Capitolo Venti ~ Forever With You

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Finn's Pov
«Non siamo arrivati troppo presto?» mi lamentai irrequieto guardandomi intorno spaesato, anzi, terrorizzato. La piccola chiesa che avevamo scelto per il matrimonio era deserta, a parte una coppia di ragazze che stava sistemando le ultime decorazioni floreali e un chierichetto che si aggirava indaffarato dietro l’altare.
«Stai calmo, Finn» mi disse la mamma, sistemandomi la rosa bianca che avevo nel taschino della giacca.
Certo, stare calmo.
Facile per lei che si era già sposata e da allora erano passati più di trent’anni. Tra l’altro non avevo chiuso occhio e stavano per saltarmi i nervi.
Eppure ieri sera ero così spensierato! Non mi ero scomposto neppure quando avevo accompagnato Millie e Mia a casa di sua madre e ci eravamo dati l’ultima buonanotte da fidanzati.

Ero pieno di emozioni, quello sì, ma erano emozioni innocue, almeno finché non mi ero coricato. Disteso nel lettino in cui avevo dormito per buona parte della mia esistenza, avevo osservato la lancetta delle ore che avanzava inesorabile ritrovandomi in mezzo al panico senza nemmeno accorgermene. Io che avevo preso in giro Millie per i suoi attacchi d’ansia, ora mi trovavo in condizioni ben peggiori.
«Hai dimenticato tutte le persone che ti hanno lanciato il riso quando sei uscito dal portone del palazzo? Dagli il tempo di arrivare e parcheggiare, saranno qui a minuti» mi rassicurò mio padre. La mamma passò in rassegna prima me e poi lui.
«Vieni qui, fatti sistemare la cravatta.»
«È da quando mi sono vestito che me la sistemi. Cos’hai, un tic nervoso?» la riprese accigliato.
Mi infilai le mani nelle tasche dei pantaloni neri e dondolai sui talloni sbirciandoli divertito.
Mia madre portava un vestito blu, le spalle coperte da uno scialle dello stesso colore. I capelli erano stati raccolti in un’acconciatura semplice e il trucco sul viso era leggero, delicato come lo era lei. Mio padre invece era in abito nero, cravatta a tono, sbarbato e pettinato come un damerino.
Erano un esempio per me.
Genitori che avrei augurato a chiunque, perfetti in tutte le loro imperfezioni, forti e coraggiosi, sempre pronti ad affrontare insieme qualsiasi tipo di avversità e a uscirne vincitori.

La grande porta ad arco della chiesetta era spalancata. La luce abbagliante del giorno creava una specie di muro etereo tra l’interno e l’esterno. Immaginai Millie bucare quella coltre impalpabile e venirmi incontro con un sorriso dolce ed emozionato e gli occhi colmi d’amore.
Sarebbe stato un colpo al cuore.

Due colonne di fiori bianchi erano posizionate agli angoli opposti dell’entrata e gli stessi fiori componevano i bouquet che abbellivano i banchi e l’altare. Era tutto perfetto, proprio come lo avevamo sognato. Perché, sì, poteva anche sembrare patetico, ma lo avevamo fatto ed era stato bellissimo ritrovarsi con le stesse idee. Nessuno dei due cercava lo sfarzo, dettagli eccentrici o da megalomani.
Non ci importava di invitare centinaia di persone, organizzare fuochi pirotecnici o affittare auto d’epoca per l’arrivo in chiesa.
Intimo e discreto, erano state le nostre parole d’ordine. Sbuffai per allentare la tensione quando vidi le prime persone arrivare.
La chioma bionda di Ayla attirò subito la mia attenzione insieme alla testa di Danny che svettava di una spanna su tutti gli altri. Lei indossava un abito viola chiarissimo che risaltava il verde delle sue iridi mentre il mio amico era in nero, ma non mi meravigliava: era il suo colore preferito.
«Finn sei bellissimo» esordì Ayla dandomi un abbraccio veloce.
«Avrei voluto urlartelo quando sei uscito di casa, ma mi vergognavo. Millie ci rimarrà secca.»
«Anche io sto per rimanerci secco» farfugliai spostando il peso da un piede all’altro.

«Guarda che sei ancora in tempo a cambiare idea. Potremmo partire stasera stessa per una bella vacanza a Ibiza» propose Danny senza mezzi termini.
Ayla lo squadrò scioccata.
«Anche se siamo in una chiesa, nessuno mi vieta di infilzarti un tacco in fronte. Non posso credere che tu glielo abbia detto per davvero.»
«Non vorrete litigare in chiesa, vero?» borbottai esasperato.
«Non accadrà. Andiamo ai nostri posti» disse a Danny tirandolo dal gomito.
«Siamo i testimoni, dobbiamo essere impeccabili.»

Rimasto di nuovo da solo con la mia ansia, mi sistemai i gemelli ai polsi. Tra i banchi intravidi Cristian, qualche zia di Millie, la sorella di mia madre e quella di mio padre. E in fondo, proprio in fondo, quasi nascosta dietro la conca dell’acqua benedetta, c’era Laura.
«Millie è arrivata.» Quella frase saltò di bocca in bocca fino ad arrivare alle mie orecchie e farmi subito dimenticare la presenza sgradita.

Mi raddrizzai di colpo e mi accorsi del parroco che stava già prendendo posizione, notai un uomo seduto già dietro l’organo pronto a far partire la marcia nuziale.
Per poco non mi sfuggì una parolaccia.
Mi riempii i polmoni d’aria e mi accarezzai lo stomaco, poi la marcia nuziale partì. Delle ombre si mossero dietro la luce abbagliante che ammantava l’entrata, poi la prima persona che vidi fu mia suocera anticipata in corsa da… Mia.
Il mio cuore saltellò dalla felicità.
Con la sua camminata ancora incerta avanzava sul tappeto rosso tenendo stretto al petto un piccolo cestino. Indossava un vestito bianco con la gonna piena di veli e balze e una fascia dorata in tinta con le scarpe brillava fra i suoi capelli. Quando gli invitati la videro un ohhh estasiato si librò nell’aria.
E ci credevo: mia figlia era una meraviglia assoluta.

Mi chinai sulle ginocchia con un nodo in gola e aspettai che mi raggiungesse. Lei non si era ancora accorta di me e con gesti sgraziati, ma con molta concentrazione, afferrava manciate di petali dal piccolo cestino e li scagliava per terra scatenando l’ilarità generale.
«Ehi, principessa» la richiamai. Lei alzò la testa dal cestino e sorrise mostrandomi le fossette.
«Papà
«Corri subito qui.» Lei lanciò via il cestino facendo scoppiare a ridere tutti e corse di slancio verso di me con tutti quei riccioli biondi che andavano su e giù insieme alle sue guance paffute. La afferrai prima che rovinasse per terra e la sbaciucchiai dappertutto.
«Mi sei mancata tantissimo. A proposito, tanti auguri, oggi è il tuo compleanno.»
«Uno» biascicò sollevando l’indice.
«Sì, compi un anno» confermai mordicchiandole quel dito grassottello.

«Finn, stai molto bene» si complimentò mia suocera.
«Ora dammi la bambina, Millie sta per entrare.»
«È agitata?»
«Parecchio e stanotte non ha dormito. Sta stritolando il braccio di suo padre.» Diedi un ultimo bacio a Mia e poi gliela passai.
«Speriamo che non ci ripensi.»
«Oh, per favore. Non c’è il minimo pericolo. A dopo!»

Stavo per ricambiare il saluto, ma Millie apparve in fondo alla chiesa, aggrappata a suo padre. Ogni cosa che mi circondava scomparve di colpo e tutti i punti cruciali della nostra storia schizzarono fuori dalla mia memoria: la notte in cui l’avevo conosciuta, il nostro primo bacio, la prima volta in cui ci eravamo detti ti amo.
E la rottura, il dolore.
Il ritrovarsi.
Mia.
Di nuovo noi.
Le promesse.

Inghiottii a vuoto, la scia bruciante delle lacrime che mi risaliva le narici e mi impediva di respirare a dovere. Man mano che si avvicinava, bellissima in bianco, una dea, vedevo le mie stesse emozioni riflesse nel suo sguardo. Vedevo il passato, il presente e quello che sarebbe stato il nostro futuro.
Arrivati vicino all’altare suo padre le diede un breve abbraccio prima di lasciarla finalmente a me. Con mani tremanti alzai il velo e quando i nostri occhi si trovarono di nuovo, deglutii a fatica.
«Amore, sto per svenire, me lo sento» sibilò agitata.
«Tranquilla, non permetterò che tu sbatta la testa» scherzai per alleggerire la tensione. Lei accennò un sorriso ma le tremava visibilmente il mento.
Le baciai la fronte e mi soffermai a lungo per domarmi e così poter domare anche lei. Mi ero impegnato a lungo affinché ci godessimo in spensieratezza quel giorno speciale e non avrei permesso che si rovinasse per della stupida agitazione.
«Rilassati, okay? Stiamo per fare una cosa bella e che abbiamo desiderato tanto. Giusto?»
«Giusto.»
«Sei bellissima. Credo che ti vorrò sposare anche domani. E dopodomani.» Le sue iridi luccicarono e, anche se per brevi istanti, il panico l’abbandonò.
«Io mi accontenterei di partire per la luna di miele, ma se proprio insisti…»

Intrecciai le dita alle sue ed entrambi inspirammo a fondo.
«Va un po’ meglio?»
«Sì.»
«Allora ci siamo» sussurrai.
«Sei pronta a diventare mia per sempre?»
«Sì. E tu?»
«Lo sono sempre stato.»
Sì, stavo facendo la cosa giusta.
Lei era quella giusta.
Ogni difficoltà affrontata, ogni lacrima versata, ogni ostacolo, ci aveva portato lì, adesso, a prometterci fino alla fine dei nostri giorni. Mi presi qualche momento per imprimere meglio nella mia memoria quell’istante unico. L’odore di sacro, l’essenza delle persone che ci amavano, gli occhi limpidi di Millie che mi fissavano. La mia determinazione e il cuore gonfio d’amore per la vita che mi stavo scegliendo.

Per lei che sarebbe stata sempre al mio fianco.
Per lei che sarebbe stata il mio per sempre.
Per sempre.
«Possiamo iniziare?» domandò il parroco con discrezione.
Io e Millie ci scambiammo uno sguardo d’intesa.
«Sì, possiamo iniziare.»

An Endless Night ~ Fillie ~ Forever With YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora