presto, Tyler uscì di nuovo dalla stanza d'hotel, per sentire sulla propria pelle gli effetti di una notte a San Francisco.
le luci calde dei lampioni illuminavano l'asfalto secco delle strade vertiginosamente in salita, il suo sguardo si soffermava sulle disparate scritte al neon di alimentari ancora aperti.
era diversa da Columbus, l'aria che si respirava. quella sapeva di libertà, di occasioni, di nuova vita.
e non si poteva vagare per le strade senza farsi catturare da qualche posto brulicante di persone.
il ragazzo era statico, in mezzo a tutta quella dinamicità. si fermava spesso, rapito da una vetrina intrigante, piuttosto che da dei tram di passaggio.
poi, una scritta in particolare attirò la sua attenzione.
"starlight", recitava l'insegna di un bar. nient'altro se non il titolo del famoso brano dei muse, illuminato da una fredda luce verde.
e quel freddo verde attirava Tyler come il faro della baia, le navi.
con una strana sensazione nel petto, poggiò la sua mano calda sul freddo metallo della porta del bar.
il ragazzo fu subito investito da un intenso odore di lavanda, che in qualche modo sovrastava la puzza di alcolici proveniente dalla sala principale. un'orda di gente era accalcata sulla pista da ballo, mentre delle persone di un'età superiore alla media del locale occupavano le poltrone in feltro rosso, che s'intonavano perfettamente alla luce soffusa delle lampade da parete.
Tyler, un po' stordito da quel miscuglio di odori, si guardò intorno spaesato mentre si avvicinava al piano bar. "salve, uhm... può farmi un long Island gentilmente?" disse con voce leggermente alta, per sovrastare la musica.
dopo un'occhiata un po' sospetta della barista, il cocktail dal nome newyorkese arrivò nella sua più totale magnificenza. [n.a. sì scusate sono alcolizzata e ho un kink per il long island è il mio amore]
senza aspettare neanche un secondo, iniziò a sorseggiare la bevanda alcolica. Il gin e il triple sec erano i sapori predominanti in quel dolce miscuglio, ma lasciavano spazio alle altre sostanze. bevve il primo come fosse acqua, per poi passare direttamente al secondo, chiedendo poi uno shot di vodka.
voleva solamente non pensare. e quel metodo, tanto distruttivo quanto a tratti piacevole di abbandono totale allo scorrere degli eventi, lo rassicurava parecchio.
finì tutto ciò che aveva ordinato, sentendo il solito giramento di testa iniziare e gli angoli delle sue labbra che si piegavano leggermente all'insù.
era come se una pallina da baseball l'avesse colpito in faccia: tutto quello che aveva ingerito gli salì alla testa con una botta micidiale.
sarebbe stata una lunga serata.solamente qualche strada più in là da dove stava Tyler, il giovane artista dalla testa rosa stava cercando di orientarsi in quella città che d'ora in poi sarebbe stata casa sua. si perdeva per le strade, provandone di nuove e cercando dei nuovi punti di riferimento. dopo ore e ore che passò a vagare per quel reticolo di salite e discese, Josh capitò davanti ad un'insegna verde al neon. e sì, era lo stesso bar in cui il suo "compagno di viaggio" stava lentamente scivolando in quel baratro mentale che è l'ubriachezza più assoluta.
fu forse un bene, magari no, oppure fu solo un disegno del destino che andava a compiersi. qualcosa di più grande di loro due.
sta di fatto che le strade dei due ragazzi si incrociavano nuovamente, proprio in quel locale.
