Sixteen

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16.
Scrabble

La differenza implicita che c'é tra estate e inverno è una delle cose più incredibili di cui la razza umana si sia mai resa colpevole... perché la vera differenza tra estate e inverno non è la temperatura, ma il modo in cui ti senti.
Tipo la nostalgia delle sere d'estate. O lo svegliarsi stanchi durante l'inverno. O il fatto che in generale la maggior parte delle persone trovi molto più facile essere felice d'estate piuttosto che d'inverno.
Uno dei particolari più assurdi, però, è il modo in cui percepiamo il tempo.
In inverno è tutto regolare e preciso e sai sempre che giorno è e che ora è e vai in giro con l'orologio al polso e con una penna in tasca, in caso servisse. Corri dalla mattina alla sera per cercare di fare tutto quello che devi fare e alla fine non importa quante ore dormi: sei sempre stanco lo stesso.
In estate, invece... in estate il tempo non scorre. Giuro. L'estate ha un inizio e una fine e cosa ci sia in mezzo è un cazzo di mistero: i giorni si mescolano l'uno con l'altro e a volte, se sei chiuso in casa da abbastanza tempo, potrebbe venirti il dubbio che sia notte anche se fosse mezzogiorno.
Hai letteralmente tutto il tempo del mondo per fare quello che vuoi, anche se alla fine finisci per perderlo svaccato su un divano a fare schifo oppure in giro per la città a fare danni con i tuoi amici, e a volte sembra che i minuti siano lenti come la morte, eppure alla fine quando finisce ti sembra sempre che non sia ancora ora. Ti sembra che l'estate sia appena cominciata, e invece sono passati tre mesi.
E, giuro su tutto quello in cui credo, non sai mai che giorno sia. In inverno, se te la chiedono, la data la sai più o meno sempre, e magari sai anche che giorno della settimana e che ora è, giusto per non farti mancare niente. In estate ti tocca pensarci minuti interi anche solo per ricordarti che mese sia.
È più o meno quello che mi succede mentre sono seduto sul davanzale della finestra dell'ostello a fumarmi la mia sigaretta.
Alla fine, Alice e io abbiamo raggiunto un accordo in proposito: mi è concessa una sigaretta al giorno, da fumarsi rigorosamente dopo che abbiamo provato, più una di emergenza in caso di attacco di panico.
Una sigaretta al giorno in pratica non è niente, ma come diceva la nonna di Promise: Col secco va bene anche la tempesta... e per quanto mi riguarda la vita fa già schifo così com'é, quindi me la faccio bastare e tanti saluti: di solito me ne fumo mezza dopo cena e mezza prima di andare a dormire, così almeno ho l'impressione di fumare di più.
Sto fumando la metà del dopo cena quando Matt all'improvviso spezza il silenzio che regna nella stanza per chiedere che giorno sia.
Devono essere circa le nove e mezza e il sole sta cominciando a tramontare: le ombre iniziano ad allungarsi e il cielo comincia a farsi un po' più scuro. Un filo di brezza leggera entra dalla finestra aperta e si sta così maledettamente bene seduti su questo davanzale con una sigaretta fra le labbra e un libro in mano che sto seriamente considerando l'idea di fumarmela tutta, questa maledetta sigaretta.
-Non ne sono sicuro.- ammetto invece dopo qualche secondo mentre la spengo dentro il posacenere -Però è luglio. Credo.-
-Sì, è luglio.- conferma Alice -Giovedì 19, per la precisione.-
Oh, giusto, è giovedì. Terzo giorno della seconda fase della leggendaria Battaglia delle Band dei Ghetti della California, tema: cover di una canzone di una band che venga da uno stato assegnato.
Juramin e gli altri hanno beccato il New Jersey, e hanno fatto la scelta più scontata che una band come i Broken Lies potesse fare: hanno scelto The Light Behind Your Eyes dei My Chemical Romance, e lunedì hanno battuto un gruppo di Sacramento, tali Street Life, che aveva portato It's my Life dei Bon Jovi.
Le Firefly invece hanno pescato il Nevada e ieri hanno tentato una cover di Don't threaten me with a good time dei Panic! At the Disco che però non è andata granché bene: Brenda ci ha provato, ma non ha la voce giusta per i Panic... comunque, alla fine in realtà hanno perso di poco. È passato un gruppo che si chiama Sleeping Cancer, con una versione un po' più metal di Radioactive degli Imagine Dragons.
Stasera nemmeno so chi suona, ma so che essendo la penultima sera, a noi toccherà domani. Vorrei non aver spento la sigaretta ora.
-Dove stai andando?- sento chiedere.
Alzo gli occhi dalla pagina di Carry On che sto leggendo (ormai l'ho quasi finito) e mentre mi spingo gli occhiali su per il ponte del naso noto che Alice si sta cambiando.
È quasi ironico che lei sia l'unica che si cambia tranquillamente davanti agli altri in questa stanza. Dicono che le ragazze siano più pudiche, ma a lei non potrebbe fregare di meno: probabilmente se le chiedessimo ci direbbe che tanto Matt è gay e che a me non interessa, quindi chissenefrega. Non avrebbe nemmeno tutti i torti, in fondo.
Ha addosso un paio di jeans scuri e si sta mettendo una canotta nera un po' scollata con disegnato sopra un triangolo bianco che sorride mentre si spara in testa e un arcobaleno esce dall'altra parte stile The dark side of the Moon. Ogni tanto mi chiedo dove diavolo la trovi questa roba.
-Esco con Brenda.- dice, mentre la sua testa sbuca dal... be', dal buco per la testa della canotta.
-Ah. Ok.- commenta Matt -E come mai non hai cominciato a saltare in giro come una cavalletta ore fa?-
-È la terza volta che usciamo. Non ho bisogno di agitarmi, so che andrà bene.-
Lancio uno sguardo a Matt, e vedo che si sta facendo la stessa domanda che mi sto facendo io: terza? E la seconda quando è stata? Perché ok: so che sono andate a bersi una birra dopo che le Firefly hanno passato la prima fase, ma quella è stata una volta.
Comunque nessuno dei due dice una parola in proposito: quando c'entra Alice, certe cose è meglio non saperle.
-E noi?- chiedo invece chiudendo il libro e posandolo sul davanzale accanto a me.
-Be', credo che siate abbastanza grandi per cavarvela una sera senza di me, no?- risponde lei sorridendo da un orecchio all'altro -Che ne so... uscite, oppure state qui e fate amicizia.-
-Io non ho voglia di uscire... stiamo qui e giochiamo a carte?- propone Matt.
-Certo.- borbotto io.
-Ok.- Alice si esibisce in un alzata di spalle e afferra una giacca di pelle dal suo letto. Giacca di pelle. Con questo caldo. Follia. -Solo state lontani dalla mia riserva e non aspettatemi alzati, ok?-
-Okey dokey.- dice Matt in tono allegro.
Si alza dal punto del pavimento sul quale si era seduto a leggere (non sono sicuro del perche fosse seduto per terra), posa il libro (qualcosa di Rick Riordan, credo) sul suo letto e va ad aprire la porta per Alice con un sorriso stampato in faccia grande quasi quanto il suo.
-Divertiti.- le raccomanda -E non fare niente che Myles non farebbe.-
-In pratica mi stai dicendo di non divertirmi?-
-Hey!- esclamo io dal davanzale.
-No, ti sto dicendo di non trattare male nessuno e di non tirartela troppo.-
Alice annuisce fra sé e sé -Onesto.- borbotta -Buona notte!-
Le faccio ciao con la mano, mentre esce e si chiude la porta alle spalle, e guardo dall'altra parte pregando che Matt non si accorga che sono arrossito.
Mi sento un coglione. Dovrei uscire di più.
Per un po' nessuno dice niente. Stiamo solo zitti a guardare la porta, come se ci fosse la possibilità che tornasse, anche se sappiamo entrambi che anche se faceva tanto la rilassata non vedeva l'ora di uscire.
-Per caso hai un mazzo di carte?- chiede Matt dopo quasi un minuto.
-No.- bofonchio io -Però ho un'idea di dove Alice tiene l'alcool.-
-La sua riserva?-
-La sua riserva.- confermo.
Lui si porta un paio di dita al mento, come fa quando sta pensando.
-Tu cerchi da bere e io vado in quella sottospecie di buco che hanno il coraggio di chiamare sala ricreativa a vedere se trovo qualcosa di giocabile?-
Sorrido, e scendo dal davanzale.
-Andata.-
Matt mi sorride di rimando.
-Allora ci vediamo tra cinque minuti.- promette prima di aprire la porta e uscire.
Resto in piedi impalato con un sorriso incollato in faccia per quasi trenta secondi prima di ricordarmi cosa devo fare.
Mi piace Matt. È facile parlarci ed è simpatico e quell'aria un po' impacciata che ha sempre quando vede gente nuova ha un che di adorabile. Non è il tipo di persona che ti fa venire l'ansia: al contrario, averlo attorno è rassicurante.
Scuoto la testa, perché davvero, è un po' ridicolo che io mi metta a fare questo tipo di pensieri in piedi come un cretino in mezzo alla stanza, mi spingo su gli occhiali e vado deciso verso l'armadio.
Da quando siamo arrivati a Los Angeles, ho perso l'abitudine a stare da solo: capita raramente che mi lascino per conto mio per più di cinque minuti, e ironicamente è da quando ho lasciato Los Angeles sei anni fa che ho perso l'abitudine allo stare a casa la sera a bere e a cazzeggiare con gli amici... e sono una cosa che non sopporto ma a cui mi sono abituato che ultimamente se n'é andata e una cosa che una volta adoravo che avevo perso e adesso sta tornando. Un po' come la cosa dei libri. Alla fine le ultime volte di cui parla Alice le sto vivendo veramente.
Apro l'armadio e comincio a cercare la cassaforte, perché conosco il senso dell'umorismo di merda della mia migliore amica e sono abbastanza sicuro che la sua riserva la tenga lì, e perché sono altrettanto abbastanza sicuro di sapere che combinazione abbia usato.
Mi chiedo perché diavolo negli hotel, ostelli, motel o quello che è le cassaforti siano sempre negli armadi: voglio dire, capisco l'utilità teorica di avere una cassaforte in camera, anche se non ho mai conosciuto nessuno che la usasse davvero per metterci roba importante, ma perché nell'armadio? È sempre nell'armadio. Ogni dannata volta. Se fossi un ladro, sarebbe il primo posto in cui andrei a guardare... come sto in effetti facendo adesso.
Ci metto meno di dieci secondi a trovarla: è nascosta in uno degli scaffali più in alto, sotto un maglione a righe blu e nere stropicciato e piegato male ad arte in modo da sembrare buttato lì a caso... il problema è che chi diavolo è il deviato che si porterebbe un maglione a Los Angeles nel bel mezzo di luglio? È più che ovvio che Alice lo abbia portato solo per questo: per nascondere la cassaforte in cui nasconde gli alcolici.
Tiro fuori il mio borsone da sotto il mio letto e mi ci metto in piedi sopra in modo da arrivare a livello occhi con la cassaforte, mi spingo in su gli occhiali un'altra volta, più per riflesso che perché abbiano effettivamente bisogno di essere sistemati, e fisso la manopola della combinazione, sperando di conoscere Alice bene quanto credo di conoscerla.
Sospiro e provo la prima e unica possibile combinazione che mi passa per la testa. Il metallo e la plastica sono freddi sotto le mie dita mentre ruoto il quadrante per cambiare i numeri: 2, 5, 4, 2, 3.
2-5-4-2-3, oppure A-L-I-C-E, usando la tastiera di un vecchio cellulare: è un po' egocentrica, adora la vecchia tecnologia e ha letto la Millennium Trilogy almeno quattro volte, quindi spero che funzioni.
Mentre inserisco i numeri, per un attimo ho uno di quei momenti stupidi alla Holden Caulfield in cui stai facendo qualcosa di normale o almeno non assolutamente assurdo, ma te lo immagini come qualcosa di fenomenale, come quella parte del libro in cui viene pestato dal pappone dell'hotel e fa finta di essersi beccato una pallottola. Per un attimo mi immagino di essere il più grande ladro del secolo che cerca di scassinare il caveau della Torre di Londra per cercare di fregare i Gioielli della Corona. Nemmeno sono sicuro che li tengano in un caveau e in compenso sono abbastanza sicuro che quelli veri li abbiano già rubati da parecchio, eppure... è un filmino abbastanza divertente, per quei quattro secondi che dura. Poi la serratura produce un ultimo click soddisfatto e la porta si spalanca.
Per un attimo, giuro che mi sento Dio.
Lupin III mi fa una sega, porca miseria.
Comunque, avevo ragione: Alice la tiene qui per davvero, la sua riserva.
Sto ancora facendo l'inventario, quando Matt alla fine rientra in camera con una scatola di Scarabeo consumata da secoli di soprusi e maltrattamenti sotto braccio.
-Come siamo messi?- chiese in tono allegro mentre si chiude la porta alle spalle.
-Abbiamo tredici lattine di birra, quattro Red Bull e mezzo, tre quarti di bottiglia di whisky di sottomarca, una stecca di cioccolata e tre pacchetti e qualcosa di gomme alla menta.- riporto -E... un sigaro.- aggiungo rigirandomi il sigaro in una mano prima di ficcarlo di nuovo dentro la cassaforte e saltare giù dal borsone con una delle confezioni da sei di birra -Da quando Alice fuma sigari?-
Matt si siede per terra e comincia a tirare fuori il gioco. Il tabellone è consumato come poche cose e sono abbastanza sicuro che il sacchetto delle tessere abbia un buco: l'unico altro posto in cui ho visto giochi da tavolo messi così male è stato a casa di Promise. Promise ha due fratelli più grandi e diciamo che erano tutti e tre molto... competitivi. Giocavano un sacco, e quelli che perdevano si arrabbiavano e... be', la conclusione l'ho già illustrata sopra.
-Da mai, che io sappia. Spero ti piaccia lo Scarabeo...- borbotta Matt pescando una lettera dal sacchetto e mettendosela da parte -C'era anche un Risiko che aveva quasi tutti i pezzi, ma la scatola non era in condizioni di arrivare qui in cima.-
-Scarabeo va benissimo.- dico sedendomi di fronte a lui.
Tolgo una lattina dalla confezione e la apro, poi passo il pacco a Matt e lui mi da il sacchetto con le lettere.
In realtà me la cavo a Scarabeo: quando eravamo piccoli, Juramin e io ci giocavamo sempre... credo di non averlo mai battuto, ma lui era un mostro in tutto quello in cui c'entravano le parole, quindi in realtà non è che conti molto. In compenso, io vincevo a Monopoly.
Comunque, in parole povere credo che sia più o meno da un quarto della mia vita che non ci gioco e in pratica non credo di ricordarmi come si contano i punti, ma nonostante tutto in un'ora e mezza circa vinco due partite e bevo più o meno tre birre e mezza.
-Questions.- scandisco mentre poso trionfante la mia ultima lettera, una Q, sopra il 3P -E sono altri centocinquanta e rotti punti per me.-
-Sì, sì: sei un figo. Adesso però non tirartela troppo.- mi riprende Matt, ridacchiando in una maniera solo vagamente ubriaca -Hey, sai cosa potremmo fare? Potremmo giocare a Verità o Verità.-
-Non stavamo giocando a Scarabeo?-
-E allora? Possiamo giocare a tutti e due.-
Ci penso su per un secondo o due. Non mi piace particolarmente Verità o Verità. E nemmeno Obbligo o Verità. Che poi, ho venticinque anni suonati, e Matt in teoria ne ha di più... e questo è il tipo di gioco che si fa da ragazzini quando si è talmente ubriachi che tanto nessuno si ricorderà un cazzo il giorno dopo: siamo troppo grandi per questo genere di cazzate... e d'altro canto eccoci qui, di giovedì sera, a giocare a Scarabeo. Nemmeno questo è granché una cosa da adulti. Nemmeno partecipare a una Battaglia delle Band, se proprio bisogna dirla tutta.
-Posso rifiutarmi di rispondere alle tue domande se voglio?- chiedo alla fine.
Matt ci riflette sopra un attimo, sfiorandosi il mento con le dita stile pensatore e guardandosi attorno con aria concentrata.
-Sì.- decide -Ma se lo fai posso farti un'altra domanda.-
-Ok.- approvo con un'alzata di spalle.
Matt annuisce. Sorride come un bambino a Natale, e ha bevuto solo due birre. Evidentemente non regge granché l'alcool. Ora che ci penso, non l'ho mai visto bere più di una birra media... persino quella volta che siamo andati al parco a vedere le stelle ho bevuto praticamente solo io. Chissà come diavolo ho fatto a non accorgermene prima...
-A te la domanda.- dice, poi prende in mano una delle sue tessere e comincia a strofinarsela distrattamente contro la punta del naso mentre guarda concentrato la tabella.
Non ho la più pallida idea di cosa chiedergli... ok, ci sono una marea di cose che vorrei chiedergli e non so cosa chiedere prima.
-Quando sei nato?- sputo alla fine dopo cinque secondi abbondanti di riflessione.
-Sei serio? Potresti chiedermi qualunque cosa e mi chiedi il mio compleanno?-
-Zitto e rispondi, Matt.-
E me ne accorgo solo dopo che è un'assoluta stronzata perché non può rispondermi e stare zitto allo stesso tempo, ma mi consolo pensando che probabilmente non se n'é accorto.
-Ok.- borbotta lui -22 settembre 1999.-
Quindi, mi dico, in realtà ha solo un anno più di me e Alice.
Be', più tipo sette mesi nel mio caso e cinque in quello di Alice, ma siamo lì.
-Quindi hai quasi ventisei anni... ti facevo più piccolo.- borbotto invece... che è una cazzata, perché Alice me lo aveva detto che era un po' più grande di noi. Cioè, è vero che all'inizio pensavo che fosse più giovane, ma sottolineo all'inizio.
Matt annuisce e comincia a posare una manciata di lettere sulla scacchiera per formare la parola norse attaccandosi alla O di questions.
-Lo so: sono le lentiggini e le guance da scoiattolo. Mi fanno sembrare un bambino.- dichiara mentre mette giù la S e la E.
-Non hai le guance da scoiattolo!- esclamo prima che i miei filtri possano bloccarmi.
Matt sorride e si sposta una ciocca di capelli rosa da davanti agli occhi con una mano leggermente scoordinata. Il gel che usa per tenersi su il ciuffo tende a cedere verso sera e finisce che verso le nove ha sempre questi improbabili sbuffi di capelli che gli scendono verso la fronte e che stanno lì a mezz'aria per un po', scendendo gradualmente finché attorno a mezzanotte non si sono ridotti a una specie di frangia sul rosa grigio. Dal fatto che adesso sono verso la fine dello stadio sbuffi antigravità, deduco che devono essere le undici e qualcosa.
-Un po' sì invece...- borbotta -Ma non importa. In fondo non mi dispiacciono... posso porre la mia domanda?-
-Sì, certo.-
Lancio uno sguardo allo Scarabeo, indeciso se fare come ha fatto lui e giocare mentre pensa a cosa chiedermi o se farne a meno. Alla fine opto per provare sperimentalmente quanto ci metterà a rendersi conto che abbiamo smesso di giocare e non tocco niente, invece mi sistemo gli occhiali e guardo l'orologio del telefono.
Sono le undici e undici. Esprimi un desiderio, Myles.
Vorrei che questi cazzo di occhiali la smettessero di scivolarmi giù per il naso. Questa sera mi stanno facendo rincretinire, dannazione.
Matt mi sta guardando concentrato, come se cercasse un appiglio per farsi venire in mente qualcosa da chiedermi. Si sta appoggiando con la schiena contro una gamba del suo letto e sta giocando con i lacci della felpa.
-Come sono nati i Broken Lies?- domanda dopo un po', quando ormai cominciavo a pensare che non avrebbe più chiesto niente.
-Oh, be'... è una storia lunga...- borbotto.
-Abbiamo tutta la notte.- mi fa notare, e... be', sì. Con questa mi ha un po' fregato.
Prendo un sorso di birra, mentre penso a come mettere le parole una dietro l'altra per dare un senso a quello che dirò.
Non è propriamente facile, parlare della mia ex band.
Ok, ho fatto pace con loro, ma resta un po' una questione irrisolta... perché so che non saremo mai più amici come lo eravamo prima, perché non ci sarà il tempo di esserlo e perché forse sotto sotto non puoi perdonare una persona fino in fondo per una cosa tipo sparire senza dire niente a nessuno e non farsi viva per sei anni.
Non mi aspetto che lo facciano. Ma forse mi farebbe bene parlarne, dopotutto. Forse ricordare non deve fare male per forza.
-Era estate, avevamo quindici anni. Credo.- esordisco -Alfie sedici, a dire il vero, e questo è un dettaglio importante perché aveva preso la patente da poco e, un sabato mattina di metà agosto, mentre cercava di portarci a mangiare il gelato, ha investito Yorick. Per farci perdonare, lo abbiamo invitato a uscire con noi una sera o l'altra e due settimane dopo, verso le tre di notte, eravamo al Linkoln Park, anche se non si chiamava ancora così all'epoca, ed eravamo stesi sullo scivolo a guardare le stelle. All'improvviso, non so perché ma mi sono messo a canticchiare The Catalyst. Davvero, non so perché l'ho fatto... era solo una cosa che facevamo ogni tanto, metterci a cantare a caso, e mi ero praticamente dimenticato che Yorick esistesse, quindi l'ho fatto e basta. Dopo un po' Juramin ha cominciato a venirmi dietro e Promise si è messa a improvvisare un po' di percussioni su quello che trovava. Poi non so quando, ma Alfie ha cominciato a buttarci dentro un po' di beat box a caso tanto per non sentirsi inutile, perché lui il basso lo suonava già, ma era un po' difficile portarselo fino al Linkoln. Quando la canzone è finita, Yorick ha detto sarcasticamente che avremmo dovuto fondare una band... solo che Juramin è sempre stato dannatamente bravo a ignorare il sarcasmo, e lo ha preso alla lettera. Una settimana dopo, il 6 settembre del 2015, nascevano i Magical League of Weirdos, un anno e mezzo dopo ribattezzati Broken Lies.-
-Non è una storia così lunga.- ribatte Matt.
-Versione abbreviata.- borbotto.
-Come mai Magical League of Weirdos?-
-In realtà all'inizio eravamo tutti abbastanza d'accordo su Try the Ketchup, Motherfuckers, ma poi Yorick ha deciso che prima di tutto era troppo lungo, e in secondo luogo, e qui cito testualmente, nessuno che non sia coglione almeno quanto voi la capirebbe.- mi gratto un po' il sopracciglio, anche se non so esattamente perché -Come mai ti vesti solo di grigio?- aggiungo prima che possa venirgli in mente di chiedermi qualcos'altro sui Broken Lies... tipo la versione estesa della storia. O perché il Linkoln Park si chiama così.
Certe cose che sono successe quella notte o in generale nella storia della band è meglio non raccontarle in giro.
Matt ride... non l'ho mai visto ridere così tanto come stasera. Mi concedo un sorriso anche io, tanto per non fare il bastian contrario. Matt continua a ridere.
-Be', normalmente mi invento una storia diversa ogni volta che qualcuno me lo chiede, ma in via del tutto straordinaria stanotte dirò la verità.- annuncia, ancora ridacchiando.
Rido un po' anche io. Non sembra nemmeno troppo ubriaco, ma è ovvio che lo sia. Almeno un po'... davvero: non l'ho mai visto ridere così tanto... e giuro che non ha senso, ma mi fa venire voglia di ridere vederlo ridere così tanto. Mi ricorda che una volta mi piaceva ridere.
-Non sono capace di fare le lavatrici colorate.- dice, con il tono di uno che sta confessando il suo segreto più oscuro e recondito -Non riesco mai a non mescolare i colori, è più forte di me. A un certo punto, stufo di ritrovarmi sempre i vestiti di colori improbabili, ho cominciato a comprare solo roba grigia e tanti saluti.-
-Onesto.- ammetto. E, aggiungo nella mia testa, anche parecchio più sensato di qualunque filmino mi fossi precedentemente fatto, in effetti.
-Vero? L'ultima volta che l'ho detto a qualcuno, quel qualcuno mi ha dato del pazzo!-
Scoppia a ridere di nuovo, come se fosse la cosa più assurda della storia. E forse dovrei impedirgli di aprirsi la terza birra, ma in fondo penso che sia grande abbastanza per badare a se stesso. Anzi, mentre prendo a mia volta un'altra lattina dalla confezione e la apro mi dico che a questo punto tanto vale tenergli compagnia.
-Qual é la cosa più stupida che tu abbia mai fatto?- mi sento chiedere.
Ed è una bella domanda, in effetti.
La cosa più stupida che io abbia mai fatto.
Di cose stupide ovviamente ne ho fatte una marea. Tipo andare in panico e mandare a quel paese quella ragazza che era con me a Calcolo al terzo anno perché mi aveva detto che ero carino. O, quando avevo quasi diciotto anni, slogarmi una caviglia cercando di imparare ad andare sullo skateboard perché Juramin mi aveva detto che pensava che gli skater fossero fighi. O accettare di partecipare a questa stupida Battaglia delle Band. O innamorarmi del mio migliore amico. Perché ok, sì: innamorarsi è un verbo tremendo e odio come suona, ma è inutile che stiamo qui a raccontarcela... ero innamorato di lui in una maniera imbarazzante. O buttarmi nel lago di un parco il giorno in cui mio padre è morto e rischiare di annegare. O andarmene da Los Angeles quando avevo diciannove anni, anche se quella poi è stata una stronzata che per certi versi dovevo fare per forza.
O tingermi i capelli di nero. Insomma, ne ho fatte un sacco di cazzate in vita mia. Potrei andare avanti tutta la notte.
-Una volta, quando avevo diciassette anni, ho gridato L'Inghilterra fa cagare e gli inglesi puzzano, viva la Scozia! dentro un pub inglese che c'era a Stormwood... non avevo mai capito veramente l'espressione Corri come se ne andasse della tua vita fino a quel momento.- decido di dire.
Era un po' che non pensavo a quell'episodio. Ed effettivamente nemmeno questo scherza come livello di stupidità... però mio padre sarebbe stato fiero di me.
-E come mai sei ancora vivo?-
-Corro veloce... ed erano più o meno le due di notte, ed erano tutti abbastanza ubriachi da avere il problema di dover decidere a quale dei due me e relativi compagni di sventure correre dietro.-
-E toglimi una curiosità: eri davvero così ubriaco da fare una cazzata del genere di tua spontanea volontà o avevi perso una scommessa?- chiede.
-Entrambi...- borbotto io -Ero un ragazzino parecchio idiota.-
Era giugno. Era appena finita la scuola ed eravamo usciti in trio, Juramin, Alfie e io, come ai vecchi tempi. Ero abbastanza andato da sfidare Alfie a braccio di ferro, completamente dimentico del fatto che andava in palestra in maniera quasi ossessiva e che malgrado il suo generale essere un cinnamon roll quando si parlava di scommesse diventava un bastardo apocalittico.
Bei tempi quelli.
Sorrido, anche se adesso mi ritrovo con il problema di non sapere cosa chiedere a Matt... perché vorrei tenermi almeno un paio di domande importanti per dopo, ma non è che ci siano cose su cui sono meno curioso di altre. Mi spingo di nuovo su gli occhiali e mi metto a ripassare mentalmente tutte le cose fondamentali che non so di lui e all'improvviso mi viene l'illuminazione.
-Che lavoro fai?- chiedo -Ormai ci conosciamo da un po' e credo di non avertelo mai chiesto.-
-Io... faccio tatuaggi.- risponde -Credevo si capisse?-
Da cosa si dovrebbe capire? Sono confuso.
-Da cosa dovrei capirlo? Tu non hai tatuaggi... di solito i tatuatori sono pieni di tatuaggi...-
-Come no, certo che ne ho... guarda qua.-
Allunga un braccio e mi mostra il palmo della mano sinistra come se volesse darmi il cinque. La sua pelle è ricoperta di macchie colorate piccole come lentiggini, come se qualcuno avesse preso un pennello e si fosse divertito a schizzargli colori sulle mani per due giorni. Avevo già notato che aveva le dita macchiate, ma non avevo mai notato l'estensione della cosa. Ne ha alcune anche sull'interno del polso, ora che lo guardo bene.
-Sono... sono tatuaggi?- balbetto, abbastanza colpito.
-Ogni tanto quando mi annoio accendo la macchinetta con il primo colore che trovo e scarabocchio un po'...- ammette -A volte mi chiedo come faccio a non andare in perdita di brutto ogni mese.-
Allungo un po' il collo per guardare più da vicino. È strana come cosa, ma fa un bell'effetto: è come se avesse una partita buggata di Particlescape sulle mani.
-Come hai cominciato?-
-A tatuare o a scarabocchiarmi le mani?-
-Quello che vuoi.-
Lui sorride e ritira la mano.
-Correva l'anno del Signore 2015, e io avevo ormai raggiunto la veneranda età di sedici anni, il che voleva dire che tutti cominciavano a rompere le scatole su cosa volessi fare da grande e cosa avrei fatto all'università. A un certo punto, per fare incazzare i miei parenti ho cominciato a dire che avrei fatto il tatuatore, e... non lo so, alla fine l'ho fatto davvero. Ho trovato la mia vocazione immagino.-
-Be', mi sembra una storia più che buona.- approvo -Tocca a te.-
Il tatuatore. Ho sempre avuto una fobia assurda per gli aghi... non so nemmeno come sono sopravvissuto al piercing. Però i tatuaggi mi sono sempre piaciuti, forse anche perché mi è sempre piaciuto disegnare e... non lo so. Quando sono fatti bene sono artistici. E mi piace il modo il cui il colore si sovrappone a quello della pelle, con quelle tonalità un po' strane che vedi solo nei tatuaggi.
Adoro i tatuaggi... non me ne farei uno neanche morto, ma li adoro. Non so se abbia senso.
-Uhm...- borbotta Matt. Mi lancia un lungo sguardo indagatore, come se stesse cercando di capire qualcosa, poi dà un'alzata di spalle e beve un sorso di birra -Hai mai fatto sport?-
Questa volta sono io che scoppio a ridere. Sport. Io. Ma per favore. L'unica attività fisica che ho fatto nei miei tristi venticinque anni di vita è stata scavalcare cancelli a notte fonda e scappare da orde di inglesi ubriachi... più giocare un po' a calcio per strada quando ero piccolo e cercare di imparare ad andare in skateboard, ma dettagli.
-Sport?- bofonchio, ancora ridendo -Cos'é, si mangia?-
Matt annuisce fra sé e sé e ride un po'.
-Ok, ok, non fai sport. Mi sembra giusto.-
Ancora non si è accorto che abbiamo smesso di giocare a scarabeo una vita fa. Devo ricordarmi di tenerlo d'occhio la prossima volta che lo vedo bere in luogo pubblico, anche se... ok, sì, non sono la sua babysitter, ma lui apprezzerebbe... credo.
-Qual è la tua festa preferita?-
E... ok, va bene, questa è una domanda idiota. Mi è venuta d'istinto e... bo', una domanda vale l'altra, no?
-L'ultimo dell'anno.- risponde lui senza nemmeno pensarci -Lo so che è strano, ma adoro l'odore della polvere da sparo a mezzanotte e adoro tutto il casino generale che c'é sempre quella notte. Non so perché, ma mi piace un sacco. La tua invece?-
Io, invece, ci devo pensare. Comincio a fissare ossessivamente la tabella dello Scarabeo, cercando di decidere se parlarne o no... perché la verità è che dopo che me ne sono andato di casa ho smesso di festeggiare più o meno tutto: non sono mai stato particolarmente credente, quindi ho smesso di fregarmene del Natale e della Pasqua e via dicendo, e tutte le feste che non erano religiose... be', comunque perdono senso quando sei da solo.
Però lo so anche troppo bene qual era la mia festa preferita prima di andare via.
-Probabilmente Halloween.- sussurro dopo quasi trenta secondi di guerra intestina fra il lato di me che non vorrebbe parlarne e quello che ormai se ne frega -Il 31 ottobre è il compleanno di Tiberius, il padre di Juramin, e quindi lui non usciva mai ad Halloween, perché preferiva passare la serata con suo padre. Tiberius però è una persona estremamente abitudinaria e ogni benedetta sera alle dieci e mezza precise si mette il pigiama e va a dormire, perciò tradizione voleva che andassi a bussare alla loro porta alle undici esatte: Juramin mi faceva entrare e poi passavamo la notte a guardare Doctor Who e a mangiare quello che avevo tirato su andando a fare Dolcetto o Scherzetto con mia sorella.-
Mi sfugge un sorriso al ricordo. Uno di quelli che fai distogliendo lo sguardo da tutto il resto, con le labbra che ti si piegano a malapena verso l'alto perché non vuoi davvero sorridere ma ormai hai cominciato. Di quelli che cominci pensando a bei momenti, ma poi a metà strada ti ricordi che la vita fa schifo.
-Posso farti una domanda molto poco delicata?-
Alzo lo sguardo dalla tabella per la prima volta da credo più di un minuto.
Matt mi sta guardando con aria abbastanza seria adesso, e forse... ok, forse non è così ubriaco come pensavo.
-Be', stiamo giocando a Verità o Verità... fare domande indelicate è più o meno lo scopo del gioco.- gli faccio notare.
-Sì, ma non voglio che tu ci stia male, o che ti vengano crisi esistenziali o chissà che altro.-
Be', c'é da dire che anche io preferirei evitare le crisi esistenziali, ma che è anche vero che crisi esistenziale è più o meno nelle mie impostazioni di fabbrica. E che anche se non ho bevuto chissà cosa, ho bevuto abbastanza da essere curioso di sapere cosa voglia chiedermi.
Soppeso la mia lattina. Ne è rimasta più o meno metà, credo. Sospiro e mando giù tutto quello che rimane in un colpo pregando che mi dia coraggio, poi poso a terra la lattina vuota e torno a guardare Matt.
-Adesso puoi chiedermi quello che vuoi...- dichiaro, con molta più sicurezza di quanta non ne abbia veramente -Al limite mi riservo di non risponderti...-
-Ok.- bisbiglia fra sé e sé annuendo piano. Sta giochicchiando un po' con l'anello, anche se non riesce a coordinare bene le dita. -Ti... ti piace ancora? Juramin, intendo.-
Per un attimo non sono sicuro di aver capito bene cosa mi stia chiedendo, e anche quando lo capisco, ci metto un po' a calmarmi abbastanza da essere in grado di fermarmi e cercare di pensare a una risposta.
Se devo essere del tutto sincero, ci metto quasi dieci secondi solo ad accorgermi che ho smesso di respirare, e altri due a rendermi conto che forse dovrei ricominciare.
Ed è stupido, perché non ci ho mai pensato. E non so come cazzo ho fatto a non pensarci, in effetti, perché se dopo sei anni da quando sei scappato di casa incontri il tuo migliore amico di una vita per cui avevi una cotta terrificante, ci si aspetta che Ho ancora una cotta terrificante per lui? sia la prima cazzo di domanda che ti fai. E se non la prima, come minimo una delle prime... che ne so, sette.
Io invece non ci ho pensato, non mi è nemmeno passato per la testa di chiedermelo. A volte mi chiedo come cazzo sia possibile che io sia cosi coglione.
-Non lo so.- confesso. Suona come se fosse una sorpresa anche per me, il che è più o meno vero. Più vero di quando non mi piaccia ammettere.
Perché potrei stare qui a pensarci per ore, grattandomi il sopracciglio sinistro fino a farlo sanguinare, ma non saprei rispondere. Ed è una cosa che un po' mi sorprende, perché negli ultimi anni avevo cominciato a vedere Juramin come una parte archiviata della mia vita. Qualcuno che avevo perso e basta... e avevo cominciato a pensare a lui come "il mio migliore amico per cui avevo una cotta" e invece adesso è ripiombato nella mia esistenza come una meteora, ben lontano dall'essere archiviato e ben lontano dall'essere qualcosa a cui ci si può riferire con i verbi al passato senza avere la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato.
-Perché hai i capelli rosa?- chiedo, tanto per cambiare argomento.
Matt sembra ancora un po' confuso dalla mia risposta di prima, ma ci mette poco a riscuotersi e a sorridere.
-Se fossi un po' meno ubriaco e se tu mi piacessi un po' meno, probabilmente mi rifiuterei di rispondere.- comincia. E sorride, ma sta ancora giocando con l'anello, quindi è nervoso. Perché è nervoso?
-Ma, tu ti sei aperto e comunque credo di potermi fidare di te e del fatto che non griderai alla blasfemia o a che diavolo ne so io, quindi credo che adesso tocchi a me.-
Prende un respiro profondo e mi guarda dritto in faccia, come se dovesse dirmi che sa dov'é nascosto il Santo Graal o qualcosa del genere.
-Io... be', è un po' difficile da spiegare, ma per la prima parte della mia vita non ero fisicamente un ragazzo. Prima dei sedici anni o giù di lì mi chiamavo Madison e... be', tecnicamente ero una ragazza. In un certo senso sono sempre stato diverso, ma nella mia famiglia nessuno cercava di impormi niente e perciò non mi pesava più di tanto... per i primi quattordici anni e qualcosa nemmeno me ne rendevo conto: ero il classico tomboy, avevo i capelli corti e mi vestivo praticamente solo di flanella e jeans e non me ne fregava niente... poi però ci si è messa di mezzo la pubertà e... be', sai com'é. Ho cominciato ad avere curve che non volevo avere, anche se grazie a Dio comunque nella mia famiglia nessuna ha mai avuto tutta 'sta gran carrozzeria e più che una seconda scarsa avevo una prima abbondante... e la persona che vedevo nello specchio ha cominciato ad assomigliare sempre meno a quello che pensavo di essere. A sedici anni ho fatto coming out e boom, eccomi qua.- borbotta. E... be', è una cosa estremamente lunga da borbottare, ma lui la dice cosi piano che a malapena lo sento, e arrossisce in un modo che ha un che di adorabile.
-Quindi... per farla breve, sei trans.- dico.
E... be', complimenti a me per il tatto... anche se in effetti mica è un insulto... però, spiega un po' di cose: tipo il fatto che abbia le mani piccole e le dita sottili o che non si cambi mai davanti ad Alice o a me, per esempio. O che a volte, quando è particolarmente felice, la voce gli vada su fino a note improbabili (anche se non sono del tutto sicuro che questa cosa c'entri più di tanto). E... be', spiega perché quella volta che Alice mi ha chiamato alle cinque della mattina per dirmi che aveva trovato un chitarrista continuava a ripetermi che era un ragazzo.
-Non sembri sorpreso.- nota Matt.
-No, be'... all'inizio avevo i miei sospetti.- ammetto -Ma non è che tu non sia virile abbastanza!- mi affretto ad aggiungere -È che la prima volta che Alice mi ha parlato di te continuava a calcare sui pronomi e... bo', mi è venuto il presentimento. Ma da solo non ci sarei mai arrivato... anzi, a essere sincero era da credo la prima volta che ci siamo visti che non ci pensavo...-
-Be'... grazie, immagino.-
-Di niente... e... i tuoi come l'hanno presa?-
-Oh, loro sono stati impagabili... a loro bastava che io fossi a posto con me stesso, quindi mi hanno sempre appoggiato.-
-Sei un ragazzo fortunato, Matthew.- dico, lasciandomi andare con la schiena contro il letto di Alice, dietro di me.
Non so perché, ma comincia a venirmi sonno... il che è ridicolo, perché se tutto va bene saranno tipo le undici e mezza.
-Sai, non è mai stato Matthew. Mi chiamavano Mattie prima che facessi coming out, e dopo è semplicemente diventato Matt.- mi spiega.
-Quindi tu legalmente ti chiami Matt?-
-Matt White.- precisa.
-Be', sei doppiamente un ragazzo fortunato, Matthew.- dichiaro -Però mi resta un dubbio. Perché i capelli rosa?-
Matt riprende a strofinarsi il mento con le dita come fa quando pensa... il che vuol dire che ha perso il filo... fantastico.
-In un certo senso...- esordisce -Dopo che ho cominciato la transizione, volevo qualcosa che mi ricordasse da dove ero partito... voglio dire: non so se sarò mai l'uomo che vorrei essere, ok? Né fisicamente, né moralmente... però sono per strada: ci sto provando e un passo alla volta, magari un giorno ci arriverò. Volevo qualcosa che mi ricordasse che in qualche modo sono cambiato e sto cambiando per diventare chi voglio essere... e be', cosa meglio del rosa per ricordarmelo? Una volta avevo le t-shirt rosa, ma poi un paio di anni fa sono partito con la cosa delle lavatrici grigie e ho cominciato a tingermi i capelli.-
-Sono due anni che ti tingi i capelli?- esclamo.
Lui fa spallucce -La vicina di Alice mi fa lo sconto.-
Per un attimo restiamo zitti, e poi scoppiamo a ridere tutti e due.
-Devi avere dei capelli magici.- balbetto, ancora ridendo -Una volta mi sono tinto di nero e ho avuto i capelli secchi e rovinati per dei mesi.-
-La vicina di Alice usa roba buona. Più una specie di schifo soprannaturale che in teoria li aiuta a non sfibrarsi o non so cosa. So solo che funziona.-
Matt sbadiglia.
Allora non sono l'unico che ha sonno.
-Quando abbiamo smesso di giocare a Scarabeo?- chiede, con lo sguardo confuso che saetta da me al tabellone.
Mi sistemo gli occhiali e guardo l'orologio sul telefono.
Ci ha messo trentatré minuti.
Sorrido.

ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA

Ok lo dirò chiaramente fin d'ora: se vedo anche solo un commento transfobico non posto più finché non ricomincia la scuola. Siete avvisati. Ora non offendetevi, non è che pensi che siate brutta gente o altro, anzi, penso che siate tutti belle persone, ma preferisco andare sul sicuro.
Cooooomunque. Ok. Chi se lo aspettava? Ci sta, secondo voi? Sono curiosa di sapere cosa ne pensate.
Bon, detto questo, passiamo alle notizie: sto pensando di postare in blocco i prossimi quattro/cinque capitoli. Sto scrivendo il capitolo 21 al momento (o 20? Ho perso il conto...) e sono dannatamente impaziente di arrivarci con la pubblicazione quindi sto pensando seriamente di pubblicare e basta e poi andare avanti a postare man mano che scrivo. Sarò molto meno regolare, ma in fondo non sono regolare neanche adesso so ceste.
Tenete conto che prevedo un totale di 26/27 capitoli o forse un po' meno, perciò se facessi il mega boom adesso se tutto andasse bene ora di fine estate o al massimo settembre avrei finito.
Non lo so, sono molto indecisa se farlo o meno, quindi spero che qualcuno mi dia una dritta.
Passando ad affari meno affarosi, mi è stata chiesta un'opinione su Post Traumatic qualche giorno fa e oggi, con una settimana o giù di lì di ritardo, sono riuscita finalmente a mettere le mani su un paio di cuffie decenti (le mie mi hanno lasciato a fine maggio, e fra scuola e ASL non avevo avuto il tempo di sostituirle) e ascoltarmelo.
Ora, io non sono una critica musicale. Anzi, non ho idea di come si faccia musica pur avendo suonato il piano (male) per metà della mia vita, ho un orecchio (e una memoria uditiva) che fanno cagare e di per sé non mi considero una persona in grado di dare un buon giudizio sulla musica che ascolta.
Però devo dire che Post Traumatic mi è piaciuto.
Ci sono un paio di canzoni che non mi sono piaciute, ma nel complesso secondo me non è un brutto album. Credo che abbia un sound abbastanza interessante e che devo dire non mi dispiace affatto, e alcune canzoni hanno dei testi parecchio belli. Dovendo fare una top three, direi che le mie tre canzoni preferite sono Ghosts, Promises I can't keep e Nothing Makes Sense Anymore. Più va detto che adoro Mike, e che lo stimo un sacco per come si sta tirando su, quindi se anche l'album facesse cagare, cosa che secondo me non fa, sarei abbastanza contenta lo stesso anche per il solo fatto che abbia ricominciato a fare musica.
Ok, ora la smetto di sparar monate.
Notte gente!
Cursed_Soldier

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