Il quarto anno di liceo sarei dovuta andare in Inghilterra, ma a causa del misero numero di nominativi il viaggio venne posticipato all'anno successivo. Peccato che io avessi gli esami di maturità, quindi il mio desiderio di andare in Inghilterra andò a nascondersi in camera mia tra la scrivania piena di vestiti e il cestino che contiene ancora i miei appunti per la tesina.
Dunque, a maggior ragione sono più emozionata per questo viaggio di quanto lo fosse mia madre quando mi ha partorita. Sono ancora scossa dagli avvenimenti recenti, ma i discorsi incoraggianti di Matteo riescono a scaldarmi il cuore come nessuno è in grado di fare, così mi sforzo per relegare in un angolo della mente ciascun pensiero negativo.
- Sei così pensierosa.- esordisce Matteo, seduto accanto a me, aggrottando le sopracciglia.
Stiamo aspettando l'apertura del nostro gate. Effettivamente siamo seduti qui da dieci minuti e non ho ancora spicciato parola. Sapere che il mio umore altalenante lo impensierisce mi rende ancora più triste, ma cerco di risollevare gli animi- il mio e il suo, che a sua volta dipende dal mio- curvando le labbra in un sorriso.
- A volte vorrei sapere a cosa pensi veramente. Non so, essere come un insetto piccolissimo, entrarti in un orecchio e raggiungere il cervello.
- Non preoccuparti, sto bene.- cerco di suonare convincente.
Guardo in lontananza il tabellone delle partenze. È troppo lontano per distinguerne le scritte sul pannello luminoso, ma so che da qualche parte c'è il nostro volo. Quello, e il contatto con le calde mani di Matteo che stringono le mie per scaldarle, sono le uniche cose che mi impediscono di pensare che si tratti solo di un sogno.
- Non mi hai mai detto perché hai scelto proprio questi giorni per partire.- mi viene in mente ad un tratto.
- Perché ci sono dei posti che voglio assolutamente che tu veda, e si possono visitare solo in pieno inverno.- mi spiega con un luccichio negli occhi.- Sono certo che li adorerai. Spero che osservando quelle cose meravigliose tu capisca che è esattamente così che ti vedo io.
Il mio cuore salta un battito e stavolta sorrido per davvero.
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Meno di un'ora e mezza dopo stiamo già decollando. Per fortuna né io né Matteo abbiamo paura di volare, così non stiamo in apprensione l'uno per l'altro. Il viaggio è relativamente tranquillo, con scossoni rari e leggeri.
Solo quando stiamo per atterrare la frequenza delle turbolenze aumenta, tanto che sento dietro di me un bambino scoppiare a piangere rumorosamente.
Tuttavia, a parte un brusco atterraggio non ci sono spiacevoli inconvenienti. Matteo si alza in piedi per recuperare dalla cappelliera i nostri bagagli a mano e poi ci apprestiamo a scendere sulla pista dell'aeroporto di Heathrow.
Mentre ci troviamo sull'autobus che dalla pista ci porta all'aeroporto, vengo investita da un'emozione fortissima, che mi schiaccia il petto e mi mozza il respiro. Stringo un po' più forte la mano di Matteo e lui si gira per regalarmi uno dei suoi sorrisi rassicuranti e premurosi, di quelli che gli fanno socchiudere gli occhi nell'espressione buffissima che lo caratterizza.
Gli sorrido a mia volta, senza smettere nemmeno quando entriamo in aeroporto. Potrei mettermi letteralmente a saltellare quando inizio a sentire le persone intorno a me parlare in inglese.
Siamo appena arrivati, eppure mi sento già più a mio agio di quanto non lo sia mai stata a casa mia. Mando velocemente un messaggio ai miei genitori per informarli che il volo è andato tutto bene, poi abbandono il cellulare in fondo alla borsa e prendo a guardarmi intorno entusiasta, trascinandomi dietro la mia valigia e trotterellando a fianco a Matteo per tenere il suo passo.
Ci fermiamo all'ingresso, dove Matteo chiama un taxi per arrivare all'hotel che ha prenotato, un albergo a quattro stelle situato a duecentocinquanta metri dal cuore di Londra.
Nonostante nel taxi sia acceso il riscaldamento, mi stringo comunque nel mio cappotto. La temperatura sta calando rapidamente e alcune gocce hanno appena iniziato a picchiettare sui finestrini del veicolo.
Ovviamente il temporale scoppia quando stiamo scaricando le valigie, ma non m'importa. Non saranno di certo due gocce a guastarmi l'umore. Anzi, quando il taxi se ne va e Matteo sta iniziando a portare le valigie nella hall dell'hotel, mi metto a improvvisare qualche passo di danza sotto alla pioggia. Matteo mi guarda divertito, scuotendo la testa. Gli faccio cenno di raggiungermi e insieme improvvisiamo qualche mossa, finendo col ritrovarci fradici dalla testa ai piedi, ma estremamente felici. Con un rapido movimento del braccio Matteo mi fa fare una giravolta, per poi finire fra le sue braccia. I nostri volti sono ora così vicini che i suoi riccioli, appiattiti e zuppi, lasciano cadere delle piccole gocce sul mio viso.
- Credo che la donna alla reception ci stia guardando male.- sussurra.
- Non m'importa.- ridacchio, alzandomi sulle punte per azzerare la distanza fra le nostre labbra.
Camminiamo poi mano nella mano fino all'ingresso. Entriamo nella hall e facciamo il check-in sotto allo sguardo serio e impenetrabile della receptionist, una donna di mezza età dai folti capelli rossi evidentemente tinti.
Finora ho sentito Matteo parlare in inglese solo per dire al taxista l'indirizzo dell'hotel poco fa, ma ora sentirlo conversare con la receptionist mi fa uno strano effetto. Il che è ovvio, visto che è la prima volta che lo sento, e devo ammettere che se la cava piuttosto bene.
- Mia madre mi ha fatto frequentare un corso di inglese alle superiori.- mi spiega più tardi mentre siamo in ascensore.- Mi è tornato utile, vedo.
Le porte dell'ascensore si aprono dopo un lieve bip. Percorriamo il corridoio fino alla stanza numero 28, ossia la nostra. Una volta aperta la porta, abbandono all'ingresso la mia valigia e la borsa e mi affretto a fare un giro della stanza.
- Spero sia come nelle foto.- sento dire Matteo.
- È perfetta.
E lo è veramente, con l'ampia parete di vetro al lato del letto matrimoniale che dà sulle placide e scure acque Tamigi e sulle luci che rendono la città luminosa anche di notte. Il parquet di legno chiaro è lucido e pulito ed è presente anche nel bagno annesso alla camera, dove si trovano una grande doccia a pioggia e un immacolato lavabo bianco, al cui lato è presente una verdeggiante pianta in vaso.
Ritorno in camera, completamente catturata dalla splendida vista sulla città.
- Pronto? Terra chiama Chiara.- Matteo mi schiocca due dita di fronte agli occhi, facendomi sussultare.- Non è un sogno, non sparirà se sbatti gli occhi.
- Lo so, ma non voglio rischiare.
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Au-pair Girl// Blake Richardson New Hope Club
FanfictionLui è inglese. Loro sono razzisti. Lui è bisex. Loro sono omofobi. Lui è un cosmopolita. Loro sono tradizionalisti. Lui è il mio ragazzo. Loro sono i membri della mia famiglia. --------------------- "La verità è che non ho più voglia di fare un ca...