Capitolo |3|

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Passai vari giorni a fare sempre le stesse cose: mi svegliavo, facevo colazione, mi lavavo per poi andare nella stanza delle telecamere osservando tutta la giornata dei miei amici e quando me lo permettevano andavo da Alan.
A quanto pareva non era cambiato nulla dopo la mia morte nella Radura, come aveva detto la dottoressa Paige; Thomas si era subito fatto piacere dalla maggior parte dei ragazzi, tranne che da Gally che sembrava lo odiasse e da Alby che sospettava di lui, e Teresa aveva invece creato scompiglio. Invidiavo come quasi tutti la guardassero; ovviamente essendo l'unica ragazza in quel momento riceveva tutte le attenzioni che anche io avevo ricevuto ma la mia paura era che due ragazzi in particolare fossero attratti da lei. In poche ore però realizzai di non avere nulla da temere. Loro due dubitavano di lei più che altro. D'altronde per colpa sua il cielo si era spento e la scatola non era più scesa. Tutti, me compresa, iniziavano davvero ad essere allarmati.

Una delle tante mattine svolsi la solita routine finché non andai nella stanza delle telecamere. Notai, con una certa preoccupazione, che la maggior parte dei radurai, tranne il mio Gally e una manciata di altri ragazzi, erano entrati nel labirinto. Probabilmente era successo qualcosa di notte di cui non ero a conoscenza -visto che ero obbligata a rientrare in camera a un certo orario-
Li seguii con una scacertola per tenerli d'occhio. Poco dopo desiderai di non averlo mai fatto.

Li vidi dirigersi verso la scarpata, dove secondo Thomas e Minho si trovava l'uscita, e combattere contro i dolenti. Fu un bagno di sangue; vidi molti dei miei compagni uccisi senza pietà, piansi per Alby che si era sacrificato per primo, per Jeff e Clint e per tutti gli altri morti tra le fauci dei dolenti. Almeno Gally era al sicuro nella radura, Chuck non stava combattendo e Newt e Minho se la cavavano egregiamente lottando con furia e coraggio. Erano determinati a scappare.

Improvvisamente Ava Paige entrò nella stanza interrompendomi, allora mi asciugai le lacrime e la seguii tristemente. Ancora non avevo ricordi ben precisi su di lei, nonostante continuasse ad affermare che ci conoscessimo da molto tempo. Sapevo che fosse la cancelliera di quella compagnia, la W.I.C.K.E.D., che stava cercando di trovare una cura all'eruzione -la malattia che ormai devastava il mondo infettando e facendo deteriorare il cervello umano-. Ricordavo di far parte di quella società e mi pareva di essere abbastanza importante; solo che non ricordavo in che modo fossi legata alla cancelliera.
Mi portò nel suo ufficio e mi fece sedere sulla sedia dal lato opposto della scrivania rispetto a dove si accomodò lei «Ho una notizia per te. Oggi verrai trasferita. Ma prima voglio sapere da che parte stai»
«in che senso trasferita? E dove li manderete quando usciranno dal labirinto?»
«verranno mandati in una delle nostre strutture e tu li raggiungerai. Solo che prima mi serve sapere se stai dalla mia parte o dalla loro» incrociò le dita davanti alla bocca guardandomi seria
Ci riflettei attentamente
«cosa gli farete ora? Verranno liberati?»
«continueranno le loro prove. Siamo molto vicini a creare la cianografia che ci permetterà di trovare una cura»
«rimarrò con loro» dissi decisa. Non avevo dubbi a riguardo. Non volevo più guardarli soffrire da lontano.
«voi li state uccidendo. Non mi sembra per niente corretto che io non subisca la loro stessa condanna dal momento che anche io sono stata mandata nel labirinto.» aggiunsi sollevando il mento guardandola con fermezza.
«ne sei sicura Amelia? Potresti vivere qui con tuo figlio, al sicuro» provò di nuovo a persuadermi ma la mia scelta era stata presa. Per quanto mi spezzasse il cuore Alan era al sicuro in quel posto; i miei amici no. «assolutamente no. Dal momento in cui sono arrivata nella Radura il mio destino è uguale a quello degli altri. Non sono egoista come te, che hai usato le tue stupide macchine per riportare in vita me ma non quei poveri ragazzi che hai mandato a morire»
«va bene, come preferisci. Ma voglio dirti solo un'altra cosa» mi porse una collanina con attaccata una boccetta riempita di un liquido azzurro «Devi sapere che esistono soggetti immuni e non immuni all'eruzione. Alcuni dei tuoi compagni lo sono, altri no» la ascoltai attentamente e iniziai a sudare freddo temendo le successive parole.
«purtroppo nemmeno tu sei immune; mia cara. Questo siero rallenterà l'azione del virus quando verrai infettata, sperando che basti fino a quando non avremmo trovato la cura definitiva o quando potremo iniettartene altro» sospirò con una parvenza di tristezza e mise la boccetta nella mia mano.
Spalancai gli occhi e in me sentii un misto di paura e rassegnazione «n-non sono immune?» balbettai «mi dispiace cara. Se morirai o se non saremo in grado di curarti Alan sarà l'unico che porterà avanti il buon nome di famiglia»
«cosa intendi? E chi altro non è immune?» battei le mani sulla scrivania quasi alzandomi in piedi dall'agitazione
«sei mia nipote Amelia» disse
«tua nipote?»
«sì. Sei la figlia di mia sorella» 

Ricordai tutto. Rividi mia madre e Ava ridere sulla mia culla, insegnarmi a camminare, esultare per la mia prima parola, insegnarmi a contare, a leggere e a scrivere. Vidi la reazione calma di mia madre alla scoperta di essere infetta e la ricordai affidarmi con assoluta fiducia a mia zia. Rivissi la prima volta che mi lasciarono vedere i ragazzi, le prime parole scambiate con Gally, i suoi tentativi impacciati di provarci con me. Ricordai quanto fossimo rimasti scioccati nel sapere di dover avere un bambino per scopi di ricerca a una così giovane età. Vidi i ragazzi essere mandati nella radura e gli ultimi momenti passati con Alan prima che giungesse il mio turno.  

Mi alzai definitivamente in piedi puntando lo sguardo furente nel suo e battendo le mani sul piano in legno «azzardati anche soltanto a fare qualcosa a mio figlio mentre non ci sono e te ne pentirai. Non ti permetto di alzare un solo dito su di lui. Ti vieto di sottoporlo a qualche maledetto esperimento, test o quant'altro. E poi perché mi hai chiesto cosa voglio fare? Sappiamo entrambe che mi avresti mandato in ogni caso. L'hai fatto una volta, puoi farlo una seconda. Tanto sono uno stupido e inutile soggetto di controllo come gli altri. Non valgo nulla, anche se sono tua nipote» 
Continuai a guardarla ma non la vidi battere ciglio, come se si fosse aspettata uno scatto d'ira del genere. Continuò come se non avessi detto niente «e come ti dicevo, alcuni dei tuoi compagni non sono immuni» rimase in silenzio per qualche secondo «per esempio Newt. Non è immune. Mi dispiace dovertelo dire cara» aggiunse con naturalezza, come se fosse niente, pugnalandomi al cuore.

The Maze Runner- The ImmortalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora