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Siamo in Virginia da circa due ore e Tammy è già andata persa. Purtroppo, in segreteria non hanno accolto la nostra richiesta di essere messe nella stessa stanza e adesso io sono in una parte del campus e lei in un'altra. "Questione di organizzazione dei corsi, il polo scientifico e quello umanistico sono in due zone diverse". Abbiamo accettato la cosa senza rimuginarci troppo sopra, il college non è fatto per stare sempre attaccati ai vecchi amici, serve per aprire le ali e conoscere gente nuova. Ed è proprio con questo spirito che decido di iniziare l'esplorazione.

La mia compagna di stanza si chiama Aline e non è decisamente il tipo di ragazza che definiresti calma e tranquilla. Appena arrivata ha gettato tutto sul letto, si è guardata intorno, mi ha presa per un braccio e mi ha portata fuori dalla stanza.

«Sono sicura che da queste parti ci sia un posto per mangiare» mi dice, tenendosi lo stomaco con una mano. «Per l'euforia mi sono dimenticata di fare colazione e ora sto morendo di fame».

Aline è molto più alta di me, ha i capelli più lunghi e uno strano sorriso. Si guarda sempre intorno per cercare non so cosa ed è assorta nei suoi pensieri la maggior parte delle volte. Devo ammettere che è strana, ma mi sta simpatica.

«Lì c'è un cartello» indico dei segnali e lei segue quello con la tazza di caffè. A forza di camminare su e giù sta venendo fame anche a me.

La caffetteria del campus è molto più grande di quanto mi aspettassi ed è all'aperto. I tavolini sono posizionati a forma di V e noi ci sediamo proprio sulla punta, vicino al bancone, ad aspettare che qualcuno venga a chiederci cosa vogliamo.

Non passa tanto tempo prima che un ragazzo, sicuramente qualche anno più grande, ma ancora studente, si ritrovi al nostro tavolo con un taccuino in mano.

«Cosa vi posso portare?» ci chiede. Ha un accento strano, forse australiano. «Abbiamo diversi tipi di panini e bibite. La cucina non è ancora aperta, ma se volete qualcosa di dolce abbiamo le brioches avanzate dalla colazione».

Lo vedo che ci guarda in modo strano, come a chiedersi perché alle undici di mattina ci sia già gente che voglia mangiare.

«Per me un panino con il prosciutto cotto e una coca cola light» ordina Aline, particolarmente interessata al misterioso ragazzo.

Lui si gira verso di me, troppo occupata a guardarlo per decidere cosa ordinare. Ora sorride e la prima figuraccia all'università me la sono fatta. «Per me, una brioches alla crema e un caffè» dico, velocemente, per colmare il silenzio di poco fa.

Lui scrive tutto e poi torna dietro al bancone, a trafficare con la macchina per il caffè e quella per scaldare i panini.

Aline mi guarda, cercando un'intesa che da parte mia tarda ad arrivare. «Carino, eh? Ed è solo il primo con cui abbiamo parlato!»

«Beh, non è che ci abbiamo proprio parlato» sottolineo, facendole alzare gli occhi al cielo. «Però si, devo ammettere che quel viso angelico e i capelli sbarazzini non sono una brutta cosa da guardare».

Devo aver alzato troppo la voce nel dirlo, perché il ragazzo mi urla un: «Grazie, i miei capelli sbarazzini apprezzano». Figuraccia numero due, fatta. Aline si limita a scuotere la testa e ridacchiare sotto i baffi.

Quando torno alla mia stanza, dopo aver mangiato una brioches alla crema disgustosamente buona, Tammy è davanti alla mia porta che aspetta. Si guarda intorno spaesata e quando mi vede, sorride. Il suo è un sorriso molto luminoso.

«Eccoti, finalmente! Ma dov'eri?» mi dice, venendomi incontro. «La mia compagna di stanza è terribile. Sta tutto il giorno a leggere e ascoltare musica classica. Mi sembra di essere in un incubo» si lamenta, tipico di Tammy. Si lamenta sempre delle cose che poi finisce per adorare.

«La mia compagna di stanza aveva fame, così siamo andate a mangiare qualcosa alla caffetteria. Mi sono fatta un paio delle mie solite figure con il barista e ora eccomi qui» le racconto, scrollando le spalle. Fare figuracce, per me, è come alzarsi al mattino, nessuno si sorprende più.

«Io non so se sia il college o lo stato della Virginia, ma qui i ragazzi sono decisamente più belli che in Nord Carolina. Decisamente» esclama, mentre camminiamo verso la sua zona del campus, che ancora non ho visto bene.

Se dovessi descrivere Tamara Green con una sola parola, direi molesta. Non un molesto negativo, ma lei è una di quelle che se si mette in testa un ragazzo, non smette più di parlarne fino a che non ne incontra un altro. Sfortunatamente ne incontra un po' troppi alla volta.

«Il mio vicino di stanza, Mag... Dovresti vederlo» continua, con occhi sognanti. «È alto, biondo, muscoloso. Sembra uscito da un film».

Non mi intendo molto di ragazzi, voglio dire: se uno è oggettivamente bello me ne accorgo, ma non so comunque giudicare gli elementi che lo rendono bello. Credo che questo sia principalmente dovuto al fatto che ogni ragazzo che incontro mi sembra così piatto che l'interesse lo perdo ancora prima di provarlo.

«Voglio andare a fare due tiri» dico, cambiando discorso. Durante il tour delle università ho visto un campo da basket che mi ha subito attirata. Al college non c'è una squadra, ma c'è un campo e questo mi basta. Non sono alta, non lo sono mai stata nemmeno quando tutti gli adolescenti sono nella fase dello sviluppo e non si sa mai quanto possano realmente crescere, ma sono agile ed elastica e fare sport mi è sempre sembrata una cosa naturale.

«Ma dai, Mags, non puoi metterti a giocare a basket adesso! Non siamo qui nemmeno da un giorno!» mi rimprovera Tammy. Lei dice sempre che penso troppo al basket e troppo poco ai ragazzi. Ai tempi in cui ero fidanzata con Dave potevo pensare ad entrambi, era stato il capitano della squadra del liceo per due anni. Ah, Dave, chissà se è già arrivato a Yale.

«Appunto» confermo, costringendomi a smettere di pensare a Dave. «E' già passato troppo tempo». 

flowerish; 5sosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora