Roma, 30 ottobre 1847

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Emilia ripiegò con cura l'ultima lettera di Giorgio e la ripose, ancora sconvolta da ciò che aveva appena letto, nel decoratissimo portagioie destinato a raccogliere ognuna di esse.

Stava per intingere la penna nel calamaio (anche se non aveva la più pallida idea su come rispondere) quando la porta della camera sbatté violentemente contro il muro.

Non ebbe nemmeno bisogno di voltare la testa per capire chi fosse. "Jessica" disse, tenendo lo sguardo fisso sul muro davanti a lei (per timore della celebre intuizione dell'amica) "la grazia non è certo una tua dote".

Jessica Piperno proveniva da una delle famiglie più agiate del ghetto di Roma, le cui mura (pur essendovi stata una certa apertura verso gli ebrei da parte del pontefice in carica) non erano ancora state abbattute.

I genitori di Emilia, d'altra parte, benchè la loro indole fosse piuttosto conservatrice, avevano fatto propri i principi tipici dell'Illuminismo circa la tolleranza e vedevano di buon occhio l'amicizia fra le due giovani (non solo per motivi etici, ma anche perché pensavano che questa, almeno in quel periodo, potesse giovare all'immagine della loro famiglia).

"Credo che tu lo sappia già, amica" rispose Jessica attraversando con foga la porta "ci sopportiamo da troppo tempo."

Emilia si alzò e andò il più velocemente possibile (il vestito impediva loro di muoversi troppo rapidamente) ad abbracciare l'amica.

Sciolto l'abbraccio, Jessica adocchiò il portagioie sulla scrivania dell'amica. "Allora" chiese "che cosa ti ha scritto il povero Giorgio?"

Emilia tentò in tutti i modi di rimanere seria e di non far trapelare nessuno dei suoi pensieri, ma fallì miseramente.

"Per quale motivo sei così rossa? Che cosa ti ha scritto di tanto importante?"

Emilia provò a pronunciare suoni che potessero, almeno lontanamente, sembrare simili a frasi di senso compiuto. Il risultato, tuttavia, non fu quello aspettato.

"Avanti" chiedeva insistentemente Jessica "Come hai fatto a ridurti così? Non ti avrà forse chiesto di sposarlo?" chiese poi, credendo di essere giunta alla conclusione più lecita.

Emilia divenne ancora più rossa di quanto già non fosse e, non riuscendo a proferire parola, si limitò ad annuire.

"Davvero?" trillò l'amica circondandola con un soffocante abbraccio "Ma è fantastico"

Emilia respirò una, due, tre volte per riuscire a ritrovare il già perduto uso della parola.

"In verità non mi ha chiesto di sposarlo" precisò la giovane donna "mi ha scritto che ha intenzione di domandarmelo ufficialmente quando sarò sua ospite a Genova."

Jessica la guardò dubbiosa. "Non c'è molta differenza" decise infine "è come se te lo avesse chiesto."

"Non immagini da quanto tempo io aspetti questo momento." Sospirò Emilia, guardando con gli occhi della mente un futuro che l'amica non poteva vedere.

"Ci posso provare, amica" rispose Jessica ridacchiando "non fai che immaginare il tuo matrimonio da cinque anni, da quando lo hai incontrato."

"Tu esageri" sbuffò Emilia "sai bene che mi sono innamorata di lui soltanto leggendo e rispondendo alle sue lettere."

"Già, è vero" acconsentì Jessica "riempi le mie orecchie con i tuoi sogni amorosi da meno di cinque anni, posso sentirmi sollevata"

Emilia stava per ribattere, ma fu prontamente zittita dall'amica, che continuò "Ora però le tue speranze si stanno realizzando, non vedo l'ora di giocare con tanti piccoli Giorgio" e Jessica gesticolò in modo da far capire quanto piccoli sarebbero stati "o con tante piccole Emilia."

In quel momento Jessica si accorse che la porta della stanza era ancora spalancata e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno lì vicino, la chiuse.

"Dei piccoli repubblicani, insomma."

"Jessica!" Emilia, divenuta più bianca della ceramica di cui era costituito il suo portagioie, si avvicinò di scatto all'amica "non puoi parlare di certe cose, rischiamo di essere sentite!"

"Non adesso" rispose pronta Jessica, con uno strano luccichio negli occhi "i tuoi genitori non sono in casa."

"La serv... " provò a proferire Emilia, ma Jessica aveva già la risposta pronta "La servitù non si sognerebbe mai di denunciare la figlia dei padroni di casa, cara" Si girò verso la porta "comunque ho controllato prima, non c'è nessuno fuori."

Emilia si arrese davanti alla provata caparbietà dell'amica "Che cosa vuoi sapere?" domandò sottovoce.

"Sai se hanno intenzione di riprovare a incontrare Mazzini? L'ultima volta, da quel che ricordo, non è andata molto bene." Jessica, mentre stava chiedendo tali notizie, aveva inclinato il busto verso l'amica, mostrandosi veramente interessata alla risposta.

"Purtroppo no" rispose avvilita questa "Basandomi su quello che ho compreso leggendo le sue lettere, credo che suo padre abbia intuito il suo scopo e, attualmente, si rifiuti di essere accompagnato da lui nei suoi futuri viaggi in Gran Bretagna"

Jessica sbuffò sonoramente "Abbiamo perso una grande occasione" e, scuotendo rapidamente la testa, domandò "Ma perché è andato soltanto Giorgio? So bene che questa è stata tutta una loro iniziativa, ma non poteva almeno farsi accompagnare da Marco, l'amico di cui tanto racconta nelle lettere?"

"Marco, purtroppo per tutti, soffre il mal di mare e non avrebbe retto un viaggio così lungo" Poi aggiunse una battuta dal suono amaro "Ma per quale motivo ci serve la rivoluzione quando abbiamo Pio IX?"

Dopo aver sentito quel nome Jessica assunse una faccia più disgustata di quella che avrebbe potuto assumere Dante davanti al nome di Bonifacio VIII.

"Non parlarmi di lui!" sbottò Jessica, improvvisamente irata "ne ho già discusso abbastanza con mio fratello Gabriele."

"E qual è l'opinione di tuo fratello?" la interrogò Emilia, sinceramente incuriosita.

"A lui questo papa piace, crede che sia il papa che più di tutti si è dimostrato tollerante nei confronti degli ebrei" sputò Jessica, ormai inacidita

"E tu non sei affatto d'accordo con lui" affermò Emilia, che conosceva molto bene l'amica.

"Ma certo!" esclamò Jessica "Non vi è alcun merito ad essere civili e tolleranti, dovrebbe esserlo tutta la popolazione, soprattutto chi governa, ma vi è un forte demerito nell'essere intolleranti e incivili" continuò, piena di ardore "Pio IX ha solo il merito di aver fatto suoi alcuni dei meriti dei francesi. Ovviamente stiamo molto meglio di quando eravamo umiliati nelle corse del carnevale o costretti ad indossare un copricapo giallo per essere riconosciuti all'istante. Ma che merito c'è nel fermare un'ingiustizia quando si hanno nelle proprie mani tutti i poteri per riuscire a farlo?"

"Nessuno, è semplicemente un atto di civiltà" asserì Emilia "ma non hai espresso queste tue ragioni a tuo fratello?"

"Certo che l'ho fatto!" rispose Jessica, piccata "Ma non è servito a nulla."

Jessica si lasciò andare, sfinita, su una delle due sedie. Emilia, che aveva compreso l'estrema tristezza dell'amica, decise di spostare l'oggetto della conversazione su argomenti più leggeri.

Ignare del futuro che le attendeva, le due giovinette discutevano di amori e di speranze.

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