Capitolo Sei- Elettra

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Siccome mi ha pagato quell'ipotetico biglietto e la stanza d'hotel, spese comunque risparmiabilissime se solo avesse mi avesse fatto dormire da lui rassegnandosi all'idea che non sarei partita, mi è parso quantomeno gentile offrirgli la colazione.

Di buon mattino, non sono ancora le nove, entro nello stesso bar del giorno prima e con tutta la premura del mondo gioco ad immaginare cosa al mio compagno possa piacere- ma abbiamo una vita intera per impararlo, d'altronde.

E siccome mi preme che l'abbia consegnata a casa, questa colazione, mi premuro di sfruttare la leggendaria conformazione di paese: tutti sanno tutto, nessuno fa per sè. Mi basta mettere su quel sorriso da bimba buona buona e intonare la vocina e chiedere all'omone dietro al banco se per caso sa dove abiti Ermal: si, si, Ermal, quello famoso. Sa sono un'amica che sta facendo una sorpresa. Quello se la beve alla grandissima, mi da' via, numero civico e una rapida descrizione della villetta, così è sicuro sicuro che io non sbagli, non sia mai. Mi congeda con lo stesso saluto bonario e io so per certo che due minuti dopo, perchè la leggendaria conformazione di paese non perdona, tutti sapranno che Ermal c'ha davvero un sacco di amiche che gli portano la colazione a casa di mattina presto.

Peccato che Ermal non sia poi così entusiasta di questo privilegio. Stavolta opto per il campanello e suono come fossi normale perchè a mamma Mira voglio fare una bella impressione: lo sanno tutti che le suocere sono importanti.

Invece ad aprirmi è proprio lui, i boxer e la maglietta sgualcita, i capelli schiacciati su un lato dal cuscino.

"Vaffanculo, Elettra." mi chiude la porta sul muso.

No mi do per vinta e suono ancora gridando dove sia Mamma Mira. Non ricevo risposta. Ritento più volte fin quando Ermal non si scoccia, apre la porta, si guarda attorno in modo furtivo e mi trascina per il polso dentro casa con una tale velocità manco fossi un' arma illegale.

Sono divertita dal suo atteggiamento, anche quando bestemmia. L'interno della villetta è un classico di casa delle vacanze, anche se in teoria sarebbe la dimora di Mira. Ermal stavolta è davvero arrabbiato, ma io non mi faccio prendere dal panico.

'' Elettra, io ti avevo fatto un cazzo di biglietto. Saresti dovuta partire tre ore fa. Ma non capisci quando ti parlo? Sparisci!''

Le sue parole mi scivolano addosso come l'acqua e continuo a guardarlo con occhi innamorati e sognanti. Gli allaccio la braccia al collo e faccio avvicinare i nostri visi.

''Allora? dov'è Mamma Mira?''gli chiedo in un sussurro.

Lui fa un'espressione disgustata e si allontana subito dal mio contatto, prendendomi i polsi e spingendomi leggermente.

'' Che cosa fai Elettra? Potrei essere tuo padre!'' mi dice fulminandomi con lo sguardo.

"Ma tu mi vuoi bene, Ermal?"

Mi guarda, si afferra i capelli in un pugno. "Che cazzo chiedi Elettra!" respira, mi prende la bustina del bar dalle mani, ne guarda il contenuto, si tranquillizza. Stende un panno colorato sul tavolo, riscalda del latte, serve il caffè, mi invita a tavola.

"Ora parleremo con tranquillità, d'accordo?"

annuisco cauta.

"Perchè ti comporti così?"

Fisso il vuoto: bimbo stupido che fa domande stupide. "Perchè ho bisogno di te."

Ermal scoppia a ridere e per la prima volta sento che qualcosa che fa mi duole da qualche parte dentro ad un suo gesto e qualsiasi altra cosa mi muore in gola.

"Elettra, io non posso essere per te più di quello che sono per le altre fan. Non costringermi alle brutte maniere e smetti di fare la ribelle, perchè sei solo ridicola e scontata."

Ridicola e scontata. Quello che canta il comprendere, il sostenere, il non giudicare senza sapere- ora mi dice, senza conoscere nemmeno la minima parte di me, che sono ridicola e scontata.

"Ti sei mai chiesto chi sia io? e ora, ti è forse venuto in mente di indagare su quel bisogno?" la mia voce non è mai stata così gelida e vibra nelle mie orecchie, di me ferita a morte. "Perchè ti cerco come l'acqua se acqua non sei? Invece di scacciarmi, ti sei mai fermato a parlare con me?"

"Vai via, Elettra, tra poco devo andare ad una conferenza e non ti voglio tra i piedi."

"Vaffanculo tu, Ermal." sbotto alle lacrime, uscendo.

Corro verso la stazione, che io non abbia un biglietto è poco importante.

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