capitolo 11

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Corro, corro forte. Ma perché quando servono le persone non le trovi manco a pagarle?

Corro, forte, tremendamente veloce. Diavolo, devo sbrigarmi. Esistono alcuni momenti in cui una spigliata velocità e un allenamento favorevole alla corsa risultano quasi indispensabili, e magari ci si sente in colpa per tutti quei biscotti e cucchiai di Nutella mangiati: ecco, questo è esattamente uno di quei momenti.

Mi giro, lei è lì a guardarmi. Perché a me? Eh? Perché a me? Sono stata sempre buona e gentile con tutti. Oh, andiamo, ma chi voglio prendere in giro? Okay, forse non sono esattamente l'incarnazione della gentilezza perenna, ma almeno cerco sempre di aiutare il prossimo e chi mi circonda. Però ora chi aiuterà me?

Mi volto e continuo a correre. Corro talmente forte che non sento più le gambe.

Pian piano, la velocità diminuisce e sento una voce in lontananza.

Ansimando, mi blocco. È la sua voce.

"Valentina, perché mi fai questo? Mi avevi fatto una promessa, e ora guarda cos'è successo... tutto per colpa tua!"

Tremo a causa della paura e della rabbia, che è stata per fin troppo tempo repressa.

I miei piedi si fermano di botto, quasi come se avessero vita propria, mi giro lentamente e la vedo: è ferma, con gli occhi contornati dalla stanchezza e il volto deluso, deluso da me.

"Non è di certo colpa mia se non sei stata forte sin dall'inizio! Non dovevi cedere alle tue tentazioni! Sapevi benissimo l'esito di quelle azioni, ma invece non te n'è importato un bel niente. Tanto è sempre stato così per te, non è vero? Ti è sempre stato servito tutto su un piatto d'argento. Ti bastava schioccare due dita e tutti erano ai tuoi piedi. Avevi tutto, ma hai comunque preferito rovinare le vite altrui, immischiando anche me nelle tue sporche situazioni. E sai benissimo che è così, quindi, non osare dare la colpa di tutto questo a me! Io non voglio perderlo a causa tua! Mi hai sentito bene? NON VOGLIO!"

Lei, come se niente fosse, si accascia sul pavimento di marmo, ormai priva di forze. La vedo scomparire pian piano, i contorni della sua esile figura diventano sempre meno nitidi, così come quelle rughe intorno agli occhi e alla bocca, seppur la ragazza di fronte a me sia tanto giovane. E non riconosco più quella che un tempo era la parte più importante della mia quotidianità.

"Non andartene! Cosa gli dirò, quando vorrà sapere di suo padre? Cosa gli dirò quando vorrà sapere perché non gli ho mai detto chi era la donna che ha rovinato la sua vita? Non posso mantenere il tuo segreto. Non posso!"

"Questo non è il MIO segreto... Q-questo è... è... il N-NOSTRO segreto..."

Dice a fatica, prima di sparire del tutto sotto i miei occhi e di attuare così la sua uscita di scena.

"NON POSSO! NON MANTERRÒ QUESTO SEGRETO! NON POSSO!" urlo disperatamente, con tutta l'aria che ho nei polmoni.

Vengo strattonata da una presa forte sul mio braccio destro.

<<Cavolo, Pulce, svegliati. È stato solo un incubo, calmati.>>

Ancora tremante, apro gli occhi e mi guardo intorno.

Mi trovo nella mia stanza, con le coperte bianche buttate al lato sinistro del letto e la fronte imperlata di sudore.

Vincenzo mi sta vicino, con una mano appoggiata sul mio fianco destro e l'altra che mi accarezza i capelli per tranquillizzarmi, e questa situazione non mi piace per niente.

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