Non può essere

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«Ho pensato che lasciarti un po' di spazio fosse la cosa migliore.
Ma adesso mi stai preoccupando; sei rimasta in silenzio per tutto il giorno, compresa la cena. Che cosa è successo?»
La mamma è in ansia, vedendo la mia reazione.
«Semplice: sono stata silurata da un'avvenente bionda, strizzata in un mini abito rosso e col seno rifatto.
È un'ingiustizia! Sono competente e preparata, mi sono vestita in modo elegante, senza traccia di sciatteria, ma non è bastato lo stesso.»
Finalmente butto fuori quel tarlo che tanto mi ha rosa per tutto il giorno.
«Mi dispiace tesoro. Purtroppo, oggi come oggi, viviamo in un mondo fatto di apparenze e superficialità. Ma non devi buttarti giù, ci saranno di certo altre occasioni.
E comunque, la proposta di papà resta sempre valida.»
Mio padre mi ha offerto molte volte un posto nell'azienda di famiglia. Ma ho sempre rifiutato, perché non voglio privilegi.
«Mamma, sai bene che non posso accettare. Verrei vista come la figlia del capo e non otterrei il rispetto che merito, anche se gli sono grata.» Difendo la mia posizione.
«Non è vero e lo sai bene. Cominceresti dal fondo, ti spezzeresti la schiena come tutti. Papà non ti darebbe un posto di riguardo, sai bene com'è fatto» stavolta mi tenta e neppure poco.
«Non lo so. Sono confusa, voglio rifletterci un po' sopra.
Entro la fine della settimana deciderò, sempre che la sua offerta sia valida.»
«Va bene, tesoro. Ti lascio preparare.
Mi raccomando, fai attenzione.»
Faccio un mezzo sorriso. È sempre così materna. La amo molto.

Un'occhiata all'orologio mi dice che è tardi e devo sbrigarmi.
Ho scelto un abito color pesca, con spalline fini e un po' di pizzo.
In pendant con le scarpe aperte e zeppa, color rosa antico.
Metto anche la catenina con la M e gli orecchini a pendente.
Un filo di trucco, solo un po' di mascara, e sono pronta.
Giusto in tempo per l'arrivo delle ragazze.
Le sento di sotto che parlano con mia madre. Esco dalla camera, urlo un saluto a Marte e scendo le scale.

«Ehi, finalmente! Dai, andiamo. Se facciamo tardi ci fregano il posto.» Kate è sempre impaziente come al solito. Vive di fretta, ogni giorno della sua vita, come se le mancasse il tempo.
Saluto i miei genitori e le seguo all'auto.
«Ho proprio intenzione di fare follie, stasera. Alla faccia di chi sapete voi» si riferisce a Connor, il suo ex fidanzato.
Si sono lasciati sei mesi fa, quando lo ha scoperto a letto con... Marcus.
C'è rimasta male, distrutta, non avendo mai capito che in realtà la usava per celare a tutti la sua vera predilezione sessuale.
Ma si è ripresa, più o meno.
Parliamo del mio colloquio per tutto il tragitto; sono concordi con me, nell'affermare che è stata una vera e propria carognata, quella che mi è stata riservata.
Mi infondono anche tanta forza, garantendomi la riuscita, nel prossimo appuntamento. Anche se, a loro insaputa, sto davvero valutando di entrare nell'azienda di famiglia.

Quando arriviamo c'è già una fila chilometrica. Tiro un sospiro, pensando che, grazie alla lista, non saremo costrette ad attendere.
«Avanti tutta!» Inneggia Kate, partendo in testa del gruppo.
Il buttafuori controlla i nomi, trova i nostri e ci lascia entrare, togliendo il cordolo rosso delimitante.
E come sempre aveva ragione la nostra amica; è davvero eccezionale questo posto!
La pista da ballo è immensa, già piena di corpi sudati e vitali, che si scatenano al suo interno.
In fondo c'è il palco con la consolle del dj, illuminata da luci stroboscopiche e una moltitudine di faretti.
La zona dei tavoli è sulla parte destra, da cui vi si può accedere grazie ad una piccola scalinata. È rialzata rispetto al resto.
Ci sono dei divanetti neri sparsi ad ogni angolo e la zona bar, sulla sinistra, in cui stanno lavorando tre barman in divisa.
«Wow, è fantastico!» Strilla Karen, per farsi sentire da sopra la musica.
«Andiamo a reclamare il nostro tavolo. Voglio tenere d'occhio tutta la sala, in cerca di qualche bel fusto.» Un'altra uscita in stile, di Kate.
Scoppiamo a ridere e la seguiamo prontamente.
Accediamo alla zona riservata, cercando sui tavoli il segnaposto col cognome di Kate.
«Eccolo qua! Proprio nel migliore degli angoli, da dove si può vedere tutto.»
Ed è così, sono certa che abbia fatto delle richieste specifiche, al poveraccio che le ha preso la prenotazione.
«Con che cosa cominciamo?» Lisa pensa già ai cocktail.
Ognuna di noi esprime la sua preferenza, per poi riferire il tutto al cameriere, che si è appena avvicinato.
«Ragazze, vi devo confessare una cosa. Ho deciso di accettare l'offerta di mio padre e lavorare nell'azienda di famiglia.»
So che avevo deciso di prendermi del tempo, ma a che pro?
«Brava, è un'ottima decisione. Anche se farai tanta gavetta, nessuno potrà portarti via il lavoro.» Sandra è con me, mentre le altre due riflettono sulla notizia appena data.
«Ma sì, alla fine è pur sempre un lavoro. Oh, ecco i drink, direi che sia il caso di festeggiare!»
Non appena il ragazzo posa i bicchieri sul tavolo, li prendiamo e li alziamo intonando un brindisi.
«A Minnie, che la fortuna giri per il verso giusto!»

Dopo il primo giro di bevute, decidiamo di scatenarci in pista.
Lasciamo le giacche sul divano, nascondendoci sotto le borse e, mano nella mano, ci dirigiamo verso il centro della sala da ballo.
Ignoriamo le spinte delle persone che ci cozzano addosso, godendoci solo la spensieratezza e l'euforia.
Riusciamo a trovare un piccolo spazio che ci possa ospitare.
Ci muoviamo a ritmo, guardandoci e ridendo. Facciamo dei piccoli salti, delle giravolte, continuando a sghignazzare.
Il clima è festoso e disteso, proprio quello di cui necessitavo.
Almeno fino a quando...

«Ehi, ragazze! Possiamo unirci a voi?» Un gruppo di quattro ragazzi si è avvicinato senza essere invitato.
«Grazie, ma è una serata tra amiche.» Kate prende subito in mano la situazione.
«Dai, solo un drink e qualche ballo, niente di più» afferma ancora, lo stesso tipo.
«No, grazie. Vogliamo solo stare tranquille, tra di noi» Sandra dice la sua, ma a quanto pare i quattro sono duri d'orecchio, perché si avvicinano ancora, anziché fare dietrofront.
Ci prendiamo per mano, tentando di allontanarci.
Uno di loro mi blocca, prendendomi per l'avambraccio.
«Non fate tanto le preziose, siamo in cerca di divertimento, come voi.»
Non hanno proprio capito.
Provo a liberarmi dalla stretta, ma lui stringe la presa e mi strattona.
«Ehi, stronzi, levatevi di torno o finisce male.»
Una voce alle nostre spalle fa immediatamente passare la baldanza al gruppetto.
Arretrano tenendo in alto le mani, come a voler dire di aver capito l'antifona.
«Tutto ok?» Chiede di nuovo il nostro salvatore.
Smetto di massaggiarmi la parte dolente e alzo la testa.
Spalanco gli occhi non appena il mio sguardo si posa su di lui.
È bellissimo: capelli castano chiaro, due occhi blu. Un viso simmetrico, il naso fine e dritto; la bocca carnosa e la mascella volitiva.
Emana forza, coraggio e ha un qualcosa che mi colpisce.
Lo osservo attentamente: indossa la divisa del locale, che lascia scoperti il collo e le braccia.
Ed è allora che lo vedo, soffermandomi su quest'ultimi dettagli.
Il piccolo tatuaggio, che mi riporta indietro, ad un altro tempo, a un'altra vita.
«Stai bene?» Domanda, in reazione al mio stupore e mutismo.
«Io... sì, sto bene.» Incespico nelle parole, quasi balbettando.
Non può essere possibile, non può davvero essere lui.
Resto ferma, immobile, troppo persa nei miei pensieri, nei ricordi.
«Ok. Se serve aiuto sono al bancone» strizza l'occhio e se ne va, tornando a lavorare.

«Minnie, stai bene? Sei bianca come un fantasma.» Scuoto la testa e senza dire altro mi dirigo a passo di marcia verso il bar.
Mi metto nell'angolo, restando ad osservarlo. Noto un piccolo particolare che mi manda in confusione: porta la fede nuziale.
«Ehi» saluta, notandomi.
«Vorrei qualcosa di forte, per favore.» Gli chiedo, in modo da prolungare il mio tempo con lui.
«Ho quello che ti ci vuole» afferma, iniziando a preparare il cocktail misterioso.
«Ecco a te, offre la casa» un gesto gentile, che apprezzo molto.
«Tua moglie non è infastidita dal tuo lavoro?» La domanda mi esce senza riuscire a controllarla.
«Non che io sappia, perché?»
«Oh, niente, ero solo curiosa. Insomma, sei un bel ragazzo, e qui è pieno di donne.» L'imbarazzo cresce a dismisura.
«Non è un problema, per lei. È molto sicura di sé, di me. Anche se...» non termina.
«Anche se?» Chiedo.
Si avvicina, posa i gomiti sul pianale e dice: «portare la fede non evita il tradimento.» Ammicca, palesando il doppio senso.
«Sei uno che tradisce?» Devo sapere.
«Sì. Non la amo, l'ho sposata per motivi sbagliati e quando posso cerco svago con un'altra. A volte più di una.»
Mi spezza il cuore sentirlo parlare così.
Ma più che questo, è il fatto che non mi abbia riconosciuta.
«Capisco. Grazie per il drink, ti auguro buona fortuna.»
Non posso stare davanti a lui un attimo di più.
«Ehi, aspetta! Dimmi almeno come ti chiami.»
Cosa fare adesso, dirgli la verità o inventarne uno di sana pianta?
Mi volto e lo guardo dritto negli occhi.
«Mi chiamo... Minerva. Ciao Caronte.»

Lo shock sul suo viso è palese.
«Minnie?» Sussurra, come se non ci credesse.
«Sì, sono io.» Mi esce un tantino più astioso di quanto volessi.
«Che cosa ci fai qui?» Adesso è il suo tono di essere rabbioso.
«Ci vivo. Tu?» Ignoro l'occhiata bellicosa che mi lancia.
«Mia moglie. Ci siamo trasferiti a causa del suo lavoro.
È stato bello vederti. Si capisce che stai bene, che hai una buona vita. Ti auguro il meglio.»
Dopodiché, terminato questo inconcludente discorso, si volta e si rimette a lavorare, ignaro del dolore che alberga in me, della ferita che ha appena riaperto, con le sue superficiali parole.

SIAE. The Choice. SU Pubblicato 07/07/2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora