Nel modo in cui cade la neve

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Ringrazio di cuore @DreamsEater per avermi permesso di utilizzare come titolo capitolo, il titolo della sua storia.

Le pareti erano così buie e strette da procurarmi un oppressivo senso di claustrofobia. Le mani che mi stringono, le voci che ridono, che dicono cose orribili.

«Tenetela ferma» ordina, colui che si è erto a capo.

Il sudore che scende copioso a voler far capire quanto io sappia, quanto io mi aspetti quell'inevitabile conclusione.

Nella penombra riesco comunque a percepire i movimenti: le mani che aprono lo strumento, quel piccolo pezzo che vi scivola all'interno.

Un singulto vuole uscire, ma così come la rugiada, muore all'interno della mia gola. E poi il colpo.

Veloce, ben calibrato e con tutta la forza necessaria; guidata soltanto dalla pura rabbia, forse follia.

Il dolore esplode irradiandosi come una miriade di coltellate, il bruciore che mi lascia senza fiato, facendomi scendere le lacrime, che si mescolano al sudore.

Tremo; per la paura dovuta a quello che so mi aspetterà.

Un nuovo colpo, questa volta accompagnato da dei versi striduli. Non si possono definire vere e proprie risate, o tuttalpiù dei ghigni malefici.

Adesso è il turno del braccio, che si piega a quel dolore così forte, mentre io non emetto un fiato. Farlo sarebbe inutile; non c'è compassione in loro, non c'è sentimento né umanità.

Sento che rotea l'attrezzo, per poi calarlo impietosamente sul mio addome, già abbondantemente provato. Questa volta urlo di dolore, paura, stanchezza.

Ma serve a sortire l'effetto opposto, come se fosse, per loro, una scarica adrenalinica. Si accanisce ancora e ancora, fino a che non resto senza fiato, ingoiata in quella voragine.

Piango, sperando in non so cosa.

Lo sento avvicinarsi, nello stesso identico modo in cui un animale ferito avverte la presenza del predatore, con la certezza di non potergli sfuggire. Non potrei neppure se lo volessi: io sono sola, loro in quattro.

Alza il braccio, sta per calare l'ultima volta la sua arma su di me, per uccidermi.

La porta si spalanca d'un tratto, sbattendo contro il muro e producendo un clangore metallico.

Ed è a causa della luce che non riesco a vederlo, a riconoscerlo, fino a che non parla.

«Sei morto, lo siete tutti».

La gratitudine sfocia come una cascata; quelle limpide e trasparenti, che si trovano sugli atlanti, sulle guide turistiche.

«Provaci, stronzo. Sarà lei a pagarne il prezzo» ribatte il bullo.

«Difficile, se vi uccido prima io» sento la rabbia che trapela, nonostante il suo tono sia calmo e pacato.

«Lasciala subito e non ti staccherò la testa dal collo» lo minaccia di nuovo.

A dispetto di ciò che credevo, il ragazzo che mi ha immobilizzata mi libera.

Deve avere più paura di lui che del suo capo, e ne ha tutte le ragioni. Crollo supina cercando disperatamente di incamerare quell'aria, che è così refrattaria al volersi far catturare.

«Ti porto fuori» mi dice, per prendermi subito dopo in braccio.

Emetto solo un verso strozzato, quando le sue braccia entrano in contatto con le mie parti doloranti.

SIAE. The Choice. SU Pubblicato 07/07/2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora