CAPITOLO UNO: una breve vita
Giorno 01, 01, 634 a.C
Una donna cominciò a camminare per la Terra quell'anno, quell'anno era il primo di tanti altri a venire. E di tante altrettante vite. Quello era il primo di una serie di nuove vite che avrebbe intrapreso la giovane ragazza. Perché, prima di quella, era una giovane Ateniese, al culmine della sua giovinezza, era amata da due giovani per bene, che tutt'un tratto erano scomparsi nel nulla. E lei non li aveva più visti, o meglio. Lei aveva scordato chi loro fossero, ed ora se uno di loro passasse per la strada, di certo non riuscirebbe a riconoscerlo. Perché oramai è sotto una terribile maledizione, dalla quale non può di certo scappare. Almeno non nell'ultimo anno della sua centesima vita. Ma è ancora presto per trarre conclusioni.
650 A.C Asia Centrale
Una giovane sedicenne cammina per delle strade isolate, circondate dal nulla. Mentre la sera cala, la giovane continua comunque a camminare per le strade oramai innevate. Una brutta neve sta scendendo dal cielo, la donna solleva lo sguardo, alzando il mantello per poter scrutare al meglio il cielo. Sarebbe meglio muoversi, pensa. E sarebbe meglio farlo al più presto. Era scappata dallo stato di Chen, la quale oramai era stata rasa al suolo dall'esercito di Chu, il nuovo imperatore cinese. Doveva scappare, sempre più veloce, perché aveva tentato di scappare anche a Chen servendosi del caos che si stava creando dall'esercito che stava rasando al suolo la sua città. Non aveva avuto notizie dalla madre, e dal suo povero padre. Nessuno dei due l'aveva vista fuggire, e neppure lei aveva visto nessuno dei due arrivare dalla sua parte. Si girava in direzione della strada innevata, sperando che la nuova neve che stava scendendo avrebbe coperto le sue tracce. Non sapeva perché non era ancora spaventata a morte, ma nonostante tutto era sollevata del fatto, che un giovane di un esercito proveniente da Occidente le avesse detto di scappare al più presto, ma doveva farlo da sola, senza avvertire nessuna persona della sua partenza. L'uomo era stato vago sulla sua identità, poiché le aveva detto che se le truppe di Chu avrebbero saputo che allo sterminio sarebbe sopravvissuta una giovane, avrebbero fatto il possibile per trovarla ed ucciderla. Aveva detto che le truppe di Chu avrebbero continuato a cercarla fino in capo al mondo, se fosse stato necessario. Se lui avrebbe saputo che lei era ancora viva. Ma lei non sapeva se Chu ne era a conoscenza. Durante il tragitto aveva più volte sperato di non vedere comparire all'orizzonte degli ufficiali, o sentire il rumore dei cavalli dell'esercito. E continua ancora adesso a sperare. Sta cercando un riparo dal giorno precedente, quando lo strano uomo le si era presentato dinnanzi. Sulle prime non gli aveva creduto, ma più le ore scorrevano, più Annà sentiva che scappare era la soluzione migliore. Ma come poteva fidarsi di un completo estraneo? Questo le scorrette nella testa più e più volte quando dal giorno prima non si era più fatta vedere dai genitori. Oramai non sapeva neppure se erano ancora vivi. Tutto le sembrava così strano. Perché mai non avrebbe potuto portare i suoi genitori con sé? Lo trovava estremamente ingiusto. Lei, lei che era la loro figlia. Il sangue del loro sangue non aveva potuto portarseli con sé? E soprattutto cosa sarebbe importato a Chu se lei ed i suoi genitori sarebbero potuti vivere sani e salvi? Cosa importava a Chu se solo lei sopravviveva? C'è un vero senso ad uno sterminio di massa dal quale Annà era riuscita a scappare? Quali ragioni potevano mai costringere l'Imperatore Cinese a volere tutta la sua gente morta? Cosa importava realmente a lui? Tutto non aveva senso. Soprattutto l'uomo, possente, con una colorazione degli occhi particolarissima, molto simile alla sua, aveva pensato.. ma nulla che aveva già visto prima. Probabilmente era un viaggiatore, oppure un infiltrato che aveva sentito dell'imminente sterminio e voleva avvisare. Ma perché solo lei? Nulla la faceva pensare che l'uomo la conoscesse, anche se quando l'aveva scrutata negli occhi fu come se l'avesse visto rimpiangere qualcosa. Anche se non sapeva con esattezza cosa. L'aveva scrutata come mai nessun uomo del posto o un viaggiatore avevano fatto. Quel giorno aveva sentito le gambe m0lli e lo stomaco in subbuglio come mai prima d'ora. Aveva sentito qualcosa dal profondo del cuore quel giorno. E neppure ora riusciva a dimenticare l'uomo che l'aveva salvata da una tremenda morte. Doveva a lui la possibilità di essere ancora viva. Lo doveva all'uomo senza nome.
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Anne and the Olympians: the one hundred lives
FanficAnne, Nanny, Annika, Hanna, Nana, Ana, Annuccia, Annan, Lucrezia sono tutte legate dalla stessa maledizione, che ha reso la comune mortale ateniese Anne, una donna dalle molteplici vite, a causa di una maledizione creata dalle dee Demetra e Afrodite...