17.
XanaxOra dirò una cosa che, sarei pronto a scommetterci l'anima, non stupirà nessuno: la prima volta che mi sono ubriacato ero con Juramin.
Era Halloween, avevamo quindici anni e non so chi dei due aveva trovato una bottiglia di vodka alla fragola non so dove... e siccome eravamo due deficienti con i controfiocchi, le cromature e i cerchi in lega di serie, eravamo convinti che la vodka alla fragola fosse roba da ragazzine e avevamo avuto la brillante idea di fare a gara a chi riusciva a buttare giù più shot. Non era la prima volta che bevevamo, non esattamente: prima c'era stata qualche birra sgraffignata qua e là a qualche festival estivo e qualche bicchiere di vino ogni tanto a tavola quando mia madre non guardava, ma quella è stata la prima volta in assoluto in cui sono arrivato a stare male il giorno dopo.
Insomma, per farla breve: abbiamo cominciato a bere alle undici e alle undici e mezza, dopo quattro shot e mezzo (ci tengo a sottolineare l'e mezzo perché per uno alto quasi due metri, ubriacarsi con quattro shot di vodka alla fragola è abbastanza umiliante. Anche se bere non mi è mai piaciuto più di tanto e se all'epoca avevo quindici anni e non ero alto due metri.) a testa eravamo già belli che andati. Credo di non aver mai riso così tanto in vita mia, almeno finché non ho cominciato a stare male.
Comunque la cosa veramente importante di quella notte è che è stata la notte in cui ho scoperto perché Juramin scriveva. Voglio dire, l'avevo sempre saputo che lo faceva... praticamente fin da quando abbiamo imparato a scrivere: inventava storie e personaggi e riempiva pagine e pagine in una calligrafia che diventava sempre più fottutamente minuscola man mano che crescevamo... e ogni fottutissima volta che aveva un momento libero o che non aveva voglia di ascoltare in classe o semplicemente per un qualunque cazzo di motivo si annoiava, lui prendeva in mano una penna e scriveva.
Lo avevo sempre saputo, che lo faceva, ma non avevo mai saputo perché lo facesse, e non mi era mai dispiaciuto più di tanto non saperlo perché pensavo che avesse il diritto di tenersi per sé i fatti suoi, ma, come ho poi certificato in seguito, l'alcool mi rende curioso, e quella notte sapere perché il mio migliore amico avesse una tale passione per le parole mi sembrava questione di vita o di morte.
E così gliel'ho chiesto, e ho scoperto anche che se a me viene voglia di fare domande, quando sono ubriaco, a Juramin viene voglia di raccontare cose.
-Perché la vita fa schifo, Alaster, e a volte mi succedono o sento cose che non posso raccontare in giro.- mi ha detto -Perché io sono quello che sta sempre bene, e devo tener su la facciata. Però alla carta posso parlare, capisci? Senza deludere aspettative, senza far capire che sono meno forte di quello che sembro... e aiuta. Mi aiuta a restare sano.-
-A me però puoi parlare di tutto.- gli ho risposto, ed era una promessa.
Perché davvero, Juramin avrebbe potuto dirmi di aver ucciso un uomo, e il mio primo pensiero sarebbe stato chiedergli se aveva bisogno di aiuto per far sparire il cadavere.
-Lo so.- ha borbottato lui ridacchiando -Ma ci sono cose che non è giusto che ti dica... pesi che non è giusto condividere. Tu hai i tuoi problemi, Myles, e sono contento che me ne parli perché mi piace pensare di aiutarti ad affrontarli, ma i miei... non mi sembra giusto scaricarti addosso anche i miei.-
E da lì in poi ho smesso di ridere e ho passato la mia prima notte da ubriaco a pensare al dolore. Perché al mio io quindicenne e ubriaco sembrava ovvio che Juramin stava male e quindi si era prefisso come missione per quella oscura notte di Halloween di capire cosa volesse dire stare male.
Perché nessuno ti da mai la definizione di dolore: metà della gente che la conosce non ha voglia di parlarne, e l'altra metà da per scontato che se non sei un completo idiota prima o poi ci arriverai da solo... e se anche magari qualcuno prova a spiegartelo, ti dice che è quella cosa che ti prende lo stomaco quando sei da solo in bagno e ti guardi allo specchio e ti rendi conto che sei solo e che stai sprecando la tua vita e che la fottuta pistola (quasi di sicuro) illegale che tieni nell'armadietto si sta facendo sempre più allettante, ma io non credo che sia quello. Cioè, voglio dire: è anche quello, ma se dovessi descriverlo non userei quel particolare esempio.
STAI LEGGENDO
One More Light
AcakNella vita di una persona di solito ci sono sempre un sacco di cose. Lavoro, amici, amore, musica, cani e altre cazzate del genere. Nella vita di Myles Campbell, protagonista suo malgrado della sua stessa storia, non c'é niente. Solo depressione, u...