Marco spostò il fucile con un tocco del piede, facendo attenzione a non toccare la baionetta. I suoi commilitoni facevano festa poco lontano da lui, ma egli ancora non si sentiva pronto.
I colpi di fucile. Le lame delle baionette. Il sibilante suono delle pallottole che gli sfrecciavano accanto. Parole italiane e tedesche. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue Rosso.
Giorgio si avvicinò al cugino, preoccupato per lui. "Marco" disse il riccio con il tono più tranquillo possibile "adesso è finita, abbiamo vinto".
Marco sollevò lentamente la testa dalle mani che l'avevano sostenuta fino a quel momento e il suo sguardo, che ancora era atterrito, si posò sul volto dell'amico.
La paura di morire. Il disgusto di uccidere. La pelle che tremava. Il cuore che batteva. Contava i secondi. I suoi ultimi secondi. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue Rosso.
Era finita, avevano vinto. Queste parole entrarono nella mente di Marco, taglienti come una spada affilata; avevano vinto, era finita: ora che cosa sarebbe cambiato?
Gli ordini da eseguire. Il sangue che bagna le divise. Gli stivali che stringono. Il peso del fucile. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue Rosso.
Marco scosse velocemente la testa, cercando di scacciare i ricordi dei fatti appena accaduti. "Lo so" rispose "ma devo ancora comprenderlo".
Giorgio al suo fianco. Un proiettile che sibila al loro fianco. Giorgio che inciampa. Tancredi che gli porge la mano. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue Rosso.
Giorgio si sedette vicino a lui. "Potrebbe essere l'inizio di tutto..." sospirò, rivolto più al futuro che al cugino.
Marco annuì, ancora non completamente integrato nella conversazione.
Un soldato austriaco che sta per sparare alle schiena di Tancredi. Non è più possibile avvisarlo in tempo. Un colpo. Un volto a lui ignoto, ma non a Giorgio "Gabriele!". Erba verde. Nuvole bianche. Sangue Rosso.
"L'inizio di un regno sabaudo" la voce di Tancredi risuonò accanto a loro "non è meraviglioso?".
"Vi ho appena conosciuto, Tancredi, e già non vi sopporto" fu la risposta di Gabriele all'evidente ironia del milanese "la monarchia è certamente più probabile della repubblica".
Gabriele che spara al soldato. Il soldato che si spaventa. Il sangue che esce. Il soldato che si contorce. Il soldato che muore. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue Rosso.
"Gabriele" ridacchiò Tancredi "ho già detto che ci dovremmo dare del tu, non ha senso utilizzare un così formale voi se rischiamo di morire insieme".
"Come vuoi tu allora, Tancredi" rispose il romano "ma rimane comunque il fatto che la monarchia è preferibile alla repubblica".
"Io invece ti sopporto solo perché tu mi hai salvato la vita" ribattè Tancredi "tu credi che la monarchia sia migliore soltanto perché non hai mai conosciuto un governo diverso".
Le baionette che tagliano l'aria. Il fucile da ricaricare. Dover trovare un posto riparato. Paura di morire. Terrore. Erba verde.
Nuvole Bianche. Sangue Rosso.Gabriele inarcò le sopracciglia "Nemmeno tu hai mai conosciuto la repubblica, Tancredi, o forse sei abbastanza vecchio da aver visto la rivoluzione francese?" rispose "Per quale motivo credi che possa essere migliore?".
Giorgio, ancora seduto vicino a Marco, si sentì in dovere di assumere le difese dell'amico milanese. "Non ne siamo certi" fu la sua risposta "ma vediamo i tiranni di ogni genere opprimere l'ideale repubblicano. Sono curioso di sapere" continuò "per quale motivo sei ancora monarchico dopo il recente comportamento del Papa".
"Viva l'Italia!" che risuona nel campo di battaglia. Il tricolore che ondeggia nel vento. Il tricolore con lo stemma sabaudo. Lo avrebbe preferito senza. Erba verde. Nuvole Bianche. Sangue Rosso.
"Ho perso la fiducia in Pio IX" fu la replica di Gabriele "ma credo ancora nell'istituzione monarchica. Probabilmente l'unità d'Italia sarà compito dei Savoia".
"Carlo Alberto non ha nemmeno la capacità di portare a compimento una decisione da lui stesso presa: sceglie ciò che, in base alla situazione in cui si trova, per lui è più conveniente, come ha fatto nel '21" sputò con disprezzo Giorgio, che mal sopportava il legittimo sovrano del suo stato di nascita "magari questo atteggiamento sarà mantenuto dai suoi discendenti" concluse, mostrando il suo astio nei confronti dell'intera dinastia.
I compagni che cadono sul terreno. La nuvola di polvere alzata dalla corsa dei soldati. Paura. I rumori dei fucili. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue rosso.
"Che cosa avrebbe dovuto fare?" Sbottò Gabriele "Lasciare che quel reazionario di Carlo Felice lo estromettesse dal trono? Non ha avuto scelta!".
Giorgio e Tancredi stavano prendendo fuoco: la loro fede repubblicana era troppo radicata nei loro cuori e non avrebbero mai approvato le parole pronunciate dal romano.
La repubblica non era, secondo loro, una semplice forma di governo, ma l'unica via che permettesse alla libertà, all'uguaglianza e alla fraternità, ereditate dai rivoluzionari di Francia, di essere vissute.
Anche Gabriele, d'altra parte, si stava accendendo: non aveva particolarmente a cuore i Savoia, ma, poiché essi erano stati attaccati verbalmente dalle parole dei due repubblicani, Gabriele si sentì in dovere di difendere il suo credo monarchico.
Marco, pur essendo – come noi sappiamo – un convinto repubblicano, non si sentiva ancora pronto per discutere con i suoi amici e commilitoni.
Il nitrito dei cavalli. Le urla dei soldati. Destrieri senza cavalieri. Urla di dolore. Fucili austriaci e italiani. Sangue italiano e austriaco. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue rosso.
"All'epoca era un principe" fu la replica di Tancredi "ha avuto più libertà di azione di ognuno di noi. Non è vero che non abbia avuto scelta" proseguì "Già in quei momenti aveva delle responsabilità nei confronti del popolo, quello stesso popolo che ha creduto in lui".
"Vedi Gabriele" continuò Giorgio con un tono piuttosto amaro "questo è uno dei motivi a causa dei quali sono repubblicano: in una monarchia la responsabilità è del re che ha in mano il governo, in una repubblica, qualsiasi cosa accada, la responsabilità è soltanto del popolo che elegge i suoi rappresentanti".
Il sudore che scivola sulla sua fronte. Il suo respiro affannato. Le lacrime dettate dall'ansia che solcano il suo viso. Il cielo blu sopra di lui. Un dovere da compiere. Erba verde. Nuvole bianche. Sangue rosso.
Marco ormai sapeva che, se si fosse risvegliato la mattina del giorno che aveva preceduto la battaglia, avrebbe combattuto comunque. Non si trattava, in quel momento, di scegliere fra la repubblica e la monarchia; si trattava di una necessità: aveva combattuto per coloro che sarebbero venuti dopo di lui.
Forse, un giorno, i posteri si sarebbero ricordati di lui e dei suoi sogni. Egli, giovane della metà del diciannovesimo secolo, non poteva conoscere in quale modo essi avrebbero utilizzato le sue speranze, ma – nel profondo del suo cuore – sperava di poter essere ricordato in mezzo all'inebriante profumo della libertà.
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Tra amore e speranze
Historical FictionItalia, 1847 Giorgio Bacigalupo è figlio di un mercante genovese, Emilia Felici è una giovane donna romana. I due giovani sono innamorati follemente e vorrebbero sposarsi. Ma il 1848 è alle porte e Giorgio, giovane mazziniano, andrà volontariamente...