...anche se è così deliziosamente piacevole. Lui ha preso a parlare tipo macchinetta, tutto attaccato e senza pause, è per caso l'ennesima ramanzina? L'ennesima smettila perchè io altrimenti chiamo la polizia, laprotezionecivile, lanato e il pescivendolosottocasa? Poi, un pensiero e subito, mi sovvien l'eterno.

"Ermal?"

Sbuffa leggermente: odia che lo si interrompa.

"Non so dove dormire stanotte. " gli sorrido con aria colpevole.

"C'è un bed and breakfast in paese. Dormi qui e domani torni a casa. Lo sanno i tuoi?"

Annuisco e sento allungarsi il naso, pieno stile pinocchio. Lui si infila la maglietta, sta dicendo qualcosa sull'accompagnarmi in agenzia per fare i biglietti di ritorno e non si verifichi più, io mi sfilo i vestiti e corro in acqua, mentre le sue grida tentano di fermarmi. Mi spiace, Ermal, il biglietto del treno può aspettare, quest'acqua così azzurra, invece, non può attendere un minuto di più. Si alza in piedi, la sabbia gli è rimasta incollata agli stinchi e leggermente sulle spalle, finalmente sorride, si passa una mano sui capelli mezzi asciutti e un po' no "Goditela" mi dice, prima di risedersi e aprire un libro che aveva posato lì accanto.

I vestiti si sono incollati alla pelle, Ermal non mi ha dato il tempo di asciugarmi che subito mi ha trascinato per le strade. Dice che ha urgenza di rispedirmi da dove sono venuta e gli è tornato il viso scuro che ha sempre quando mi vede: amante ingrato. Prenota il primo treno ad un orario mattutino abbastanza accettabile, neppure troppo, senza neppure consultarmi. Mi afferra per il polso e, come un direttissimo, entra nella hall del bed and breakfast di cui mi aveva parlato. Mi guardo attorno, noto una poltrona blu e mi ci fiondo sopra, affondandoci bene spalle e collo. Il Meta mi guarda con aria da rimprovero, so che odia il mio poco contegno, ma presto imparerà ad amarmi. Suona con la punta delle dita il campanello al bancone, una signora con una semplice ma di grande effetto uniforme fa il suo ingresso trionfale.

"Ermal, caro!" dice lei "da quanto tempo che non ti si vede in paese. Come stai?"

Allarme rosso, mayday mayday, essere femminile in atteggiamento socievole, eliminare. Mi drizzo sulla schiena. Avanti bella bionda, parla ancora.

Ermal le biascica un bene stentato, le fa presente che ha bisogno di una camera per la notte, lei annuisce maliziosa, non chiede altro. Aspetta che se ne vada, mi guarda malevolo e solo poi si avvicina: mi ficca il biglietto del treno in mano e mi porge la chiave della stanza.

"Sparisci, Elettra." soggiunge, prima di uscire.

Mah, la mia signorina ha certi momenti particolari, devo dire. Così penso mentre entro nella mia bella stanza vista mare. Sarebbe un peccato doverci stare solo una sera.

Rido mentre riduco il biglietto del treno a brandelli, prendo la rincorsa e mi tuffo sul letto: ah, lenzuola pulite, materasso morbido.

ElettraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora