Incredibile

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«Vorrei passare del tempo con te, come facevamo una volta, da bambini» la sua richiesta è questa, contrariamente a cosa mi aspettavo.
«Non lo so, Car, mi hai trattata male, con freddezza. E di punto in bianco vuoi riallacciare il rapporto. C'è qualcosa sotto?»
Si mette seduto, sistemandosi i capelli.
«In effetti, sì. Non desidero solo amicizia, da te. Vorrei...» lo fermo prima che dica quelle parole.
«Non posso, Caronte. Sei sposato e io non sono una che ruba il marito ad un'altra.» Non sento ragioni, è così e basta.
«Io non sono suo. Te l'ho detto, l'ho sposata per tantissime ragioni, tutte sbagliate.»
«Questo non fa testo. Resta comunque tua moglie, quali che siano le motivazioni che ti hanno portato a sposarla.»
Mi alzo, mettendo della distanza tra di noi.
Anche se la sua proposta è inopportuna, i miei sentimenti verso di lui non si sono mai affievoliti. Lo amavo quando ero più piccola, lo amo ancora adesso.
«Minnie...» anche stavolta lo interrompo.
«Ti conosco, Car, so come ragioni. Il motivo recondito della tua proposta è che vuoi farmela pagare, per non so quale motivo.
Venire a letto con me, iniziare una tresca e, magari, in futuro, spiattellarla ai quattro venti, per farmi perdere la reputazione.
Sei sempre stato un bravo ragazzo con me, ma non dimentico certi aspetti del tuo carattere. Quindi, in definitiva, la mia risposta è no.»
Sorride crudele.
«Sei sempre sveglia, non c'è che dire. Ma ricordati, prima o poi cadrai nella mia rete, biscottino. E sarai tu a volerlo.»
Si rimette in piedi, si sistema i vestiti e mi sorpassa, lanciandomi uno sguardo di odio allo stato puro.
«Addio, Caronte. Ti auguro una buona vita.»
Sussurro, prima di lasciare che il dolore mi devasti.

Mi appoggio al tavolino, sentendo l'afflizione fuoriuscire. Mi avvolge nelle sue spire, come un serpente.
Qualunque cosa creda che gli abbia fatto lo ha incattivito, anche se non mi spiego che cosa possa essere.
Mi circondo il busto con le braccia, come fossero uno scudo che mi protegge. Chino il capo, reprimendo a stento i singhiozzi.
Lo ricordo quattordicenne, poco prima che mi strappassero a lui, al suo amore.
Era molto bello, anche se di una bellezza acerba. I grandi occhi azzurri e splendenti, la bocca sempre aperta ad un sorriso.
Adesso è ombroso, irato, sofferente.
Vorrei chiedere, sapere, capire, ma mi manca il coraggio.
Faccio dei piccoli respiri, di modo che l'ansia e tutto il resto si attenui.
«Respira, Min, respira.»
Mi incito da sola, cercando la motivazione a cui aggrapparmi.

«Nerva?» La voce di mio fratello mi scuote dal torpore in cui mi sono lasciata cadere.
«Ehi, Mars, tutto bene. Adesso arrivo, stavo solo riposando» mento, ma è inevitabile. È troppo giovane per prendersi sulle spalle anche le mie paturnie.
«Okay, stanno per tagliare la torta. Mamma e papà mi hanno mandato a cercarti. Sei sicura di stare bene, hai la voce strana» non lo convinco, è troppo scaltro per bersela.
«Ho bevuto troppo, ma non dirlo a nessuno. Mi rinfresco un attimo e scendo.»
Una mezza verità.

Entro nel bagno e mi do una sistemata. Qualche minuto più tardi raggiungo la mia famiglia e gli ospiti, nel pieno della festa.
«Eccoti, ma dov'eri finita?» La mamma e Kate quasi lo dicono all'unisono.
«Ero a riposare. Sono stanca» che fatica mentire.
Il tradizionale taglio della torta avviene come sempre nel modo più chiassoso.
I camerieri distribuiscono solertemente i piatti con le fette.
Mi ritrovo tra le mani il piattino con la mia porzione; ma di tutto ho voglia tranne che di dolci.
«Se non la vuoi la mangio io» mio fratello è sempre il solito, abbuffarsi è la regola, per lui.
Gli passo il piatto in silenzio, lui lo prende ed inizia a divorare il contenuto.
Mi guardo attorno, cercandolo. È un po' discosto rispetto agli altri, in un angolo da solo. Osserva con aria maliziosa le donne presenti. Mi metto nei panni della moglie, cercando di capire come possa sopportare quella palese mancanza di rispetto.
Persa nei miei pensieri non mi accorgo della sua sparizione.
Poco male, fa bene a me se lui è lontano.

«Wow, l'ho appena visto sgattaiolare via con una cameriera. Poveretta, quella, ha più corna di un cervo» Kate mi rivela questo ghiotto pettegolezzo, almeno per lei.
«Scusate, non mi sento bene, torno a casa. Porgete i miei saluti ai padroni di casa.»
Senza indugiare o aspettare una loro replica mi allontano, correndo come se fossi inseguita dal diavolo in persona.

SIAE. The Choice. SU Pubblicato 07/07/2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora