Twenty one

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21.
Changings

Avevo un'abitudine, fino a qualche tempo fa: passavo ore a immaginare il mio funerale.

Sì, lo so che è strano, morboso e vagamente (tanto) inquietante, ma se vi può consolare non è che lo progettassi, o che scrivessi giù appunti in modo che dopo la mia dipartita qualcuno potesse organizzarlo esattamente come lo volevo io. Nemmeno me lo immaginavo come lo volevo io: me lo immaginavo solo come era plausibile che fosse. Alla fine era un modo per cercare di non ammazzarmi: pensavo alle conseguenze, e riuscivo a convincermi a rimanere vivo un altro giorno.

Non so esattamente quand'è che ho smesso di farlo: a un certo punto ho perso completamente la voglia di esistere, e ho cominciato a vivere per inerzia, ho smesso di attaccarmi alle conseguenze a lungo andare e ho cominciato a passare i pomeriggi davanti allo specchio con la pistola in mano.

Non so quando ho smesso, però so quando ho cominciato.

Ho iniziato seriamente a pensare al suicidio dopo la morte di mio padre: non è che prima le mie condizioni mentali fossero esattamente una passeggiata in un campo di fiori, però non stavo nemmeno così male... dopo che mio padre se n'è andato, invece, mi è letteralmente venuta giù tutta la merda possibile e immaginabile.

Lo so che può sembrare strano, ma io con mio padre ci parlavo parecchio. A me piaceva mio padre, e credo di essere l'unico ragazzo del ghetto con tendenze emo con un padre alcolizzato ad aver mai detto una cosa del genere nella storia del mondo, ma gli dei mi fulminino se non è vero.

La prima volta che l'ho fatto, stavo aspettando il treno per scappare. Ero seduto su una panca sulla banchina della stazione, con i Linkin Park sparati a palla nelle cuffie e le lacrime che mi premevano contro gli occhi per uscire. Mi ero tolto il piercing poco prima, e avevo praticamente appena passato un quarto d'ora a disperarmi dentro i bagni, quindi non volevo piangere di nuovo.

Mi ricordo che continuavo a cercare la pallina al limite del mio campo visivo, e che non trovarla non faceva altro che spingermi sempre di più sull'orlo del crollo.

Avevo voglia di urlare. Urlare, e magari buttarmi sotto il primo treno che passava: volevo farlo sul serio, e non vedevo il minimo motivo per cui non avrei dovuto farlo. Volevo smetterla di stare male e basta.

Solo che poi mi è venuta in mente una frase che avevo letto da qualche parte (probabilmente tumblr) secoli prima: il suicidio non fa sparire il dolore, lo passa solo a qualcun altro. E lì ho cominciato a pensare al mio funerale per la prima di un'infinita serie di volte.

Mi sono visto il sole accecante, e l'erba verde del cimitero... e be' ho sempre pensato che avrebbe nevicato il giorno della mia morte, ma la triste verità è che c'è sempre un sole fottuto a Los Angeles, e che non tramonterà per me. Sarò io che tramonterò. Comunque dicevo: sole, erba verde e canzoni che nessuno di sano di mente metterebbe mai a un funerale, tipo This Is The Best Day Ever, Breaking The Habit e My Song Knows What You Did In The Dark. E Leave Out All The Rest, ma quella mi sembra già più realistica come canzone da sentire a un funerale.

Poi ho cominciato a pensare alle persone che ci sarebbero state: sapevo che mia madre non sarebbe venuta, perché è talmente cattolica che se mi suicidassi piangerebbe da sola un paio di giorni e poi farebbe finta di non averlo mai avuto, un figlio. Ricordo che una delle prime cose che mi sono chiesto, è stata se Promise si sarebbe messa la gonna... poi ho pensato che probabilmente la gonna non se la sarebbe messa nemmeno per il suo, di funerale, figurarsi per il mio: sarebbe venuta in camicia e jeans, con i capelli sparati in aria e le tasche piene di fazzoletti, anche se non avrebbe pianto.

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