Capitolo 10

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La violenza è una dimensione estraniante. Nel momento in cui alza la mano serrata in un pugno, l'uomo perde se stesso, gettando da sè la sua chiave, l'umanità. Con Elettra, la violenza era stata una puttana di basso borgo, l'aveva baciata col suo sapore metallico e l'aveva stretta al prosperoso seno maleodorante di sudore e colonia. La ragazza ne era rimasta avvelenata, ammaliata, profondamente terrorizzata, fin dai primi anni. E in quei giorni neri, dove non c'era per lei alcuna dolcezza, le manifestazioni della violenza erano molteplici: la meretrice giocava a cambiare volto, a mostrare tutti i suoi putridi colori.


La casa è serrata, la vita rimane fuori dalle imposte abbassate. Cos'è giorno, cosa notte? Il tempo si dilata, fino a non esistere. L'orologio è una convenzione, l'attimo scorre che è sempre uguale, la monotonia del sangue fa dimentica Elettra del normale fluire delle cose.

"A cosa giochi, Elettra? A nascondino?" Una voce derformata- è la voce paterna, ma anche di mille altri. L'armata dei cattivi è arrivata. Ha paura, ci vede nero, è tutto buio. Se solo entrasse un po' di luce in questa fottuta casa, se solo Ermal..Il padre l'afferra. Botte, si estrania dal corpo, forse sviene. Se solo un po' di luce, Ermal...


Riempe nel mezzo il letto di sangue, è ferita. Non sa più dove ha dolore. Cos'è dolore se per lei è ora la condizione normale? Urla, di là. Qualcuno di là sta urlando. Non è che è solo un sogno, questo è il buio delle sue pupille? No, no. Solo le serrande abbassate ma è certa di non star sognando. Qualcuno di là ha veramente urlato. Mamma? Mamma, dove sei?


Quanto è trascorso? Qualche ora, qualche giorno. Ma cos'è giorno, se non v'è tempo?


Sbatte una porta, Elettra a stento sulle gambe si trascina per il corridoio, deve raggiungere il bagno. C'è sangue lì per terra, fa finta di non vederlo. Il sorriso di Ermal, quella massa castana. Mamma, mamma dove sei? Ermal scusa davvero se ti ho trattato così, è che..


tic, tic. L'orologio. Cos'è il tempo? Quant'è passato, ancora?



"Elettra!"è la voce della madre, un grido a cui la figlia non può sottrarsi. Le articolazioni tirano brusche, sembrano lacerarsi quando lei scatta, corre. Ricorda la casa a memoria, urta solo leggermente contro qualche muro, spalanca la porta dell salone.

La luce è accesa nella stanza chiusa, la madre è in terra.

La madre in terra. Sta urlando dal dolore.

La madre in terra. Sta urlando dal dolore.

LA MADRE IN TERRA. STA URLANDO DAL DOLORE.

L'uomo è in piedi davanti a lei.

Elettra è Elettra, il sangue è quello del padre, e il suo sguardo- ora che si posa sulla scena indegna- non è poi così diverso da quello dell'uomo che odia. Ha gli occhi del padre, Elettra, lo stesso colore fumoso e denso, e la stessa striatura gialla poco sopra la pupilla dell'occhio destro. Sta serrando la mascella, mentre lo guarda con rancore e la rabbia gli offusca la ragione e gli somiglia più di quanto possa credere.

Cos'è un uomo? Cos'è uccidere un uomo?

No, Elettra, non pensare.

ElettraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora