Erano quasi le sette del mattino quando la nave, partita da Roma, arrivò nel porto di Genova.
Emilia, da tempo ormai immemore, stava scrutando quelle lontane e sfocate figure che da vicino prendono il nome di esseri umani, tentando invano di riconoscere fra esse il suo Giorgio.
Eccolo!
Tra quella folla composta dai lavoratori più poveri e da coloro che, per loro fortuna, erano nati in una famiglia maggiormente agiata, la giovine Romana intravide un cespuglio nero che aveva radici nella cervice di un ventenne che ella conosceva assai bene.
Si affrettò a raggiungere il punto più vicino all'uscita e, contemporaneamente, cercò di essere vista dal giovane da lei amato.
Non appena le fu consentito, scese in fretta dalla nave, dirigendosi verso il genovese che, avendola riconosciuta, le stava correndo incontro.
Solo Io e Dio possiamo sapere quanto i due innamorati volessero abbracciarsi, baciarsi; solo Io e Dio abbiamo la facoltà di conoscere quanto odiassero, in quel preciso istante le regole e le convenzioni che avevano tacitamente imposto loro, nati in quel secolo infausto, di fermarsi.
Dunque Emilia e Giorgio si bloccarono proprio mentre stavano per slanciarsi l'uno verso l'altra, entrambi fermi come un predatore che, avvistata la preda, assume la giusta posizione per poter attaccare in qualsiasi momento.
Nel freddo, tetro, cupo e rigido clima invernale, i due giovani guardarono l'una negli occhi dell'altro. Avevano aspettato da così tanto tempo questo momento che, ora, ogni parola sarebbe stata vana: con la loro sola presenza esprimevano l'amore che provavano.
Non potevano però comprenderlo i genitori di Emilia, Antonio Felici e Teresa Proietti che, con un passo molto più lento di quello della figlia, si diressero verso i genovesi.
Ad aspettarli trovarono due uomini, uno più anziano dell'altro.
Rodolfo Bacigalupo, padre del nostro Giorgio, si avvicinò ai suoi ospiti.
"Miei carissimi amici, come è andato il viaggio? Vedo che la servitù sta scaricando i vostri bagagli. Prego, seguitemi"
Il piccolo corteo si diresse verso una lunga carrozza posizionata non molto lontano e si diressero verso la dimora dei Bacigalupo.
Quando giunsero alla loro meta, gli uomini, dopo essere scesi dalla carrozza, aiutarono le loro signore a fare lo stesso senza inciampare nei loro ingombranti abiti.
Rodolfo si avvicinò ai suoi ospiti "Vi prego di seguirmi" disse "i vostri bagagli saranno trasportati in quel palazzo di mia proprietà" aggiunse indicando un edificio di fronte a casa sua "Voi potrete rimanere quanto vorrete, non vi sono limiti di tempo. Ora, se non vi siete stancati troppo durante il viaggio, mi piacerebbe offrirvi un piccolo rinfresco."
I tre romani seguirono i due genovesi all'interno della casa. Dopo aver lasciato cappelli e mantelli nell'anticamera entrarono in salotto.
Trovarono una donna e due uomini ad aspettarli.
I tre sconosciuti, non appena gli ospiti entrarono nella stanza, si alzarono in piedi.
Il Bacigalupo più anziano li presentò agli ospiti romani; essi erano Luisa Delfino, sorella della defunta madre di Giorgio, suo marito Cristoforo Ferrando e il frutto del loro amore, il nostro Marco.
Dopo ogni stretta di mano e ogni baciamano richiesto dall'etichetta, le due famiglie presero posto su un divanetto e cominciarono a gustare le vivande che la servitù portava loro.
"Mi stupisce, caro Rodolfo" cominciò Teresa "che i nostri due eredi non si siano ancora rivolti la parola."
E come avrebbero potuto rivolgersi la parola? Quale parola sincera avrebbero potuto rivolgere alla persona amata alla presenza dei suoi genitori? Come un artista che, pur vedendo nella sua mente la più bella opera d'arte mai esistita, si blocca al momento di dover mettere su tela o su marmo quello che ha visto, così i due giovani, il cui amore era più profondo del Tartaro, erano impossibilitati a esprimere i loro sentimenti.
"Mia cara Teresa" rispose Rodolfo "non siete sola, io stesso sono stato enormemente colpito da tale comportamento. Giorgio" disse rivolgendosi al figlio "perché non ti ho ancora visto discorrere con Emilia?"
"Temevo" rispose il giovane "che si fosse stancata durante il viaggio e non volevo causarle un maggiore affaticamento." Ruotò la testa verso l'amata "Ora state meglio?"
"Si, ora mi sento molto meglio" lo rassicurò Emilia "vi ringrazio di avermelo chiesto."
"Correggetemi se sbaglio, cari amici, ma credo che nostri due adorati figlioletti debbano discutere di un argomento molto importante." Rodolfo si fermò un attimo, riprese fiato e continuò "Spero non vi dispiaccia se spostiamo il nostro incontro in un altro salotto."
Non appena ebbe detto ciò, come se obbedissero ad un segnale tra loro concordato, gli adulti lasciarono la stanza.
Non appena i più anziani ebbero abbandonato la sala, Marco si alzò e chiuse le porte, assicurando la maggiore intimità possibile ai due innamorati.
Vi state forse chiedendo perché, in un momento tanto intimo, sia presente anche Marco? Dovete sapere che, all'epoca, era sconveniente che due giovani di sesso opposto si incontrassero da soli, senza che nessuno vigilasse sul loro onore.
Emilia e Giorgio, non aspettando nemmeno che Marco finisse di chiudere i portoni, si gettarono l'una nelle braccia dell'altro.
"Quanto mi sei mancato!" sussurrò Emilia, stretta in un abbraccio che non si sarebbe mai sciolto.
"Ti ho pensato ogni giorno" le confidò Giorgio, pronto a confessare tutto ciò che non gli era stato possibile esprimere per lettera.
"Ehm" tossì Marco, cercando di far valere l'autorità che gli era stata assegnata.
"Oh, certo" esclamò Giorgio, vedendosi costretto a sciogliere l'abbraccio.
"Emilia" proclamò rivolgendosi all'amata "Costui è Marco, il mio più leale compagno di imprese e pensieri rivoluzionari."
"È un vero piacere conoscervi" asserì Marco, facendo il baciamano ad Emilia "Giorgio mi ha parlato molto di voi, mi sembra di conoscervi da tempo."
"Vale lo stesso per me" ridacchiò Emilia "credo che il vostro nome non sia apparso mai meno di una ventina di volte nelle lettere di Giorgio."
I tre giovani presero posto sul divano e Giorgio si rivolse ad Emilia "Come sai, mia cara, oggi ho intenzione di chiederti..."
"Si!" esclamò Emilia, senza permettere a Giorgio di finire la proposta "Lo voglio" continuò poi, cercando di non piangere.
Anche Giorgio aveva difficoltà a trattenere le lacrime di gioia che tanto avrebbero voluto uscire dai suoi occhi. Impacciato, mostrò ad Emilia un anello. A noi non importa sapere con quali metalli o con quali pietre fosse stato fabbricato, secondo Emilia questo era l'anello più bello di tutti i tempi e, poiché era destinato a lei, ciò ci basta.
"Chiamate Marco il vostro primogenito" decretò il migliore amico di Giorgio, cercando, con successo, di far ridere i due futuri sposi.
I tre giovani gioivano, pensando che quella felicità, destinata comunque ad essere effimera e caduca, sarebbe stata eterna.
STAI LEGGENDO
Tra amore e speranze
Historical FictionItalia, 1847 Giorgio Bacigalupo è figlio di un mercante genovese, Emilia Felici è una giovane donna romana. I due giovani sono innamorati follemente e vorrebbero sposarsi. Ma il 1848 è alle porte e Giorgio, giovane mazziniano, andrà volontariamente...