CAPITOLO 50.

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(CREDITI A @haroldstouch )

“Mamma”.

La donna rimase ancora affettuosamente stretta a me mentre Harry si avvicinava.

“Mamma” quasi piagnucolò, chiaramente piuttosto imbarazzato dal comportamento inusuale della madre.

Il nostro abbraccio fu interrotto, venni liberata dalla sua presa. Lei curvò leggermente le labbra, tamponandosi gli occhi con un fazzoletto. Sorrisi, sentendo la risata della più giovane delle due donne. I suoi corti capelli biondi ondeggiavano lievemente, accompagnando il movimento della sua testa mentre si guardava intorno, scrutando la mia espressione divertita. I suoi occhi vivaci erano dello stesso verde magnetico di quelli di Harry. Jess, doveva essere lei; non rimasi a lungo nel dubbio.

“Bo , queste sono mia madre, Kathy, e mia sorella, Jess”. Le indicò con rispetto.
“Non sapevo che vi sareste fermate”.

Il suo tono tagliente mi fece capire che era leggermente infastidito. Conoscendolo, probabilmente avrebbe preferito organizzare personalmente un incontro piuttosto che gliene venisse imposto uno in quel modo. Ma non mi interessava, ero felice di averle conosciute, finalmente.

“Ci trovavamo qui vicino”.
“E’ bellissimo conoscervi entrambe” sorrisi.
“Vale lo stesso per noi, tesoro”.

Rimanemmo in silenzio per qualche istante, Harry mi cinse la schiena con un braccio; le sue dita mi accarezzarono cautamente in un tentativo di mettermi a mio agio. Due paia di occhi ci guardavano fisso; le due sorrisero alla sua dolce manifestazione di affetto. I loro sguardi curiosi mi fecero presumere che non erano abituate a vedere quel lato di Harry. Mi chiedevo se l’avessero mai visto con una ragazza.

“Siete ancora in pigiama” commentò con nonchalance la madre di Harry; intorno ai suoi occhi si formarono delle piccole rughe mentre sorrideva.

Lui mi strinse giocosamente il fianco, mentre mi avvicinava di più a sè.

“Mamma, ci siamo appena alzati”.
“E’ quasi mezzogiorno, tesoro”.

Era una madre che si preoccupava per il proprio figlio, forse eccessivamente, quasi per cercare di compensare l’impossibilità di prendersi cura di lui nei quattro anni precedenti. Dev’essere stato difficile adattarsi a quella situazione, quasi un salto nel tempo; non aveva potuto seguire Harry durante la sua crescita. Non si era trattato di negligenza, ma di assenza da parte di Harry. Prima che chiunque altro potesse rispondere, una voce divertita disse:

“Beh, probabilmente avranno fatto qualcosa più divertente del dormire la scorsa notte”.

Jess soffocò una risatina con la mano. Il mio viso si colorò di un rosso vivo quando il torso nudo di Harry divenne oggetto del loro interesse. Il segno del succhiotto che gli avevo lasciato in un momento di passione sembrava essere diventato estremamente evidente alla luce. Il mio imbarazzo si intensificò ulteriormente al pensiero di mia madre che scopriva i marchi che avevo lasciato sul corpo di Harry. Questa era la prima e unica impressione che avevo avuto occasione di dare alla famiglia di Harry, e praticamente ci eravamo appena alzati dal letto dopo una notte di fuoco tra le lenzuola. Pregai per qualche tipo di sollievo, una distrazione, qualsiasi cosa. Mi spostai frettolosamente davanti a Harry, sperando di nasconderlo. Mi sfiorai la guancia con il polsino della camicia che avevo preso in prestito dal suo armadio, cercando di attenuare la sensazione di disagio. Il ragazzo strinse un braccio intorno alla mia vita, stuzzicandomi. Jess stava ancora ridendo; girai lievemente la testa per comunicare con un po’ più di privacy.

“Vai e mettiti una maglietta” mormorai a Harry con voce severa.

Sembrava molto divertito dalla mia mortificazione, i suoi occhi lanciavano scintille.

“Vieni con me”. Mi tirò verso la porta, lo seguii a ruota.
“Scusateci, stiamo andando a cambiarci. Fate come se foste a casa vostra”.

Fece loro cenno di sedersi su uno dei divani di pelle.
***

“Oddio” borbottai, buttandomi pesantemente sul letto e coprendomi la faccia con le mani.
“Non riesco a credere a quello che è appena successo”.

Le lenzuola erano ancora una massa disordinata sul materasso, a testimoniare l’improvviso allontanamento di Harry per andare ad aprire la porta alle nostre ospiti inaspettate. Anche con mille pensieri che mi turbinavano in testa, il suo profumo si infiltrava ugualmente nei miei sensi, conforto e seduzione piacevolmente fusi in un’unica fragranza.

“Bo, va tutto bene”.
“No” dissi di scatto.
“Non va bene, siamo stati appena messi allo scoperto da tua sorella davanti a tua madre. Non è l’ideale per essere il nostro primo incontro”.

Perché non si sentiva in colpa come me? Mi prese per le mani, sollevandomi dal materasso. Mi diede un bacio sulla guancia; mi accigliai mentre mi abbracciava. Il suo gesto mi rassicurò in qualche modo.

“Non c’è bisogno che ti preoccupi” mi sorrise, rincuorandomi.
“Vado a farmi la doccia, ti do la possibilità di parlare con loro”.

Poi si rimise in cerca di qualche vestito pulito. Prese una maglietta grigia, poi la buttò nuovamente a terra dopo aver annusato il tessuto. Lo seguii intorno al letto.

“Da sola? Parlare di cosa?” gli chiesi ansiosamente.
“Non so, roba da donne” disse, indugiando davanti ai cassetti.
“Le donne trovano sempre qualcosa di cui parlare”.
“Credo che questa generalizzazione sia un po’ troppo ampia”.
“Bo, non mordono”.

Harry si girò, non sentendo la risata che sperava di suscitare in me; mi fissò per alcuni istanti prima di percorrere lo spazio che ci separava. Mi accarezzò la guancia, mentre cercavo di evitare il suo sguardo.

“Sicuramente gli piacerai molto”. I nostri nasi si toccarono.
“Perché io ti amo”.

Era ovvio che quella frase era ancora un po’ strana per noi; quelle parole mi facevano ancora sentire le farfalle nello stomaco. Ricambiai la sua dichiarazione, dando voce ai miei sentimenti per Harry, facendolo sorridere.

“Ok, vai” disse facendomi girare e dandomi una lieve pacca sul sedere.

Il mio sguardo solenne si soffermò sulla smorfia divertita delle sue labbra. Harry mi fece l’occhiolino prima di dirigersi verso il bagno canticchiando a bocca chiusa. Mi ci volle solo qualche minuto per rendermi presentabile, trovai dei vestiti che avevo lasciato a casa sua in qualche occasione precedente. Tenni addosso la camicia, ma misi sotto una canottiera. Lascia i capelli in una coda disordinata: finchè non mi fossi fatta la doccia non c’era molto che potessi fare al riguardo. Mi ero appena tirata su i jeans quando sentii bussare alla porta. Dopo qualche secondo Jess apparve all’entrata. Sembrò non far caso alla mia agitazione, entrò nella camera di Harry come se fosse la propria.

“Pensavamo che ti stessi nascondendo da noi” rise.
“Forza”.

Mi prese per mano e mi guidò lungo il corridoio fino al salone, dove la madre di Harry era ancora seduta sul divano.
***

Era strano, nonostante il brevissimo tempo che avevamo trascorso insieme mi sentivo perfettamente a mio agio. Kathy aveva un’indole molto più tranquilla rispetto a Jess, che non faceva altro che gesticolare. Avevo imparato che Jess non era una che si preoccupava di ciò che pensava la gente, e la ammiravo per questo. Ma avevo la sensazione che Harry avesse cercato di domare quel lato di lei quando erano più piccoli, forse imbarazzato dall’estrema disinvoltura della sorella. Mentre guardavo le due donne, cominciai a riconoscere alcune caratteristiche familiari, sia nell’aspetto fisico che nella personalità. Era evidente da dove Harry avesse ereditato i suoi ricci scuri, quelli di sua madre erano solo più lunghi e ovviamente più curati. Condivideva anche lo stesso ardore che potevo vedere in Jess, il loro senso dell’umorismo era una caratteristica che li accomunava. Rimasi seduta per un po’ ad ascoltare le storie divertenti raccontate all’insaputa di Harry. Qualche frase mi indusse perfino a sputacchiare l’acqua che bevevo per accompagnare il toast che stavo mangiando sul divano di fronte a loro. Rifiutarono educatamente la tazza di tè, senza latte, che avevo offerto loro. Sembrava che entrambe si accontentassero semplicemente di stare sedute a conversare riguardo a cosa facevo nella vita e sul mio futuro. Ma la discussione presto tornò a concentrarsi su Harry.

“Com’era Harry quand’era più piccolo?” chiesi, finendo la mia colazione che era diventata quasi un pranzo ormai, dato l’orario.
“Suppongo che fosse in realtà come la maggior parte degli adolescenti, era solo un po’ scontroso. Ma era davvero molto dolce, voleva sempre aiutare. Aveva già sviluppato la sua indole protettiva”.

Sapevo fin troppo bene fino a che punto Harry si sarebbe spinto per difendere qualcuno, nella maggior parte dei casi trascurando del tutto la propria incolumità. Non mi sorprese apprendere che quegli istinti risalivano a molto tempo prima, agli anni della sua infanzia. Mi domandai com’era cominciato tutto, quale evento avesse innescato la trasformazione di Harry, o se fosse serie di episodi sommatisi gli uni agli altri. Sentii male al cuore al pensiero del ragazzino che sacrificava il divertimento dell’imparare ad andare in bicicletta per preoccuparsi invece della sicurezza della sua famiglia. Tutti meritano un’infanzia felice.

“Aveva degli attacchi di panico ogni tanto” intervenne Jess quasi con noncuranza.

Il suo commento improvviso mi prese di sorpresa, allontanando dalla mia mente l’immagine del bambino dagli occhi verdi e i capelli ricci.

“Davvero? A causa di vostro…” mi interruppi in fretta. “Mi spiace, sono desolata”.

Mi sentii in colpa per l’insensibilità che stavo dimostrando.
“Non esserlo” disse Kathy con un lieve sorriso.
“Ne deduco che Harry te ne abbia parlato”.

Annuii lentamente, dandole conferma delle conversazioni che io e suo figlio avevamo avuto.

“E’ bello sapere che ha qualcuno con cui parlarne. Harry ha sempre avuto qualche problema a esprimere i suoi sentimenti”.

Kathy guardò Jess, la figlia le prese dolcemente la mano. Sembrò grata del gesto; rimise ordine nei suoi pensieri e si rivolse nuovamente a di me.

“Cosa c’è che non va?” chiesi, sedendomi più in avanti sul cuscino del divano.

Strisciai i piedi l’uno contro l’altro, cercando di rimettere a posto i calzini che Harry mi aveva prestato. Jess si era arrotolata nervosamente la manica del maglione con la mano libera.

“Harry fa a pugni?”.
“Oh, io…”.
“Sappiamo che fa boxe, ma rimane coinvolto in qualche rissa fuori dal lavoro?”.

Non avevo idea di come rispondere a quella domanda piena di ansia. Mi metteva un po’ a disagio percepire la preoccupazione nei loro occhi. Harry ovviamente non si era totalmente confidato con loro sulla propria vita.

“Ti facciamo questa domanda solo perché io e Jess siamo un po’ angosciate per lui”.

Girò la testa per un momento verso la figlia, cercando conforto.

“Harry ha preso parte ad alcune risse, ma gli ho parlato. Ha promesso che si calmerà”.

Fecero entrambe un sospiro di sollievo. I loro corpi erano entrambi visibilmente più rilassati, ricaddero all’indietro sul divano.
“Buono a sapersi”.

Il loro umore sembrò allietarsi a quella notizia, lo stesso sorriso che avevo visto più volte sul viso di Harry si manifestò sulle loro labbra rosee.

“Vieni a sederti con noi” Jess mi fece un cenno.
“Sei così lontana”.

Mi spostai contenta sul divano adiacente. Entrambe le donne si spostarono per farmi spazio tra di loro, permettendomi di sedermi comodamente.

“Sono così contenta nel sapere che ti stai prendendo cura di lui”.
“Penso che più che altro sia lui a prendersi cura di me” scherzai.
“La forza fisica non ha niente a che vedere con le emozioni. Ma tu lo stai aiutando da questo punto di vista, non so proprio come ringraziarti, Bo”.

La sua risposta mi fece capire che non mi ero mai resa conto del modo in cui mi stavo occupando di Harry. Gli argomenti spinosi di cui avevamo discusso erano rimasti imprigionati a lungo dentro di lui; i sentimenti che gli appesantivano il cuore stavano gradualmente venendo alla luce. Sembrava che io fossi la sua valvola di sfogo.

“Gli attacchi di panico se verificavano con regolarità?”.
“Non erano così frequenti, succedeva solo quand’era molto agitato”.

Jess sembrò pensierosa per un momento.

“Ma credo che abbia trovato qualcos’altro per sfogarsi adesso”.

Sapevo che alludeva alla boxe. Non erano soltanto i suoi problemi d’irascibilità a cui Harry dava sfogo in quel modo.

“Ne ha avuto qualcuno da quando state insieme?”.
“No, non che io sappia” scossi la testa.

Harry era sempre stato così forte. Mi sembrava strano pensare che avesse un lato vulnerabile.

“Di solito era facile calmarlo. La maggior parte delle persone si sentono un po’ claustrofobiche quando sono in preda agli attacchi, ma a Harry piaceva essere abbracciato. Lo faceva sentire al sicuro. Era così tenero e coccoloso”.

Risi all’ultimo commento di Jess.

“Ma la sua stazza di adesso… miseriaccia”.

Non avevo avuto molta esperienza con nessun tipo di attacco. Non ero estranea all’ansia, ma sentivo che si trattava di qualcosa di diverso. Jess mi soddisfò la mia curiosità mentre le facevo qualche altra domanda inquisitoria, interessata a sapere di più riguardo a ciò che Harry aveva sofferto.

“Se vuoi posso farti vedere come cercavo di calmarlo”.
“Certo”.

Mi aspettavo che me l’avrebbe dimostrato da sola, ma quando mi incoraggiò a scendere giù sul pavimento con lei mi prese di sorpresa. Jess si sedette con la schiena appoggiata al divano, sorridendo calorosamente. Era strano. Non mi sentii imbarazzata nemmeno per un secondo. Avvolse le braccia intorno a me e mi tirò all’indietro. Kathy restò seduta da un lato mentre ci guardava.

“Questo era per far vedere a Harry che stava respirando” mi informò, le sue braccia rimasero incrociate sul mio petto.

Ci trattenemmo in quella posizione, con il mio corpo tra le sue gambe.

“Dopo provavo a calmarlo parlandogli con calma e rassicurandolo. Avrei cantato per lui, ma sono davvero pessima”.
“Harry ha una voce adorabile” dissi senza pensarci.
“L’hai sentito cantare?”.

Annuii, girandomi leggermente per esaminare la sua espressione.

“Wow, pensavo che nessun altro l’avrebbe mai sentito cantare”.

Fu in quel momento che Harry decise di unirsi a noi nel salone. Doveva essere una scena davvero strana, le braccia di sua sorella avvolte intorno a me mentre parlavamo sedute sul pavimento. Ma quel pensiero non mi tormentò per molto: Harry era davvero mozzafiato. Indossava jeans neri abbinati a una maglietta scura con la scritta “Rolling Stones”, i suoi capelli indisciplinati erano stati tirati indietro dalla fronte. Avrebbe potuto facilmente ingannare chiunque facendosi credere un membro trasandato di qualche gruppo indie.

“Mamma” Harry guardò sua madre in cerca di una spiegazione riguardo alla situazione.

Quando ricevette solo un’alzata di sopracciglia si concentrò nuovamente sulla sorella.

“Jess, cosa stai facendo?” chiese a bocca aperta.
“Sto facendo conoscenza con la tua ragazza”.

Risi insieme a lei mentre Harry si avvicinava rapidamente.

“Scusa, Bo. Mia sorella non ha alcun rispetto per lo spazio personale” disse mordace.

Mi prese per le mani, Jess si oppose giocosamente al mio distacco mentre mi rimettevo in piedi. Ci abbracciammo, premetti la guancia sul suo petto.

“Sai, le famiglie normali mostrano foto si quand’eri piccolo e raccontano storie imbarazzanti. Ma no, la mia deve far mettere la mia ragazza sul pavimento e… cos’è che stavate facendo, a proposito?”.

Prima che una di noi potesse rispondere, Kathy si mise a rovistare nella borsa per trovare il portafogli.

"A dire il vero ho le foto di quand’eri piccolo" sorrise con entusiasmo.
"Oh Dio".
***

“La tua famiglia è così dolce. E tu eri adorabile quand’eri più piccolo… cos’è successo dopo per farti diventare così?”.
“Ehi!” piagnucolò Harry.
“Avevi le fossette anche quand’eri bambino” gli diedi un colpetto sulla guancia.
“Piccolo Harry neonato”.

Spinse via la mia mano, mugugnando infastidito.

“Pensavo che non se ne sarebbero mai andate”.
“Non dire queste cose sulla tua famiglia”.
“Beh, probabilmente penseresti la stessa cosa se tua madre volesse mostrarmi centinaia di foto di te nella vasca da bagno”.

Si accigliò, scuotendo la testa mentre rivolgeva lo sguardo verso il pavimento.

“Dio, mia sorella è così strana”.
“Mi piace” sorrisi.
“Bene” disse Harry sollevato.

Dall’espressione del suo viso potevo dedurre che era entusiasta all’idea che noi due andassimo d’accordo. Ridacchiai insieme a lui mentre mi riportava in camera da letto, rubandogli qualche bacio innocente.

“Vado a farmi la doccia”.
“D’accordo”.

Mi girai per dirigermi verso il bagno, ma mi accorsi di Harry che mi seguiva di soppiatto. Lo fermai, premendo una mano contro il suo petto.

“Intendevo solo io… per conto mio”.
“Mmh, non sei affatto divertente” si lamentò imbronciato, prendendomi in giro.
***

Dopo aver fatto scorrere l’acqua per un po’ ed essermi tolta i vestiti, mi accorsi con fastidio che non avevo biancheria intima pulita. Avvolgendo velocemente un asciugamano intorno al corpo, diedi una sbirciata fuori dalla porta del bagno. Via libera. Mi diressi dritta verso il cassetto più alto della cassapanca.

“Hai qualcosa addosso sotto quella tovaglia?”.

Sussultai per la sorpresa al suono della voce roca di Harry. Provai ad allontanarmi mentre oltrepassava la porta della camera da letto.

“Posso controllare?” chiese sfacciatamente.
“Harry!” squittii.

Il battito del mio cuore salì alle stelle mentre tracciava con il pollice il profilo della mia mascella. La scintilla che accendeva i suoi occhi mi diceva che si stava divertendo a stuzzicarmi.

“Ti dirò un segreto , piccola” si avvicinò, le sue labbra sfiorarono il mio orecchio. “Sotto questi vestiti sono completamente nudo per te”.

Mi diede un lieve bacio sulla guancia mentre ridevo. Dopo aver fatto qualche altro commento provocatorio, Harry mi informò della sua imminente assenza.

“Volevo solo dirti che sto andando a procurarmi un po’ di latte”.
“Oh, ok”.

Mi baciò sulla fronte e si diresse verso la porta.

“Sarò di ritorno tra poco”.
***

Fu quando sentii una voce familiare nell’appartamento che mi accorsi di quanto Harry era stato via. Durante la sua assenza avevo finito la doccia, mi ero cambiata, truccata e messa a posto i capelli.

“Haz, hai ancora intenzione di andare?”.

Mi alzai dal divano, spegnendo la TV. Tom era in piedi nel corridoio, con le spalle rivolte a me; chiamò Harry una seconda volta. Indossava una camicia blu a quadri, jeans scuri e un paio di converse piuttosto logore.

“Di andare dove?”.
“Porca miseria” sobbalzò.
“Non ti avevo vista, Bo”.

Mi scusai, gli permisi di riprendere respiro prima di ripetere la mia domanda.

“Uhm, Harry non è in casa?”.
“No”.

Spostai la treccia in cui avevo raccolto i capelli sulla spalla, fissando Tom mentre aspettavo una risposta che sembrava riluttante a fornirmi. Aveva la mascella tesa, la sua espressione era un misto di confusione e fastidio.

“Aveva detto che mi avrebbe aspettato” disse in un sospiro.
“Dove avevate intenzione di andare?”.
“Non sto scherzando, Bo, non penso che Harry ti vorrebbe lì”.

Quella frase, insieme al comportamento evasivo di Tom, ebbe il solo risultato di intensificare ulteriormente la mia curiosità.

“Perché?”.

Mi sentivo come una bambina piccola, facevo domande su ogni cosa che mi veniva detta. Dove diavolo era Harry? La sua spedizione alla ricerca del latte era stata ovviamente una scusa, una passeggiata fino ai negozi non avrebbe richiesto tutto quel tempo.

“Portami con te, per favore”.
“Cosa?”.
“Dovunque tu stia andando, voglio venire” informai Tom, che rimase alquanto sconcertato, mentre spingevo in fretta i piedi nelle mie Vans blu.

Lo condussi fino alla porta d’ingresso, aprendola e facendogli cenno di seguirmi con la test.

“Harry mi ucciderà” mormorò oltrepassandomi attraverso l’uscita.
***

“Eccolo lì” Tom indicò Harry che era fermo in piedi dietro un furgone bianco parcheggiato lungo il marciapiede.

Ci erano voluti circa quindici minuti in macchina per arrivare; ci trovavamo in un fatiscente complesso residenziale. Mi mantenni vicina a Tom mentre ci avviavamo lungo la strada; entrambi ricevemmo sguardi ostili da alcuni abitanti del luogo mentre ci dirigevamo verso il punto dove ci sembrava di aver visto Harry. Ed era lì, ancora vestito tutto di nero, tranne per le Converse bianche piuttosto rovinate che indossava.

“Haz”.

Si girò sentendo i l suo nome, un’espressione confusa comparve sui suoi lineamenti.

“Cosa ci fa Bo qui?”.
“Sa essere molto persuasiva” spiegò Tom con un sospiro.

Mi concentrai subito su Harry, alzando il braccio destro per afferrarlo per la nuca. Lo feci chinare fino alla mia altezza, le mie labbra impazienti si unirono con le sue.

“Ciao anche a te, piccola” mormorò Harry ridacchiando contro la mia bocca.
“Ragazzi… ragazzi, le vostre «manifestazioni di affetto» mi stanno facendo venire la nausea”.

Avevo una mezza idea del gesto che Harry rivolse a Tom mentre girava la testa da un lato. I miei baci bollenti scesero giù lungo la pelle tiepida del suo collo; la risata roca di Harry risuonò mentre mandava a quel paese il suo amico alzando il dito medio, molto probabilmente accompagnato da un sorrisetto arrogante.

“Oh, già, molto maturo da parte tua. Grazie, Haz” borbottò Tom.

Ricaddi leggermente all’indietro, ancora al sicuro tra le braccia di Harry.

“Dobbiamo trovargli una fidanzata” sussurrai.
“Si, buona idea” annuì Harry .
“So che siete convinti di essere nella vostra piccola bolla privata piena d’amore, ma posso ancora sentirvi”.
“Lo sappiamo” replicammo io e Harry all’unisono.

Ero contenta di vederlo, nonostante avessimo passato solo pochissimo tempo separati. Il guizzo del suo bellissimo sorriso riusciva da solo a farmi sciogliere il cuore.

“Cosa stavi guardando prima che arrivassimo noi?” chiesi.

Vidi Harry girarsi istintivamente verso Tom, l’atmosfera divenne improvvisamente più tesa. Al cenno dell’amico Harry mi prese per mano e mi guidò fino al piccolo spazio tra il sudicio furgone bianco e una macchina blu alla sua destra. Rimase in piedi alle mie spalle, entrambi lanciavamo occhiate caute all’altro lato della strada da dietro il veicolo. I miei occhi si soffermarono su un giovane uomo, con un cane dall’aspetto feroce che quasi trascinava il padrone al suo seguito. Mentre proseguivano il loro cammino, oltrepassandoci, mi ritrovai a fissare un caseggiato lercio, piuttosto alto; dei tizi in uniforme si aggiravano nella zona. I poliziotti chiacchieravano tranquillamente tra di loro; improvvisamente si sentì un forte trambusto. Un uomo fu spinto fuori dalla porta d’ingresso, mentre urlava oscenità con tutta la voce che aveva in corpo. Quando i miei occhi mi permisero di mettere bene a fuoco il suo viso feci un passo indietro, scontrandomi con la sagoma massiccia dietro di me.

“Va tutto bene va tutto bene, Bo”. Strinsi più forte la sua mano.
“Quello è il fratello di Scott” dissi di getto.
“Harry, cosa sta succedendo?”.
“Shh” mi calmò.
“Guarda e basta”.

Le macchine della polizia erano parcheggiate lungo il marciapiede fuori dall’appartamento, altri poliziotti si affrettarono a dare manforte mentre un secondo uomo veniva trascinato fuori non senza difficoltà. Scott. Servirono diverse persone a trattenerlo, mentre i polsi gli vennero assicurati saldamente dietro la schiena con delle manette. Sembrava furibondo, abbaiava insulti a tutti coloro che lo circondavano. Caddi in preda all’angoscia mentre cercavano di tenerlo fermo, sapevamo tutti fin troppo bene quello di cui era capace. Qualche istante dopo Scott mise in mostra tutta la sua brutalità, mettendo al tappeto un poliziotto assestandogli un pugno sulla spalla. Sobbalzai quando il suo corpo fu sbattuto contro il cofano di una macchina in un tentativo di porre fine alla sua tenace resistenza. Tutti i poliziotti si diedero da fare, volevano a tutti i costi allontanare i due uomini dalla strada e dallo sguardo dei curiosi; i fratelli vennero fatti entrare a forza in due macchine diverse. Una volta che la tensione si fu allentata un po’ mi girai, mettendomi faccia a faccia con Harry.

“Perché li stanno arrestando?”.

Mi fece spostare verso la zona in ombra dall’altro lato del furgone, assicurandosi che rimanessimo nascosti.

“Scott e suo fratello spacciano droga, ma sono sempre stati molto cauti. Non hanno mai tenuto sostanze nel loro appartamento”.

Harry fece una pausa.

“Almeno fino ad oggi” sorrise.

Trovavo qualche difficoltà a capire, i miei pensieri avevano cominciato a turbinare incontrollabilmente dopo la scena a cui avevo assistito.

“Aspetta, cosa?”.
“La polizia potrebbe aver ricevuto una soffiata anonima che ha permesso loro di trovare una bella scorta di ... polvere nei locali”.

