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                 -We are a mess.-

Le luci di New York fanno da sfondo a questo silenzioso viaggio in macchina, non nascondo di sentirmi leggermente in imbarazzo a stargli così vicino dopo tanto tempo passato a cercare di stargli più lontano possibile.
"Per quanto rimani a New York?" Chiedo a bassa voce, come se avessi paura di spezzare questo silenzio.
Siamo fermi ad un semaforo, così lui riesce a girare completamente il viso nella mia direzione per potermi guardare.
"A dire il vero non lo so con esattezza, credo più di un mese." Mi dice con tutta la calma possibile, per lui è normalissimo passare tanto tempo lontano da casa e dalla sua famiglia.
"Wow." Riesco a dire, annuendo.
"Ho accettato un contratto per pubblicizzare un marchio, dovrò fare pubblicità, interviste e foto." Mi informa e noto che la sua mano ora è appoggiata al mio sedile, ma non mi tocca, come se avesse paura di farlo.

Questa situazione è così strana, quasi irreale, fino a pochi giorni fa pensavo a quanto mi mancasse stare con lui e ora sono nella sua stessa macchina, diretta alla sua camera d'hotel.
Entrambi stiamo cercando di non parlare del nostro rapporto, vogliamo tenerci tutto per quando saremo finalmente in camera, per quando potremo sfogarci e, magari, chiederci scusa per i nostri errori.
Neymar svolta in una zona piena di grattacieli enormi, tutti adornati da milioni di lucine e insegne colorate, sembra di essere in mezzo ad un mercatino di Natale. Osservo tutto dal finestrino con la bocca leggermente spalancata, non sono mai venuta in questo posto, sono abituata a frequentare luoghi più "poveri".

"Benvenuta nel mio mondo." Scherza notando la mia espressione sorpresa, parcheggiando davanti ad un hotel gigante, formato da almeno tre edifici.
Non faccio in tempo a scendere che la mia portiera viene aperta da qualcun'altro, facendomi spaventare.
Esco e un ragazzo sui vent'anni mi saluta cordialmente, indossa una divisa rossa con rifiniture oro e un buffo cappellino nero sulla testa.
"Buonasera, signorina. Spero che il suo soggiorno in hotel sia di suo gradimento." Mi sorride richiudendo la portiera, di solito queste frasi sono abituata a pronunciarle, non a sentirmele dire.
"Grazie, lo sarà." Rispondo sorridendo, dopo di che Neymar mi raggiunge e lascia le chiavi al ragazzo, che sparisce a bordo della sua macchina.
"Te la parcheggiano?" Chiedo stupita, non avevo mai visto niente di simile.
"Certamente." Dice mentre mi conduce attraverso un sentierino di piastrelle all'interno della hall, le nostre mani si sfiorano, ma esitano a prendersi.

Appena entriamo noto subito il grosso lampadario posto al centro del soffitto, è pieno di piccoli e grandi cristalli, le pareti sono di un giallo quasi oro e il bancone brilla da quanto è pulito.
La receptionist è una ragazza molto carina e giovane, avrà la mia età, e ci accoglie con un sorriso molto radioso, augurandoci una buona serata quando entriamo nell'ascensore.
"Tutto questo lusso mi sta dando alla testa." Mi lamento scherzando, facendolo ridere.
"In effetti anch'io faccio sempre fatica ad abituarmici. Preferisco la mia amata casa a Barcellona." Risponde quando le porte si aprono, mostrando un enorme corridoio con numerosissime porte.
Entriamo nella 708, ovviamente presenta una grandissima vetrata con vista sulla città, e, invece di una camera, sembra più un appartamento.

"Vuoi qualcosa da bere?" Chiede, mentre io ispeziono la sala.
"No, grazie." Gli sorrido e mi siedo sul divano, aspettandolo. Avevo voglia di stare con lui, parlargli e passare del tempo insieme.
In pochissimi secondi è già di fianco a me, appoggia un braccio sulla testiera e si gira verso la mia direzione, non sorride più, ora è completamente serio.
"Ti ho chiamata. Quel giorno, quando sono venuto da te e tu non mi aprivi, ti ho chiamata. Tre volte, per l'esattezza. Volevo ricominciare la mia vita con te, avevo scelto te, non Stef. Avevo così tanta voglia di dirtelo che stavo per impazzire, ma quando Rafa mi ha detto che eri partita, mi sono sentito come se stessi morendo." Inizia il discorso e ad ogni parola il mio cuore perde un battito, percepisco il suo dolore nel ricordare quei momenti.
"Lo so. Quando sono atterrata a New York ho visto le chiamate." Rispondo sussurrando, prendendo un grosso respiro per poter continuare il discorso. "Volevo richiamarti, ma non sapevo cosa dirti. Ci stavo male, ero andata via da te e non potevo ritornare, eravamo divisi e non sapevo come fare per rimettere tutto a posto. Ero così confusa che ho pensato fosse meglio lasciarti andare, volevo vederti felice e sapevo che stare con me mentre ero a New York non ti avrebbe mai permesso di esserlo. Ti amavo e per questo ho messo da parte il mio sentimento per te." Delle lacrime rigano il mio viso, non riesco a guardarlo negli occhi, mi sento talmente stupida in questo momento.

"Ti amo così tanto che preferirei stare con te anche mentre sei nello spazio, piuttosto che senza di te. Ti amo così tanto che avrei mandato tutto all'aria per venire da te, avremmo trovato una soluzione insieme, come abbiamo sempre fatto." Finalmente riesco ad alzare lo sguardo, e poi lo riconosco. Riconosco il sorriso che aveva dipinto sul volto, lo stesso che aveva quando stavamo insieme, quel sorriso che mi faceva sentire a casa, amata.
"Siamo un casino." Dico ridendo, sentendo un'ultima lacrima cadere, mentre lui la raccoglie dalla mia guancia con un dito, rivolgendomi uno sguardo pieno di amore e sentimenti.
"Vieni qua, piccola." Dice e io mi fiondo tra le sue braccia, appoggiando la testa al suo petto, beandomi del suo profumo che tanto mi era mancato.

In questo momento, lo giuro, mi sento la persona più felice del mondo, ho lui, e questa è l'unica cosa che mi basta.
"Mi sei mancata così tanto." Sussurra tra i miei capelli.
"Anche tu." Dico prima di alzare la testa e baciarlo.
In quel bacio ci sono tutte le cose che non ci siamo detti in questi mesi, tutti i sentimenti che abbiamo nascosto, le nostre mancanze, le lacrime e i sorrisi mancati.
"Ora niente ci dividerà più." Mi dice sulle labbra, dandomi una carezza sulla guancia, facendomi sorridere.
"Tranne la tua amichetta di stasera." Dico ridendo, mordendogli il labbro come per vendetta.
"Ahi! Lei non sarà un problema, te lo assicuro." Risponde facendomi la lingua e scompigliandomi i capelli.
"Sei morto!" Urlo prima di saltargli addosso e iniziare una vera e propria lotta, che termina in pochi istanti con una serie di lunghi e dolci baci.

Finalmente eravamo tornati insieme, finalmente potevo baciarlo e abbracciarlo, dopo così tanto tempo potevo dire che lui era tornato ad essere mio e io sua. Anche se, nonostante tutto, non avevamo mai smesso di appartenerci.

Let's hurt tonight Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora