Avete presente quando siete così determinati a raggiungere un obiettivo da riuscire a immaginarvi già alla meta? Come se non vi passasse nemmeno per l'anticamera del cervello che fra voi e il vostro obiettivo ci siano degli ostacoli? Ecco, così è come mi sento io adesso. La contrarietà dei miei genitori sembra non aver scalfito minimamente il felice quadretto nella mia testa, in cui ci sono io che gioco con due gemellini sul tappeto del salotto, mentre dalla cucina i loro genitori preparano una tipica cena inglese.
È questa l'immagine con cui mi addormento e che mi accompagna per tutta la mattinata successiva. Persino quando mi sto preparando per uscire con Bea, l'unica ragazza che sia stata in grado di sopportarmi durante il liceo, non riesco a non pensare a come sarà compiere gli stessi movimenti davanti allo specchio di un bagno distante milleottocento chilometri da qui. Mi immagino già mentre mi trucco esattamente come sto facendo ora, non per uscire con un'amica ma per andare ad accompagnare al parco i gemellini.
Mi lascio scappare un sospiro mentre correggo la sbavatura dell'eyeliner con la punta di un cotton fioc. Mi stendo rapidamente un velo di cipria su tutto il viso, poi lego i capelli in una coda di cavallo.
Quest'estate, dopo gli esami di maturità, ho avuto molto tempo libero e l'ho occupato in gran parte facendo liberamente ciò che gli scorsi anni facevo di nascosto quando le battaglie della guerra dei Trent'anni o le conquiste del Re Sole diventavano insopportabilmente noiose, ossia guardare i video delle guru del make-up. Possiamo dire che con l'eccesso di tempo libero a disposizione ho avuto modo di fare molta pratica, e ora sono in grado di fare una cut crease in cinque minuti. So che non è un'abilità da curriculum, ma non lo è nemmeno saper trovare la retta tangente a una parabola. E almeno con un po' di trucco riesco a passare davanti allo specchio dell'ingresso senza provare un moto di disgusto verso tutti quei difetti sul viso che nella mia testa sono quasi deformazioni, come una palpebra più grande dell'altra o l'accumulo di brufoletti color macchia solare fotosferica ai lati del naso.
I miei genitori sono al lavoro e io non ho voglia di prepararmi qualcosa per pranzo, così mando un messaggio a Bea per proporle di mangiare una pizza più tardi. Mi risponde che è a dieta e che per pranzo ha un centrifugato di cavolo e finocchio. Come diavolo è possibile vivere in Italia e mangiare come una capra polacca?
Le scrivo che non fa niente, poi infilo il cellulare in borsa e prima di uscire di casa faccio scivolare dieci euro nel portafoglio, ben intenzionata a finanziare la pizzeria dell'amico di mio padre.
Mi richiudo la porta alle spalle e inizio a camminare verso la piazza del paese. Le vie sono pressoché deserte: la maggior parte dei lavoratori hanno terminato le ferie, gli altri se ne stanno barricati in casa con il condizionatore regolato sulla temperatura di Helsinki a gennaio.
Quando arrivo, Bea è già seduta su una panchina all'ombra di un albero scheletrito, che insieme ai cinque metri quadri di cemento su cui sono disposte le altre panchine dovrebbe costituire la mitica piazza del paese.
La saluto e mi siedo vicino a lei. Lei ricambia mettendo in mostra due file di denti bianchissimi e più diritti della mia strada verso l'inferno.
Le chiedo se ha fatto qualcosa di interessante in questi due mesi, più per educazione che per interesse. So che muore dalla voglia di raccontarmi delle sue tre settimane passate in sella alla moto del suo ragazzo, mentre insieme hanno consumato il loro amore lungo la west coast statunitense. Bea è il tipo di ragazza che non possiede la parola "privacy" nel vocabolario e che condivide su Instagram anche la sua marca preferita di assorbenti interni. Per questo motivo so già tutto del loro viaggio in America, persino dello sgomento di Bea quando una volta a pranzo le hanno servito un cappuccino come bibita, pensando di impressionarla in quanto italiana.
- Credo proprio che la California sia il mio posto nel mondo, non so se mi spiego.
- Qualsiasi posto al di fuori di questo paese in cui l'età media è settantacinque anni può essere il tuo posto nel mondo.- replico.
- Sì, ma...- fa spallucce, senza concludere la frase. Se ci sono due cose che odio, sono l'aria di sufficienza che quelli che hanno la possibilità di viaggiare assumono nei confronti delle principesse chiuse in un castello come me, e chi non conclude le frasi.
Con due parole e un'alzata di spalle Bea è riuscita a girare il mio umore come una ruota panoramica.
- A me piacerebbe andare in Inghilterra. Vorrei stare là sei mesi e lavorare come ragazza alla pari.- mi stringo nelle spalle. Mi sembra quasi insulso dirlo ad alta voce ad una persona che ha fatto un picnic notturno sotto all'insegna di Hollywood, mangiando dei biscotti al burro d'arachidi che costano quanto il mio zaino delle superiori.
- E allora vai, se ci tieni.
Le scocco un'occhiata ovvia, ma lei sembra non capire.
- Non saranno mica i tuoi genitori a fermarti.
- Non posso... scappare di casa!- esclamo inorridita.- Per quanto mi piacerebbe, finirei col ritrovarmi alle calcagna l'FBI, la CIA, i cani antidroga e dei genitori più incazzati di Lavanda Brown quando Ron ha pronunciato nel sonno il nome di Hermione al posto del suo.
Abbasso lo sguardo sulle mie Converse grigie sdrucite. Una formica sta tentando la scalata verso la mia caviglia. La scaccio via con il dorso della mano e lei ripiomba a terra, zampettando via nella direzione opposta.
- A volte ho questa strana sensazione, come se fossi intrappolata.- inizio a dire titubante.- Mi sento come se la mia vita attuale fosse una prigione, io il carcerato e la fine della pena tutti i viaggi e le esperienze che vorrei fare. Peccato che a me sia toccato l'ergastolo e che non ci sarà proprio nessuna fine della pena.
Rimango in silenzio per un po', aspettando qualche frase incoraggiante da parte di Bea. Frase che, come avrei dovuto prevedere, non arriva.
Con la coda dell'occhio noto che si sta contemplando la manicure. Apre la bocca per dire qualcosa e io presto attenzione, sperando in qualche illuminazione sul senso della vita.
- Te l'ho raccontato di quella volta che mi hanno dato il cappuccino con l'hot-dog?
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Au-pair Girl// Blake Richardson New Hope Club
FanfictionLui è inglese. Loro sono razzisti. Lui è bisex. Loro sono omofobi. Lui è un cosmopolita. Loro sono tradizionalisti. Lui è il mio ragazzo. Loro sono i membri della mia famiglia. --------------------- "La verità è che non ho più voglia di fare un ca...