Gabriele entrò con estrema cautela nella stanza dove si trovava, in quel momento, sua sorella Jessica.
La scoprì a cucire bandiere e coccarde tricolori, come era solita fare in quei momenti in cui sentiva il bisogno di sfogare l'ardore politico che non poteva mostrare pubblicamente.
"Mia cara sorella" disse "capisco che adesso viviamo in un clima di maggiore libertà, ma non mi sembra il caso di ricamare Dio e popolo e altri motti mazziniani sulle bandiere".
Jessica alzò lo sguardo dal tricolore e fissò il fratello negli occhi "Che cosa preferisci che scriva? Forse Viva Pio IX? So bene che a te questo Papa piace".
"Si può sapere cosa ti ha fatto?!" esclamò Gabriele, stupito "Da quando è diventato pontefice ha messo in atto una serie di riforme mai viste prima, anche verso di noi, come fai a non apprezzarlo? Nessun pontefice, fino ad oggi, si è mostrato così tollerante nei confronti dei suoi sudditi".
"Quindi è questo quello che mi offri? Il migliore dei padroni possibili? Di scegliere se essere mandati al macello con la frusta o con le carezze? No grazie, io voglio essere completamente libera" rispose Jessica, furibonda.
"Ha abolito quelle umilianti cerimonie..." provò a proferire il povero Gabriele.
Ed era vero, prima di allora i rappresentanti della comunità ebraica, mentre consegnavano i tributi per il carnevale, erano costretti ad inginocchiarsi per ricevere un simbolico calcio che ribadiva la misera considerazione in cui era tenuta la loro comunità. Questa vergogna del mondo civile durava da secoli.
"Dimmi: è forse maggiore il merito di Pio IX o la colpa di coloro che hanno ideato questo... Questo schifo?" Jessica si stava infuriando poco a poco.
"Ovvio che sia maggiore la colpa, ma devi comunque pensare che... Lascia stare!" esclamò poi, non avendo più nessun desiderio di continuare la discussione "non voglio essere il sostituto di Emilia, sappiamo tutti che ti manca".
"Certo che mi manca" rispose Jessica, rattristata "ora ci sentiamo soltanto per lettera: la vorrei vedere di persona".
"A proposito, ti ha forse accennato ciò che sta succedendo a Milano?" domandò Gabriele, cauto.
"No... Per quale motivo? Cosa sta accadendo?".
Gabriele rimase interdetto "Ma come?! Pensavo che tu sapessi...".
"No, non lo so" fu la risposta di Jessica "Non tenermi sulle spine! Parla!"
"I milanesi stanno scioperando, si rifiutano di comprare sigari e si astengono dal gioco del lotto, e tutto questo per non pagare le tasse per il governo austriaco!" raccontò Gabriele, entusiasta.
"Dici che possa essere questa la scintilla che farà scoppiare la nostra rivoluzione? Dopotutto quella americana è nata a causa delle tasse sul tè..." riflettè Jessica, mentre pensieri rivoluzionari e patriottici si affacciavano nella sua testa: che fosse proprio questo il momento giusto?
"Come sempre, sorella, tu citi una repubblica" le fece notare Gabriele, che ben conosceva gli ideali della sorella.
"È coerente con le mie idee!" esclamò Jessica "certamente non posso citare esempi monarchici, questi sono una tua prerogativa".
"Credo semplicemente che gli uomini non siano in grado di governarsi completamente da soli, il risultato sarebbe la sola confusione" rispose Gabriele, ostentando la sua poca fiducia negli esseri umani.
"Le repubbliche sono esistite nell'antichità e nel medioevo, non erano votate al caos!" ribattè acida la sorella.
"E cosa sono divenuti? Imperi e signorie. Per non parlare della corruzione che dilagava in ogni angolo di questi stati" rispose Gabriele, ormai contagiato dalla discussione.
Jessica abbandonò il tricolore su cui stava lavorando e balzò in piedi "La corruzione è una malattia della democrazia" esclamò "non la democrazia stessa! Se tutti, uomini e donne, ricevessero una certa educazione, allora..."
"Aspetta, aspetta" la fermò il fratello, stupito da un particolare presente in quella frase "uomini e donne ? Mi ero perso questa tua opinione".
"Dimmi, fratello" rispose Jessica, con una punta d'orgoglio "secondo te io, una donna, mi batto soltanto per il suffragio universale maschile? Il diritto di voto deve essere esteso a tutti, uomini e donne".
Gabriele trattenne a stento una risata "Ora capisco perché ami tanto l'episodio di Giuditta e Oloferne!".
"Spiegami se ho capito bene" continuò Gabriele, incuriosito "speri in una Repubblica Italiana nella quale tutta la popolazione abbia diritto di voto?"
Jessica lo fissò negli occhi, fiera come non era mai stata "Esattamente" fu la sua risposta.
"Sognatrice!" ridacchiò ancora Gabriele "Forse tra un secolo, non certo oggi".
"Allora" rispose Jessica "aspetterò un secolo".
"Ammiro la tua determinazione, sorella, io non sarei capace a fare lo stesso" disse Gabriele, abbassando notevolmente il tono della voce rispetto a prima.
"Gabriele" cominciò Jessica "dimmi: se scoppiasse una guerra contro gli austriaci, tu parteciperesti?"
"Per fare l'Italia?" rispose Gabriele "Certo che parteciperei, ma non chiedermi di fare la repubblica".
"Non te lo chiederei mai, fratello" disse Jessica, con un lieve sorriso "non ti obbligherei mai a combattere le mie battaglie".
"Perché già le stai combattendo quasi con troppo impegno" continuò Gabriele, con un tono di voce assai preoccupato "non frainterdermi" disse, notando la mutata espressione della sorella "ma ho paura per te, stai diventando incosciente! Sei mia sorella, ti voglio bene, non... Non ti voglio vedere in carcere o al patibolo!" .
Gabriele tremava nel pronuciare l'ultima frase, nella quale esprimeva sue le paure nei confronti della persona a lui più cara.
"Ti ringrazio per la tua preccupazione" fu la pacata risposta di Jessica "ti capisco, anche io, se le parti fossero invertite, avrei il tuo stesso timore".
Jessica si sedette e cominciò nuovamente a ricamare bandiere tricolori "ma non posso fermarmi, ormai ho scelto questa come missione da compiere".
"Sembra piuttosto che essa abbia scelto te" rispose Gabriele, più moderato della sorella "ti rendi conto che da quando hai conosciuto le idee di quel cospiratore sei diventata un ideale parlante? Già prima avevi una volontà granitica, ma adesso..."
Gabriele si voltò sconsolato verso la sorella, come sperando in una risposta negativa, in un diniego, ma quella continuò ad utilizzare ago e filo fino a quando l'ultima o di popolo non fu completata.
I due giovani fratelli, senza aver bisogno di proferire parola, decisero di non discutere più di politica, dal momento che sia l'uno sia l'altra credevano che il consanguineo fosse nel torto.
Nessuno dei due poteva sapere che la Storia avrebbe dato ragione a entrambi.

STAI LEGGENDO
Tra amore e speranze
Ficción históricaItalia, 1847 Giorgio Bacigalupo è figlio di un mercante genovese, Emilia Felici è una giovane donna romana. I due giovani sono innamorati follemente e vorrebbero sposarsi. Ma il 1848 è alle porte e Giorgio, giovane mazziniano, andrà volontariamente...