Capitolo |5|

952 48 4
                                    

Newt e Minho insistettero per farmi dormire tra di loro. Quando gli chiesi il perché mi risposero che non volevano che qualche pive provasse ad avvicinarsi a me nel sonno; la realtà però era un'altra, per me ugualmente plausibile: non volevano che scomparissi durante la notte.

Comunque passai una notte tranquilla, la prima da quando ero uscita dalla radura; sentire i loro corpi vicino mi rassicurava e, in più, emanavano un calore piacevole che mi fece addormentare nel giro di pochi minuti. Quando ci svegliammo capimmo subito che sarebbe successo presto qualcosa: nel salone trovammo un tavolo pieno di cibo e, in un angolo, una scrivania in legno dietro alla quale stava seduto un uomo di mezza età vestito elegantemente che leggeva un libro. Fu facile per me riconoscerlo -aveva tratti del viso inconfondibili-: Janson, meglio conosciuto come lo stronzo-oltre-ogni-possibile-immaginazione braccio destro della cancelliera, uomo sadico che pensa solo a ciò che può essergli vantaggioso e che farebbe uccidere ogni singolo immune sul pianeta se fosse necessario. Però il nomignolo che gli affibbiarono i ragazzi fu decisamente azzeccato: "uomo ratto".

Inizialmente lo riempirono di domande ma, vedendo che non si degnava di rispondere, si sedettero tutti a terra davanti alla scrivania aspettando che smettesse di ignorarli; io mi accomodai in prima fila accanto a Newt. Finalmente chiuse il libro e si alzò facendo correre lo sguardo sul nostro gruppo; lo fece fermare su di me guardandomi negli occhi con quello sguardo che mi faceva venire voglia di alzarmi e prenderlo a schiaffi. Alzò un angolo delle labbra con uno scintillio divertito negli occhi -sapevo che godesse nel vedermi prendere parte nuovamente alle prove; non gli ero mai piaciuta e la cosa era reciproca-.

Ci spiegò in poche parole quale fosse la seconda prova: dovevamo attraversare il Pass Verticale che si sarebbe aperto su una parete nel giro di un'ora e raggiungere il "porto sicuro" oltre le montagne a nord nel tempo stabilito. Disse che tutti erano stati contagiati volontariamente dall'eruzione per poterne studiare gli effetti sui loro cervelli -e ciò causò un certo panico generale- e che solo se avessimo raggiunto il porto sicuro avremmo ricevuto la cura. Sennò saremmo morti nella zona bruciata. 

Finalmente lui e la scrivania scomparvero nel nulla così come erano comparsi ma Janson fece in tempo a farmi un occhiolino peggiorando nuovamente il mio umore.
Facemmo colazione, il cibo avanzato lo chiudemmo nelle bisacce ricavate dalle lenzuola e riempimmo dei sacchetti d'acqua in mancanza di borracce. Eravamo pronti a partire ma io avevo ancora una cosa da fare. Se davvero li avevano infettati Newt rischiava di impazzire prima del previsto. Lo presi da parte con urgenza chiudendomi con lui in una delle stanze «tutto bene Amy?» chiese scrutando il mio viso con preoccupazione e stringendomi una mano tra le sue
«sì tutto bene. Solo...bevi questo» gli misi in mano la boccetta di siero azzurro che mi aveva dato la Paige «perché? Che cos'è?» chiese di nuovo aggrottando le sopracciglia confuso «ti prego Newt non fare domande. Bevila e basta. Fallo per me» lo implorai con gli occhi; non gli ci volle molto per cedere e berlo tutto in un sol fiato.
Lo abbracciai forte stringendo le braccia attorno al suo collo, sollevata dal fatto che sarebbe rimasto al sicuro dagli effetti del virus almeno per un po'. Mi sussurrò una cosa all'orecchio stringendo di più la presa delle braccia sulla mia vita «non lasciarmi mai più Amy, per favore» «non lo farei mai Newt» sussurrai di rimando nonostante sapessi fosse inevitabile. Stavo mettendo a rischio la mia vita per lui; se mi fossi ammalata sarei diventata uno spaccato.

Appena si aprì il Pass Verticale -una superficie tremolante color argento- entrammo uno dopo l'altro in fila -Minho, Newt e io in testa e Thomas in coda- e ci ritrovammo in un corridoio completamente buio e freddo.
Tutti in fila con le mani sulle spalle di quello davanti per non scontrarci ci mettemmo a correre. Durante il tragitto sentimmo voci inquietanti che ci avvertivano di tornare indietro, che saremmo morti e anche nonostante le palle argentate che volavano in giro a staccare le teste delle persone continuammo ad avanzare.

A un certo punto Minho si fermò «perché ti sei fermato?» chiese Newt «c'è una scala qui davanti. Vado a vedere» sentii i tonfi dei suoi piedi sugli scalini metallici, e il cigolio di una porta che veniva aperta. Dallo spiraglio creatosi sul soffitto uscì una luce abbagliante e una ventata di caldo bruciante perciò il capofila richiuse subito la botola. 
Mi avvolsi un foulard sui capelli e sul viso lasciando scoperti solo gli occhi; sapevo che saremmo sbucati nel mezzo del deserto e se non ci fossimo coperti bene ci saremmo riempiti di ustioni; sentii altre persone coprirsi con le lenzuola. Improvvisamente si sentì un urlo di dolore; Minho aprì leggermente la botola per lasciar entrare la luce che rivelò cosa fosse successo: Winston aveva una di quelle palle attaccate alla testa, l'argento stava colando verso il basso bruciandogli la pelle e soffocandolo. Se non la si fosse bloccata si sarebbe richiusa attorno al collo del povero ragazzo staccandogli la testa. Thomas, che era corso in testa alla fila, lasciò cadere le bisacce e subito si adoperò per strapparla via. Insieme agli sforzi di Winston ci riuscì ma il malcapitato aveva il viso ustionato e sanguinante con i capelli sradicati a ciocche che lasciavano intravedere le piaghe della pelle. Ma almeno era ancora vivo.

Non riuscendo a sopportare la vista della sua carne maciullata spalancai completamente la porta e corsi sui gradini uscendo allo scoperto ritrovandomi nel deserto, al sole e al caldo, in mezzo al nulla.
Sentii Newt chiamarmi allarmato e raggiungermi di corsa subito dopo «oddio che caldo» sollevò il lenzuolo facendosi ombra. 
Mi guardai attorno attonita e vidi le montagne lontane. Ci avremmo messo una vita.

The Maze Runner- The ImmortalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora