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Ovviamente la felicità non può durare mai. Mi sveglio il giorno dopo con una sensazione di pesantezza in testa e il mal di gola. La febbre, ovviamente. A 39,2 per precisare. Non mi preoccupo molto per le assenze, tanto é già febbraio e ne ho fatte appena 9 tutto l'anno. Di piú ci rimango male perché stare a casa significa non vedere Vic e Ash. Ma non posso farci proprio niente. E quindi passo il martedí, il mercoledí, il giovedí, il venerdí, il sabato e la domenica a letto tra libri, film, e tisane. Già il venerdí sera la febbre mi passa definitivamente, ma rimango a letto per volere di mia madre; come precauzione. Finalmente arriva il lunedí, ed é il momento di rientrare a scuola. Mentre vado alla fermata, riesco a pensare solo a quando vedrò Vic e Ash a breve sull'autobus. Dovrei provare di nuovo a sorridere ad Ash? Forse sí, non può fare male. Alla fine, lunedí scorso mi ha sorriso due volte, no? Vorrei trovare il coraggio di parlargli. Lara é convinta che io possa fare amicizia con lui, e non mi sembra piú tanto impossibile come un tempo. Ma forse chiedo troppo dalla vita. Continuo a pensarci, nel frattempo salgo sull'autobus e partiamo. Prima che me ne renda conto siamo giá quasi arrivati alla fermata dei gemelli. Mi viene un po' d'ansia, ma non come l'altra volta. Quando l'autobus accosta loro due sono i primi a salire. Vic si siede, lasciando il posto accanto libero per suo fratello. Ma Ash non si siede. Rimane in piedi, e guarda attentamente tutti i passeggeri, fino a quando i suoi occhi si posano su di me. Ci guardiamo. Lui inizia a camminare. Sta venendo verso di me. Il mio cuore inizia a battere fortissimo. Ma sta accandendo realmente? "Posso?" É la domanda che mi pone Ash, indicando il posto libero accanto a me. "Certo," rispondo io dopo qualche secondo. Lui si accomoda accanto a me senza dire altro. Mi sforzo di calmarmi. Non posso mica avere un infarto solo perché si é seduto accanto a me. Viaggiamo insieme in silenzio per un po', senza guardarci. Inizio a chiedermi se forse dovrei provare a parlargli, quando... "Piacere, io sono Ash." La frase arriva dal nulla, e quasi mi fa tornare la tachicardia, ma mi fingo calmo. "Piacere, Matteo," mi presento, girandomi verso di lui per guardarlo in faccia. "Ti ho visto un po' di volte a scuola, ma non sapevo il tuo nome, ne di che classe sei..." dice lui, sfoderando un piccolo sorriso. "3L, e tu?" Chiedo io, anche se so già la risposta grazie a Lara. "3P," risponde lui, roteando gli occhi. É risaputo nella nostra sede che tutta la sezione P é piena di tascioni e figli di papà. Cioé, tutte le sezioni ne hanno, ma la P é proprio un caso perso. Infatti non ho mai visto Ash parlare con nessuno dei suoi compagni. Chi sa perché é finito proprio in quella sezione. Cala il silenzio tra noi, uno di quei silenzi che mettono a disagio perché nessuno sa cosa dire. Alla fine é lui a romperlo. "Che musica stavi ascoltando?" Chiede lui, indicando le cuffiette che ho in mano, ancora attaccati al cellulare. "I Coldplay. A te piacciono?" Chiedo io. "Sí, da morire," risponde lui, sorridendomi. Gli sorrido anche io, e senza riflettere chiedo "Vuoi ascoltare insieme a me allora?" Subito dopo me ne pento: ma che cazzo di domanda é? Mi avrà preso per cerebroleso questa volta, sicuro. E invece mi sorride ancora, e dice "Si, mi piacerebbe molto." Allora gli passo una cuffietta, e l'altra la metto io. Faccio partire da capo la canzone che stavo ascoltando prima che lui salisse: The Scientist, la mia preferita. Ascoltiamo in silenzio, ma questa volta é un silenzio tranquillo. Non mi sento a disagio, e riesco ad intuire che é cosí anche per lui.  Quando finisce la canzone realizzo che siamo quasi a scuola, e se ne accorge anche Ash. Mi restituisce la cuffietta e metto via. Quando scendiamo si gira verso di me, penso che voglia salutarmi, invece chiede "Domani ti va se mi metto di nuovo accanto a te?" "Si, certo," rispondo io, sorpreso. Lui mi sorride un'ultima volta, prima di raggiungere i suoi amici. Io rimango li rimbambito, e riesco a pensare solo una cosa: "Come é possibile che io sia stato cosí scemo da avere paura di parlargli?"

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