Parte 11. Arrendersi è la cosa più dura

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Gianluca si arrese alla situazione. Era arrabbiato, è vero. O per lo meno all'inizio lo era. Perché Celeste non gli aveva detto nulla fino a quel momento, fino all'ultimo istante. Però capiva anche che il rapporto tra loro si era rarefatto negli ultimi mesi, e che lei, anche se per un motivo che lui non condivideva, ce l'aveva con lui.

Col tempo, quindi, la rabbia era svanita, ma non lo sfavamento. Adesso, però, lo sfavamento era diventato una piena accettazione della situazione. Si era arreso a sé stesso.

Aveva visto Giulia una serie di volte. Una sera si sentiva carico, carico della rabbia che sentiva per Celeste, e si era forzato ad ottenere ciò che voleva da Giulia. Voleva un contatto, voleva carne, voleva pelle. Si era spinto quindi un po' oltre con lei, ma senza ancora arrivare in fondo, no. Quello era il finale succulento riservato all'incontro successivo.Giulia ignorava che lui avesse rivisto Celeste, merito della sfacciataggine di Gianluca, e col tempo si era ammorbidita sempre di più, diventando una ragazza quasi dolce e affettuosa.

Il successivo incontro, finalmente, arrivò. Lei come sempre vestita in modo impeccabile. Lui, camicia bianca, jeans blu strappati e dopobarba dal profumo felino. L'aveva portata a cena fuori e poi l'aveva invitata a casa; l'aveva accarezzata, poi toccata, poi quasi selvaggiamente presa. E poi, quando stava per indossare la sua protezione, si era bloccato.

D'un tratto si era frenato tutto il suo impulso sessuale. Il cellulare gli si era illuminato per un messaggio e aveva visto per caso la data. Il suo cuore aveva sussultato.

Celeste sarebbe tornata tra tre mesi.

Quindi, questo voleva dire che erano già passati tre mesi, la metà del tempo. Metà del tempo che lo separava da lei. Non voleva ammetterlo ma sentiva molto la sua mancanza.

E così, d'un tratto, si placò.

Giulia lo guardò con aria interrogativa e un po' infastidita, non capendo la situazione:

<<C'è qualche problema?>> chiese. Lui non rispose e si sedette sul bordo del letto, con l'aria afflitta; si girò poi dall'altro lato chiudendosi in sé stesso. La vergogna, lo sfavamento, il non sapere cosa fare, la fitta per la mancanza di Celeste. Era sopraffatto. Tutti i sentimenti che aveva cercato di tenere a bada erano esplosi in lui e fuori di lui, attraversandogli la pelle e disperdendosi nell'aria. Lei provò varie volte e chiedergli cosa avesse, ma dopo un infinito silenzio da parte sua si alzò, infuriata, e gli urlò:

<<Voi ragazzi siete proprio degli immaturi! Quando c'è un problema lì, al vostro affare, non se ne può parlare, diventa un tabù! Ma crescete un po'!>>

Si rivestì, si rimise i tacchi vertiginosi e se andò chiamando un taxi, perché era stato lui ad andarla a prendere quindi era senza macchina. 

Lui non si era mosso.

Rimase lì, sul letto, a pensare. O meglio, a vegetare. Sentiva un po' freddo perché la finestra era spalancata, e anche se era ancora inizio settembre, l'aria cominciava a rinfrescare. Così, si ritrovò nudo, sul bordo del letto, di fronte al blu intenso della notte che dalla finestra sembrava volersi affacciare in camera sua, sbirciando tra i suoi dolori.

E così realizzò che era inevitabile. Non poteva soffocare i suoi sentimenti, che ora apparivano cristallini. Dello stesso azzurro cristallo dei suoi occhi. Non poteva non amare Celeste.

Si arrese. Ed aspettò.

Fiori celesti tra i sassiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora