Roma, 26 marzo 1848

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C'era tensione nella casa della famiglia Piperno: Gabriele, di solito un poco più loquace, teneva gli occhi fissi sul piatto, come se stesse rimuginando qualcosa dentro di sé; Jessica, che aveva ben compreso ciò che sarebbe accaduto da lì a poco, guardava costantemente il fratello, come se volesse chiedergli di accendere la miccia che avrebbe fatto scoppiare l'incendio; i due genitori, Giacobbe Piperno ed Elisabetta Pontecorvo, si guardavano l'un l'altra, interrogandosi circa quel mistero che stava rendendo più cupo il loro pasto.

Il respiro di un fantasma si sarebbe sentito più che chiaramente, tanto era il silenzio. In quella quiete angosciante Gabriele posò con decisione il bicchiere sul tavolo, in quell'angosciante quiete Gabriele sbottò: "voglio unirmi ai volontari romani!"

Nulla fu più come prima: gli occhi dei coniugi Piperno uscirono dalle loro abituali sedi, le loro bocche si torsero in una smorfia di terrore e di ribrezzo, l'aria smise, per qualche attimo, di entrare nei loro polmoni.

Forse dopo attimi, forse dopo anni, il signor Piperno riuscì a trovare la facoltà di parlare, che sembrava essere andata perduta.

"Te lo proibisco!" ordinò in modo perentorio, cercando gli occhi della moglie per avere la conferma di quel divieto. Ella si limitò ad annuire, ancora scossa dall'annuncio.

"Perché? Perché non volete che segua i miei ideali?" chiese il giovane Gabriele, pur conoscendo in anticipo la risposta, tanti erano stati i litigi sull'argomento.

"Conosci bene il motivo!" rispose adirato il padre "sai bene che né io né tua madre abbiamo mai approvato ciò in cui tu, e soprattutto tua sorella" Jessica drizzò gli occhi, sentendosi chiamata in causa "ti stai immischiando! Non approviamo nessun tipo di guerra".

"Non credi che possa avere ideali diversi dai vostri?" domandò Gabriele, nervoso "Ideali ugualmente degni di essere ascoltati e vissuti?".

"Se deciderai di unirti a loro, non tornare sotto questo tetto!".

"Ho ventidue anni" urlò Gabriele, arrabbiato "vivrò con i miei commilitoni!". Detto questo si alzò e si diresse nella sua camera, seguito da una sconvolta Jessica.

Jessica si avvicinò con cautela al fratello, seduto sul letto con la testa fra le mani.

Gabriele, avendo riconosciuto il suo passo, alzò il volto dai palmi "Perché non hai detto niente?" chiese stupito alla sorella.

"Avrei solo peggiorato le cose" rispose la fanciulla "urlarsi contro non porta mai a nulla di buono".

"Infatti... Lo hai appena sentito" continuò Gabriele, arrabbiato "ma per quale dannato motivo si comporta così?".

Jessica lo guardò interrogativa "Davvero non lo capisci?".

Gabriele, non conoscendo la risposta, scosse la testa "No, dovrei? Non riesco a mettermi nei suoi panni e non credo che ci possa mai riuscire , mi dispiace".

Jessica guardò il fratello nello stesso modo in cui si guarda un infante che ancora non ha compreso il funzionamento dei sentimenti umani "Gabriele" disse "quale genitore vorrebbe che il proprio figlio vada a rischiare la vita in guerra?".

"Pensi che sia questo il motivo?" domandò il giovane, stupito dall'insolita empatia della sorella.

"Non lo penso, sono più che certa: non vuole perderti" fu la secca risposta di Jessica.

"Se tu avessi ragione" chiese ancora Gabriele, che già credeva alla teoria della sorella "in quale maniera potrei mai convincerlo?".

Gli occhi di Jessica si rattristarono "Non lo so, mi dispiace" rispose.

I due coniugi Piperno erano rimasti davanti ai loro piatti, incapaci di comprendere pienamente quanto era appena accaduto.

Fu Elisabetta a rivolgersi per prima al marito "Sai" disse "secondo me stiamo sbagliando".

"E allora che cosa vuoi che faccia?" le chiese uno sbalordito Giacobbe Piperno "vuoi che lo lasci andare a farsi uccidere?".

"No" rispose mesta la moglie "ma non puoi rinchiuderlo qui, sarebbe dannoso".

"Non stiamo parlando di lasciargli fare i suoi sbagli" rispose il padre di Gabriele e Jessica, credendo di aver compreso l'argomentazione della moglie "se combattesse rischierebbe la vita".

"Non mi riferivo a quello" rispose secca la signora Piperno "Ma devi lasciarlo andare proprio perché rischia di morire".

"Che cosa stai dicendo?" chiese Giacobbe, frastornato.

"Sai bene che non ci obbedirà" fu la risposta di Elisabetta "se non potrà passare dalla porta, fuggirà dalla finestra; se la finestra sarà sprangata, disintegrerà un muro pur di andare. E sai bene che sua sorella, nostra figlia, sarebbe sua alleata".

"E quindi?" domandò nuovamente il burbero signor Piperno.

"Quindi, se sarà costretto ad agire in questo modo e se morirà in guerra" fu la triste risposta di Elisabetta, che, mentre parlava, fissava gli occhi del marito "questo, probabilmente sarà l'ultimo ricordo che noi avremo di lui: vuoi davvero che sia così?"

"Certo che no" mormorò Giacobbe Piperno, gli occhi sul pavimento. A poco a poco il su sguardo raggiunse quello della moglie "Che cosa dobbiamo fare?".

"Dobbiamo lasciarlo andare, Giacobbe" fu la risposta di Elisabetta.

Giacobbe annuì. I due coniugi si alzarono e si diressero lentamente, quasi fossero spaventati, verso la camera dei figli.

La porta era chiusa. Dopo qualche attimo, Giacobbe bussò.

Jessica e Gabriele non si sarebbero mai aspettati quel rumore; si guardarono negli occhi prima di rispondere contemporaneamente "Avanti".

La porta non era completamente integra, cigolava quando veniva aperta. A poco a poco si spalancò e i due coniugi Piperno apparvero sulla soglia.

"Ehm" mormorò il signor Piperno davanti agli occhi interrogativi dei figli, incapace di rinunciare completamente al suo orgoglio "ho deciso di lasciarti andare".

Gabriele, sorpreso come non era mai stato, saltò in piedi "Davvero? Grazie!" disse abbracciando il genitore.

Un dubbio maturò nella sua mente "Ma" chiese "siete sicuri?" .

"Si" rispose Giacobbe Piperno "è meglio così, ormai non possiamo più rinchiuderti".

"Grazie" mormorò una seconda volta il primogenito "vi prometto di stare attento".

Giacobbe Piperno alzò gli occhi al cielo e gli altri tre potrebbero giurare di averlo sentito sibilare "Almeno quello".

"Solo una cosa non mi rende completamente contenta" disse improvvisamente Jessica, che non aveva mai fatto sua la capacità di tacere per lungo tempo.

"Che cosa?" domandarono stupiti i restanti.

"Il fatto che tu vada a combattere indossando una croce sull'uniforme" fu la semplice risposta di Jessica.

"Oh Jessica" rispose Gabriele, ridacchiando "non eri stata forse tu a dire che ogni ideale che contenga in se stesso l'idea di libertà è degno di rispetto?".

Jessica sembrò offesa "Lo so bene, fratello, mi sembra solo strano: immagino di dovermi abituare" Jessica fissò il fratello negli occhi, mimando una risata "Le uniformi non ti hanno mai donato molto, ti fanno sembrare un gambero". La famiglia Piperno scoppiò a ridere e mantenne un'immagine allegra durante il resto della serata.

Il giorno dopo Gabriele partì.

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