Capitolo Tredici ~ Forever with you

351 23 10
                                    

Finn's Pov
Non avevo mai sentito con tanta chiarezza il senso di pace che avevo nel petto. Era come se qualcuno avesse dato un colpo di spugna a ogni mio tormento facendomi regredire a uno stato di spensieratezza quasi adolescenziale, quando non si pensa ad altro che a vivere. Mi ritenevo un miracolato. Ero cosciente che diversi aspetti della mia vita si erano risolti per il meglio - pur avendo un'ampia percentuale di possibilità che finissero per il peggio - ma era ora che la smettessi di avvelenarmi la mente con scenari che non sarebbero mai accaduti, era giunto il momento di concentrarmi solo sulla mia felicità e su quella di Millie e Mia.

«Questo scaffale dove lo posizioniamo?» chiese mio padre mentre si accingeva ad aprire un enorme scatolone rettangolare.
«Là» indicai la parete in questione da dove avevamo appena rimosso una libreria malconcia che apparteneva alla persona che aveva occupato l'ufficio prima di me.

Onestamente potevo permettermi di affittare qualcosa di più nuovo, dove non c'era bisogno di sostituire mobili usurati o di imbiancare le pareti, ma non volevo sfidare troppo il destino. Era vero, avevo comprato una laurea e nel mentre ero innamorato del mondo della musica e desideravo lavorare per lo studio di un architetto, sapevo il fatto mio, ma avviare un'attività in proprio era un'altra storia; era ancora troppo presto per tirare le somme, ma i rischi erano concreti e con l'acquisto di una casa in programma e la famiglia che stavo costruendo, non potevo permettermi di sperperare denaro.

«Come va il lavoro, papà?» chiesi fingendo che fosse un modo come un altro per fare conversazione, ma in realtà avevo delle mire, oltre alla scusa per poter parlare con lui come non lo facevamo da secoli. Appena terminato il nostro personale calvario e anche durante quei mesi terribili, ci eravamo allontanati un po'. Io perché serbavo del rancore, lui perché di sicuro si sentiva in colpa nei miei confronti. Era stato difficile: la sua ditta di costruzioni era andata in malora, si era fatto prestare dei soldi da delinquenti e aveva perso tutto, compresa la casa dove avevamo sempre vissuto. A mia volta, avevo perso tutto per ripagare i suoi debiti ed evitarci delle brutte conseguenze, perciò nessuno dei due era da biasimare sui nostri atteggiamenti; tuttavia avevamo superato l'avversità da diverso tempo ormai ed era ora di metterci definitivamente una pietra sopra.

«Fila tutto liscio.»
«La mamma mi ha riferito che stai facendo delle ore in più.»
«Tua madre parla troppo.»
«Quello nella logistica è un lavoro molto faticoso. Riempire e svuotare tir di qualsiasi tipo di merce, spesso senza l'aiuto di muletti e robe del genere, non è una passeggiata» rimarcai in tono serio.
«Non sei più un giovanotto e la tua voglia di riscatto non deve prevalere sul buonsenso.» «Devo restituirti...» «Non voglio niente, quante altre volte te lo devo dire, papà?» chiesi esasperato. «Lavora quel che basta per mantenere te e la mamma. Se doveste avere delle spese extra, ci penso io.»
«No, hai già fatto troppo per me, per noi.» Come se non stessimo affatto discutendo, con un ginocchio sul pavimento predisponemmo tutte le staffe, le viti e i tasselli secondo l'ordine di montaggio del foglietto illustrativo.
«Siete la mia famiglia. Se non state bene voi, non sto bene neanche io. Papà, te lo chiedo per favore, riduci le ore. Mamma ha bisogno di te e ricordati che adesso hai una nipotina.» Sul suo viso apparve l'accenno di un sorriso.
«Vedrò cosa posso fare.» «Bene» affermai soddisfatto.

Iniziammo a montare lo scaffale avvitando le viti all'estremità del legno, io dalla parte sinistra e lui dalla parte destra. «Comunque, devo dirti una cosa.» «Cosa?» domandò apprensivo. Girò la testa e un ciuffo di capelli grigi gli ricadde sulla fronte mentre i suoi occhi scuri cercavano i miei con insistenza.
«Tranquillo, non è niente di brutto.» «Ah, okay.» Annuì rassicurato massaggiandosi la nuca. La morsa intorno al cuore fu istantanea e familiare. Ogni volta che guardavo i segni che la preoccupazione aveva inferto indelebilmente sulla sua pelle e nella sua mente, ricordavo lui gonfio di botte e sanguinante in un letto d'ospedale, mia madre disperata, la loro vita che si ribaltava, quella che avevo progettato per me che svaniva. Uno schiocco di dita ed era andato tutto perso. Per fortuna esistono cose che non si perdono mai del tutto. E ritornano. Legate a noi con un filo invisibile fanno giri immensi e si ripresentano.

«Ho chiesto a Millie di sposarmi» annunciai senza tergiversare. «Sei la prima persona della famiglia a cui lo diciamo.» Mio padre si immobilizzò per un attimo, il cacciavite stretto nel pugno.
«Oh...» esalò un po' spiazzato. «Che bella notizia, sono felice per voi.» «Grazie, anche noi lo siamo molto.» Stava per replicare con qualcos'altro, ma ci ripensò e chinò svelto la testa riprendendo il suo lavoro.
«Ti conosco troppo bene, non riesci a fregarmi. Cosa stavi per dire?» Lui abbozzò un sorriso mesto e poi sbuffò fingendosi seccato.
«È un bel momento, non voglio rovinarlo.»
«Non si rovinerà per due chiacchiere, dài.»
«Come vuoi» accordò, «stavo per dire che se tutto fosse andato per il verso giusto, a quest'ora avreste dovuto essere già sposati.»
«Evidentemente doveva andare così. Niente succede mai per caso. E tu devi smetterla di sentirti in colpa, papà» colsi l'occasione di ricordargli quello che aveva fatto per me, ha cercato di salvarmi dalle brutte parole di Michael, ma nel modo sbagliato.
Il passato era passato e continuare a rivangarlo serviva solo a mantenere vivi rimorsi inutili. L'unica cosa che contava era che tutto si era concluso per il meglio e noi eravamo liberi. «È vero, niente succede mai per caso, però io me la sono cercata.»
«Stavi tentando di salvare il salvabile. Nel modo sbagliato, okay, ma per te in quel momento era l'unica via d'uscita. Hai pagato e stai continuando a pagare il tuo errore in diversi modi.» «Il problema è che lo hai pagato soprattutto tu! Avrei dovuto tenerti fuori dai miei casini, non fartici affondare.»
«Mi ci sarei infilato lo stesso. Mi hai dato la vita, mi hai cresciuto con valori e mi hai mantenuto per anni. Credi davvero che ti avrei voltato le spalle per il mio quieto vivere? E con che cuore avrei potuto farlo? Come avrei potuto fingere che filasse tutto liscio mentre la tua incolumità e quella della mamma erano a rischio?»

Papà si mise in piedi e svitò nervosamente il tappo di una bottiglietta di plastica, bevendo un lungo sorso d'acqua. I raggi del sole che entravano dalle finestre avvolgevano la sua figura in un alone dorato conferendogli l'aria da guerriero che per me era davvero: uscire quasi indenne dall'inferno non era cosa da tutti. Mi misi in piedi anche io, deciso a non lasciar cadere la conversazione adesso che era in un punto così cruciale. Lo afferrai dalle spalle e puntai lo sguardo nel suo. Ero poco più alto di lui, ma di stazza non c'era paragone. Il suo fisico era stato forgiato dal lavoro nei cantieri edili sin dall'adolescenza; le spalle erano il doppio più larghe delle mie e la pelle delle sue mani spessa e ruvida.

«È ora di voltare pagina, papà.»
«Ci sto provando da un sacco di tempo.»
«Provaci meglio» insistetti. «Non solo per il tuo bene, ma per il bene di tutti. Pensaci... Perché continuare a rovinarsi le giornate per un problema che non c'è più? Ne siamo usciti.» «Grazie a te.»
«Sì, grazie a me. Ma se sono diventato ciò che sono è solo grazie ai tuoi insegnamenti e a quelli della mamma. So cosa significa abbandonare un lavoro che si ama per farne un altro soltanto per pura esigenza, ma che importa, fra un po' andrai in pensione.» Gli strizzai un occhio sornione e lui sospirò.
«Finn...» «Papà» lo interruppi ancora. «In questo periodo delicato ho bisogno che tu sia in te al cento percento. Sto per sposarmi e anche se lo desidero con tutto me stesso, me la sto facendo addosso. Di brutto.» Stavolta scoppiò a ridere di gusto gettando la testa all'indietro, poi fu il suo turno di afferrarmi per le spalle. La sua espressione era un po' più sollevata e anche se non mi aveva dato una risposta, compresi che ce l'avrebbe messa tutta per seguire i miei consigli.

«Fai bene ad avere paura» mi prese in giro sollevando un sopracciglio. «Dopo il matrimonio l'uomo perde ogni diritto. Persino quello di parlare.»

•●●-----~-----●●•
Nel prossimo capitolo:
«Ciò non toglie che ti devi fidare di me, Millie. Ti devi fidare di noi. Capisco il peso che possono avere le parole di una madre, ma per ridurti in questo stato significa che in te trova terreno fertile. Hai dubbi sulla nostra storia.»
«Ho solo paura.»
«Non si costruisce niente sulla base della paura. Inciamperemo e inciamperemo di continuo, passeremo cento serate come queste, litigheremo finché non ci stancheremo di fare anche quello e cadremo senza avere più la forza di rialzarci.»
Il suo tono serio mi fece correre un brivido lungo la schiena.

~---------------~
Questo capitolo esce di Domenica perchè non so se riuscirò a pubblicarne uno questo Giovedì, ma farò di tutto per farne uscire un altro!

An Endless Night ~ Fillie ~ Forever With YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora