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La storia di come sono diventata appassionata di basket è una delle più imbarazzanti ma divertenti che potrò mai raccontare.
Iniziò tutto ai tempi del primo anno di liceo, quando c'era questo ragazzo, Nicholas, dal cognome che è impossibile da ricordare, che mi piaceva così tanto da non pensare mai ad altro. Lui era nella squadra di basket della scuola, ma non usciva mai con nessuna ragazza perché, a suo parere, lo distraevano dal suo obbiettivo di diventare un professionista. Io, umile ragazzina di provincia, ero convinta che se mi fossi interessata al basket avrei avuto una possibilità con lui.
Dave, che a quei tempi non era ancora il capitano, ma giocava nella sua stessa squadra, si era dovuto subire tutte le mie domande su questo sport: passavamo i pomeriggi a guardare partite, a studiare gli schemi e ad allenarci, perché se volevo fare colpo dovevo essere in grado di giocare.
Successe poco tempo dopo che la mia amicizia con Dave risultò compromessa da qualcosa che nessuno dei due aveva ben chiara, io credevo che passare così tanto tempo con lui avesse aumentato il livello di confidenza tra di noi, ma mia madre, con la sua ingenuità un po' maliziosa, mi aveva aperto gli occhi su una cosa che mai avrei immaginato: mi ero innamorata di Dave e Nicholas nemmeno più me lo ricordavo.
Dal nostro primo bacio, poco tempo dopo, il basket divenne una delle tante cose che avevamo in comune. Io entrai nella squadra femminile e scoprii di essere portata, Dave divenne il capitano e la nostra relazione proseguí finché proseguí.

«Cosa fai?»

Calum mi prende alla sprovvista, mentre sono sdraiata in mezzo al campo pensando alla vita. Oggi è uno di quei giorni in cui non riesco a fare a meno di essere malinconica.

«Sto viaggiando con la mente fino a quando ero giovane» risposi, alzandomi per non dargli le spalle. «Non mi accade spesso di sentire nostalgia del passato, ma quando accade è come se non potessi farne a meno».

Lui si siede vicino a me cautamente, senza dire una parola. Prende il pallone dalle mie mani e comincia a palleggiare sul pavimento. È un gesto che mi tranquillizza inconsciamente.

«Ero venuto qui per allenarmi un po' da solo e poi scopro che ci sei tu a rubarmi la scena» dice, con un mezzo ghigno. «Forse dovresti prendere davvero il mio posto come capitano» aggiunge. Non so se stia cercando di tirarmi su il morale o meno, ma funziona.

«Perché c'è quel cartello?» gli chiedo, puntando il dito sul grosso foglio che dichiara che tra membri della squadra non ci possono essere relazioni. «Non me lo sono mai spiegato».

Calum scrollò le spalle e sorrise, come in ricordo di qualcosa. «Il coach l'ha proibito dopo che Scott e Jacob continuavano a saltare gli allenamenti per appartarsi negli spogliatoi. Ma non è una cosa che prendiamo molto sul serio, se è questo che ti preoccupa» continua, lanciandomi un'occhiata che mi fa scoppiare a ridere.

«Sicuramente la mia preoccupazione più grande è quella di non potermi accoppiare con nessuno di voi, ahimè sto già sudando freddo» lo prendo in giro, anche se non posso negare che l'idea di una possibile relazione con Calum non mi fosse passata per la testa. Sono una ragazza, non posso evitare di farmi film mentali. È che ho sempre avuto un debole per i giocatori di basket alti due metri.

«Tu dici così ma io percepisco le lacrime che si stanno formando nei tuoi occhi» afferma, appoggiando la testa sulla mia spalla. È un gesto che fa in modo spontaneo ma per un attimo mi prende alla sprovvista. Poi finalmente rilasso le spalle.

«Non glielo dire ma ho una cotta per Glenn» ammetto, seria. Volevo prenderlo in giro ma dovevo essere credibile. «E anche per Mark e oddio non farmi iniziare con Ryan perché non saprei nemmeno descrivere la sensazione del mio cuore quando entra nella palestra» a questo punto Calum capisce che sto scherzando e ride, di gusto. La sua risata rimbomba nella stanza vuota.

«E io?» mi chiede e a quel punto mi giro verso lui, nonostante la sua testa sulla mia spalla.

«Vuoi sapere se ho una "cotta" per te, capitano?» lo sbeffeggio, sottolineando la parola 'cotta'. Non so perché ma mi è sempre sembrata infantile.

Lui annuisce, pensavo stesse scherzando ma è serio. Non capisco se mi stia ripagando con la stessa moneta o se voglia saperlo per davvero.

«Certo che ho una cotta per te» decido di puntare sull'ironia velata di verità. Forse capirà che non sto del tutto escludendo la cosa. «Tutti hanno una cotta per te, hai visto quanto sei figo?» rido e lui mi segue a ruota. Nessun momento imbarazzante, nessun silenzio indesiderato.

«Peccato» dice, senza distogliere per nemmeno un attimo lo sguardo dal mio. «Perché io non riesco a smettere di pensarti da quando mi hai fatto il culo, quel primo giorno, un mese fa».

Non dico niente, perché è un bel momento e non voglio rovinarlo. Vorrei sporgermi in avanti quel poco che basta per annullare la distanza ma qualcosa mi frena: non sono venuta al college per avere una relazione o per conoscere ragazzi. Dave mi insulterebbe per questi pensieri, ma non ne posso fare a meno.

Calum è confuso, glielo leggo negli occhi. Non voglio che pensi che non mi interessi, perché non è così, è solo che non sono più in grado di capire cosa voglio realmente.

Senza pensare mi sporgo in avanti, quel poco che basta per avere un contatto leggero, poi mi stacco. Nel mio cervello le uniche parole che mi vengono in mente sono "Ma perché hai smesso, scema?".

flowerish; 5sosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora