23- Black e i Bigoli di Bassano

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- Vieni in Italia con me.

Se non fosse per l'espressione esterrefatta sul volto di Blake, quasi non crederei di essere stata io a pronunciare queste parole.

Studio la reazione di Blake, seduto dall'altra parte del tavolo. Lui abbassa lo sguardo sulla sua tazza di caffè, mescolandole distrattamente il contenuto. Rimane in silenzio per un po'. Inizio a dubitare di aver fatto la domanda a voce alta.

- Cazzo, trattieni il tuo entusiasmo.- commento con una punta di amarezza nella voce. D'accordo, sapevo che sarebbe rimasto spiazzato dalla mia proposta, ma non pensavo che avrebbe fatto scena muta.

- Non fraintendermi.- comincia a dire Blake con tono pacato. Sta misurando le parole.- Ma non credo che i tuoi genitori mi accoglierebbero a braccia aperte.

- Non m'importa. Voglio che tu li conosca.- insisto.

- Non parlo una parola di italiano. Quanto sarebbe imbarazzante pranzare con tutta la tua famiglia, se non so neanche dire "passami il sale"?

- Ti aiuterò io, se è solo questo il problema. Andiamo, staremo lì tre giorni. Avrai tutto il tempo per abituarti.- lo supplico.

Non so perché io stia insistendo tanto. Forse perché dopo tutti i dispiaceri che ho dato alla mia famiglia, non voglio più agire alle spalle dei miei genitori e tenere loro nascosti i grandi cambiamenti nella mia vita. Non commetterò più l'errore di escluderli.

- Non lo so. Il giorno dopo devo partire per Manchester con Reece e George. Se ci fosse un ritardo o la cancellazione del volo o per qualsiasi altro motivo perdessi l'aereo, ci lasceremmo sfuggire quella che è probabilmente la più grande opportunità che abbiamo mai avuto. Potremmo addirittura smettere del tutto di suonare per strada.

Rimango in silenzio, non sapendo come controbattere. In fondo non ha tutti i torti. Quell'esibizione a Manchester potrebbe davvero cambiargli la vita, visto che suonare nei locali e nelle piazze non è esattamente la stessa cosa in termini di comodità e guadagno.

- Capisco.- mi limito a dire, finendo di bere il mio caffè e tamponandomi la bocca con un tovagliolino di carta.

- Se potessimo anticipare il viaggio di qualche giorno, però, non ci sarebbero problemi.- prova a contrattare Blake.- O se stessimo via due giorni anziché tre.

- Se l'unico problema è l'esibizione a Manchester, allora sì, possiamo partire prima. Però ho come l'impressione che questo non sia l'unico problema.- lo fisso intensamente, ma lui sostiene il mio sguardo.

- Ti sbagli. Cerco solo di mettermi nei panni dei miei genitori.

- Be',- replico con aria di sfida.- Risparmiati lo sforzo. So esattamente come gestire la situazione e prepararli al meglio.


Cinque giorni dopo


D'accordo, devo ammettere che forse mi sono lasciata prendere un po' dall'entusiasmo e non ho calcolato un po' di possibili imprevisti. Per esempio, non ho preso in considerazione il fatto che fatalità il primo pranzo di Blake a casa mia sarà con tutta la famiglia al completo: dai nonni ai cuginetti, passando per zie pettegole e zii snob. Forse non la maniera giusta per cominciare a metterlo a suo agio. Quando mi viene in mente, però, è troppo tardi. Ormai abbiamo già recuperato i bagagli dal nastro e ci stiamo dirigendo verso l'uscita dell'aeroporto di Bergamo. Mio padre mi chiama per spiegarci dove ha parcheggiato la macchina. Quando aggiunge che i cuginetti non vedono l'ora di vedermi, sento il sangue defluire dal mio viso, perché mi rendo finalmente conto dell'errore madornale che ho commesso. Quando rimetto via il telefono, cerco di preparare Blake all'imminente incontro con tutti i miei parenti, ma lui non fa che guardarsi intorno con la stessa gioia di un bambino a cui è stato promesso un gelato. Ho scoperto infatti che è stata la prima volta che ha preso un aereo.

- Mi devo abituare per quando andrò in tournée con Reece e George.- ha scherzato, ma in realtà nella sua voce c'era una nota speranzosa.

Quando mettiamo piede sul marciapiede, lasciandoci definitivamente alle spalle l'aeroporto, sento l'ansia attanagliarmi lo stomaco. Quando scorgo l'auto di mio padre, sento le gambe trasformarsi in gelatina. Timore, gioia, nostalgia, nervosismo: tutto ciò che provo si amplifica non appena mi ritrovo fra le braccia di mio padre. Mi stringe forte, come faceva quando ero piccola. Appoggia il mento sulla mia testa e mi accarezza i capelli con una dolcezza che mi coglie alla sprovvista e mi fa galoppare il cuore nel petto. Quando ci separiamo, abbiamo entrambi le lacrime agli occhi. Alla fine è da circa un mese che non vedo la mia famiglia.

Mio padre si asciuga gli occhi con la manica del giubbotto, cercando di trattenere un singhiozzo. Non l'ho mai visto piangere e tanto meno mi sarei aspettata di vederlo versare lacrime di gioia.

- Ci sei mancata tanto.- mi dice con voce flebile, sorridendo allo stesso tempo nonostante gli occhi ancora lucidi.

- Anche voi.- balbetto prima di scoppiare a piangere, per poi rifugiarmi nuovamente fra le braccia di mio padre.

- Allora, mi presenti il giovanotto che ti sei portata dietro?- mi domanda con tono rassegnato, indicando col mento Blake, che per tutto il tempo se n'è rimasto in disparte.

Gli faccio cenno di avvicinarsi e lui allunga una mano per stringere quella di mio padre. La tensione che si avverte nell'aria è la stessa che deve esserci stata durante la sottoscrizione dell'armistizio di Salasco del 1848.

- Lui è Blake Richardson.- spiego a mio padre, il quale mi guarda poco convinto.

- Non posso chiamarlo con un diminutivo?

- Papà, non è difficile da pronunciare. Si chiama Blake, non Abraham Alberic Deandre Elwood.- alzo gli occhi al cielo.

- Giusto.- gli occhi di mio padre si illuminano, come se avesse avuto l'idea del secolo.- Black, come il colore.

Mi sbatto il palmo della mano in faccia e scuoto la testa, mentre mio padre si rivolge a Blake.

- Piacere Black, sono il signor Accordi.- gli dice lentamente, scandendo bene le parole e parlando con un tono di voce più alto del normale.

- Papà, non è sordo. Ti sente.- mi affretto a fermarlo.- Non sa l'italiano, quindi non è che se gli parli lentamente ti capisce.

Non pensavo che avrei mai avuto una conversazione del genere con mio padre.

- Contento lui.- borbotta mio padre.- Allora digli che mi fa piacere conoscerlo.

Traduco in inglese quello che ha detto mio padre- solo l'ultima frase, ovviamente. Blake mi dice di riferirgli che anche per lui è un grande piacere.

- Dato che ci sei chiedigli anche se gli piacciono i bigoli di Bassano. Io e tua madre ne abbiamo preparati un bel po'.

- Papà, secondo te può conoscere i... anzi, fa lo stesso.- sospiro rassegnata, aprendo il baule per metterci dentro le valigie. Saranno tre giorni molto complicati.

Au-pair Girl// Blake Richardson New Hope ClubDove le storie prendono vita. Scoprilo ora