undici novembre
il pungente freddo autunnale correva indisturbato per le vie deserte della città di Columbus, Ohio, in quella spenta mattinata di Novembre.
il debole e pallido sole, talmente opaco da potersi definire quasi malato, che si mostrava alla cittadina ogni giorno alle 6:18 precise del mattino, si stagliava in quel momento sulla linea dell'orizzonte; dipingeva il cielo di rosa acceso, con qualche sfumatura cerulea e gialla, sul pallido.
colorava la coperta del mondo prima che la solita coltre di fitte nubi ripiombasse a fare da scudo attorno a quel triste luogo, come a volerlo separare dalla bellezza del pianeta per mantenerlo grigio e triste e deprimente.
là fuori, il mondo era una tavolozza stracolma di colori accesi e sfumature. lì, restava solo una macchia monocromo.
e perso in quell'unico, statico colore, un ragazzo stava per compiere un passo importante.
stava per fare una enorme stronzata a detta sua, eppure era arrivato all'ultima spiaggia, era l'unica cosa che potesse fare per andare via.
lo stilo percorreva freneticamente un confuso tracciato sul foglio color crema appoggiato ad una vecchia scrivania in legno, lasciando dietro di sé linee di inchiostro senza sbavature.
il ragazzo in questione, faceva vagare gli occhi color marrone scuro da un punto all'altro del suo testo, scompigliandosi ogni tanto i soffici capelli bruni.
per via della fretta e dell'ansia che i suoi familiari potessero arrivare da un momento all'altro, riempì solo una facciata del foglio, firmandolo però in maniera precisa e composta.
"Tyler Robert Joseph" recitava essa, non scrisse nulla di più.
piegò il foglio, mettendolo in una busta scarlatta e adagiandola ai piedi del suo letto.
indossò il suo cappello e il suo giubbotto, mise in spalla il suo zaino, prese la sua piccola valigia e si girò a guardare camera sua.
si soffermò sui suoi disegni appesi al muro di fianco al letto, guardò per l'ultima volta i suoi mobili stracolmi di libri che purtroppo non poteva portare con sé, posò lo sguardo anche sulla foto poggiata sul suo comodino, la quale ritraeva lui e suo nonno.
sapeva che in quella stanza, sarebbe rimasto tutto così. statico, grigio, sarebbe rimasta la stanza di un ragazzo che voleva vivere, ma che era diventato prigioniero della notte.
la notte che chiudeva a chiave i suoi pensieri nella cella della sua mente, non permettendogli di agire.
ma il giorno prima, il ragazzo aveva pronunciato poche, brevi parole, che cambiarono tutto.
"il buio non avrà il suo prigioniero stanotte"
così sospirò, trascinandosi dietro i bagagli e la paura dell'ignoto a cui stava andando incontro.
arrivò fino al ponte che dava sul fiume che attraversava parte della metropoli, guardando la sua città natale ancora nell'ombra, come era sempre stata.
il suo cuore sembrava battere a tempo con le luci dei palazzi che piano piano cominciavano ad accendersi, sapeva che nonostante ormai fosse tardi per tornare indietro, non era ancora del tutto pronto.
stava temporeggiando, giusto per guardare l'ultima volta Columbus svegliarsi.
ma non c'era più tempo.
si tolse il suo cappello, quel berretto rosso che si portava dietro da anni e lo abbracciò, come se stesse abbandonando un amico o una parte della propria vita. in effetti era così.
lo lasciò appeso alla rete metallica protettiva che arginava il ponte da cui stava passando e camminò via, lentamente.poche ore più tardi, i suoi genitori e parenti stavano piangendo sulla lettera che aveva lasciato.
la lettera suicida di Tyler aveva spezzato il cuore di sua madre e reso più aspro quello di suo padre.
"mamma, papà. inizio a dire che mi dispiace, mi dispiace di essere così egoista da arrivare a questo ma non ho altra scelta. non riesco più a stare in questa città, in questo posto grigio che porta la mia mente ad avere pensieri così orrendi.
quei pensieri ora stanno per avverarsi, non nego che sono sollevato.
il peso sul mio cuore sta per lasciarmi, io sto per lasciare voi.
sappiate che siete stati i genitori migliori che potessi avere.
ho donato alcuni dei miei vestiti in beneficienza, non voglio che stiano tutti in un armadio a prendere polvere.
se state già leggendo, sappiate che mi sono buttato giù dal ponte più ad ovest di Columbus. non so se troverete mai il mio corpo, vista la corrente forte che caratterizza il fiume.
uscirò da questa stanza per l'ultima volta, non avrò rimpianti.
vi ho voluto bene.
firmato; Tyler Robert Joseph"So fake your death
Or it’s your blame
And leave the lights on
when you stay
Take off your clothes
And dream that fame
Come on and feel that shame---
BUENOS DÍAS MUCHACHALATAS
nuova joshler
ohssì
questa storia mi ispira un sacco, soprattutto perché prende delle pieghe molto interessanti e nella mia testa la trama è ben precisa.ho cambiato inoltre stile di scrittura, spero tanto che possa piacervi questo stile, ho intenzione di impegnarmi molto in questa ff.
molto più che in Bad Poetry (ma voi leggetela lo stesso che è soft.)
e nulla
ditemi che ne pensate per ora