Josh entrò, come trascinato all'interno da una forza invisibile.
e in un angolo del bar, seduto da solo su un divanetto bordeaux, c'era quel triste ragazzo. per quanto il moro fosse ubriaco, sentì subito il sapore di una sensazione familiare nell'aria.
avete presente quando ad un tratto tutto cambia luce? il momento singolare dove quelle luci rosse prendono, ai vostri occhi, una tonalità diversa, facendovi sballare la percezione della realtà.
questo sentiva Tyler, insieme ad un miscuglio di alcolici nello stomaco.
si girò di scatto, facendo annebbiare ancora di più la propria vista e causandosi un forte mal di testa, che lo portò a tenersi la stessa tra le mani.
nonappena si riprese, lo vide: lo stesso ragazzo abbandonato a sé stesso che lo aveva accompagnato per un breve tratto del suo viaggio attraverso gli states.
"ma è lui" biascicò, incredulo, prima di radunare le proprie forze e alzarsi da quel triste trono di solitudine, barcollando (più che camminando) verso il ragazzo tinto.
Josh notò lo stesso ragazzo che aveva incontrato durante il suo viaggio, ma solo quando questo inciampò nel gradino che lo divideva da lui, imprecando e accasciandosi a terra.
a quella scena, il ragazzo assunse una espressione di stupore e preoccupazione.
"T-Tyler? sei tu? tutto bene?"
l'interpellato iniziò subito a ridere, rotolandosi sulla mochette sporca di alcolici del locale.
"OoOoooo sì sono iiiiiiiiiiio! in persoooooona"
il tono del moro era tanto divertito quanto sarcastico, ma con una nota di velata incredulità. non avrebbe mai pensato di incontrare di nuovo quel ragazzo del treno di New Orleans.
"Tyler, sei ubriachissimo, quanto diamine hai bevuto? ti riporto a casa"
disse questo, prima di sollevarlo da terra e issarlo sulle spalle allenate, uscendo con cautela dallo starlight, ripiombandosi in strada.
Josh non avrebbe mai pensato di finire in una tale situazione, soprattutto dopo così poco tempo che abitava a San Francisco.
era davvero preoccupato per lui, essendo stato più volte dall'altra parte, sapeva a quali rischi si andava incontro in quello stato.
"amico, devi dirmi dove andare però" rimarcò il tinto, preoccupato delle risatine dell'altro.
"abito qui. scioè, non broprio però abito in un hoteeeeeel" si sfregò la fronte più volte, per cercare di ricordare. "ASSENZIOOOO si, era absinthe il nomeee"
la persona sobria di quella coppia inusuale, sbuffò. non aveva idea di dove fosse quell'hotel, ma non poteva lasciare in quelle condizioni quel poveretto.
gli fece così un'altra domanda
"Ty? Tyler, guardami un secondo. ti ricordi più o meno dove si trova l'hotel?"
questo si fermò un attimo, piantando i piedi sull'asfalto
"mi hai chiamato Ty..." disse con le lacrime agli occhi. sapeva essere molto emotivo quando beveva, e non si meravigliava di ciò
"nessuno mi ha mai chiamato Ty..."
iniziò a singhiozzare
Josh fu preso alla provvista. non si sarebbe mai immaginato che dal ridere sarebbe passato al piangere così di colpo.
"Tyler, non fare così dai..."
lo abbracciò di colpo.
e anche con la voce strascicata e rauca, riuscì comunque a dire quelle parole
"aiutami a tornare sobrio per favore"Won't you help me sober up?
Growing up it made me numb
And I want to feel something againWon't you help me sober up?
All the big kids they got drunk
And I want to feel something again
Won't you help me feel something again?
How's it go again?----
OHSSÌ
I'M FUCKING BACK BABYsono scomparsa per una vita I knOw
ma spero che più di mille parole si facciamo perdonare :)non mi piace lasciare le cose in sospeso (come falling down *TOSSISCE*)
quindi, avendo recuperato un minimo di sanità mentale e voglia di scrivere non solo lettere d'amore che non spedirò mai o testi di canzoni che butterò via, RIECCOMI QUIso che non ve ne fregherà più nulla della storia però---- dai, fatelo per me :((((
con molta probabilità, ci vediamo prossimamente
-la rediviva