Spalancai gli occhi a quella rivelazione.

“Tu? Ce l’hai messa tu?”.
“No” si scompigliò i ricci.
“Non io”.

Seguii il suo sguardo fino alla sagoma di un uomo più anziano che non avevo notato fino a quel momento. Era appoggiato sulla portiera di una BMW nera. Sembrava un tipo sveglio, completo nero, capelli corti, un tatuaggio sul collo. All’apparenza era totalmente estraneo all’accaduto, poi ripose il cellulare in tasca e guardò nella nostra direzione.

“Chi è quello?”.
“Un vecchio amico per cui lavoravo. Mi doveva un favore”.

L’uomo fece un cenno d’intesa a Harry. Supposi che fosse un segnale del tipo “missione compiuta”; infine entrò nella sua auto elegante e avviò il motore.

“Cosa facevi per lui?”.
“Devo andare” disse Tom, indicando la macchina alle sue spalle, parcheggiata in fondo alla strada.

Non c’era più alcuna aria di scherzo tra i due, l’amico di Harry percepiva che era giunto il momento di lasciarci per permetterci di continuare la conversazione che andava facendosi sempre più spinosa. Quasi non volevo che se ne andasse: forse se fosse rimasto certi segreti sarebbero rimasti inconfessati.

“D’accordo, ci vediamo dopo” rispose Harry.

Una volta che Tom scomparve alla vista, la mia attenzione tornò al ragazzo in piedi davanti a me. Potevo dedurre dal modo in cui si agitava che non era sicuro di come gestire la situazione. E più tempo passava più desideravo non aver fatto quella domanda. Non ero sicura di voler ancora sentire la risposta. Mi avvicinò le dita al collo, estraendo da dentro il top la mia collanina; cominciò a giocherellarci mentre parlava.

“Raccoglievo soldi”.
“Soldi per cosa?” chiesi cautamente.

Il ciondolo ricadde sul mio petto quasi come se gli avesse ustionato la pelle, sembrava che scottasse troppo per tenerlo ancora in mano. Deglutii a fatica, aspettando con impazienza mentre Harry si stropicciava gli occhi ansiosamente.

“Debiti, principalmente”.

Per chiunque altro sarebbe stata una cosa normalissima che Harry avesse fatto qualche favore. Qualche raccolta sporadica di denaro, niente di cui preoccuparsi. Ma solo per chi non aveva idea del suo passato. Potevo vederlo nei suoi occhi, pregava che non chiedessi altro. Ma dovevo farlo, se era l’unico modo per mettermi il cuore in pace.

“Cosa succedeva se non potevano pagare il debito, Harry?”.

Il suo silenzio mi suggerì la risposta. Ero sicura che quell’uomo si fosse servito di Harry e della sua indole aggressiva per incutere timore negli uomini che non riuscivano a restituire il soldi. Harry aveva picchiato gente, gente che non poteva permettersi l’oneroso affare. E a giudicare da cosa avevo visto dentro e fuori dal ring, nessuno avrebbe commesso un’altra volta lo stesso errore, non se era Harry a bussare alla loro porta.

“Non lo faccio più” disse con convinzione.

Mi diede un lieve bacio sulle labbra. Fu come se quel gesto mi avesse riportata in vita, mi ero come congelata.

“Ti amo” sussurrò Harry, chiaramente allarmato dal mio silenzio.
“E’ davvero tanto da assimilare tutto in una volta” risposi, senza tradire alcuna emozione.

Non sapevo con precisione come mi sentivo. Ero a conoscenza del passato oscuro di Harry, ma quel nuovo dettaglio mi aveva lasciata un po’ scossa.
“Lo so, mi dispiace. Non volevo spaventarti”.

Una volta avevo letto un libro su un assassino, mi aveva sorpresa come il personaggio non avesse alcun rimorso nel colpire i suoi obiettivi. E mentre la mia mente divagava sui ricordi delle pagine che avevo letto, mi accorsi turbata di come accomunavo il comportamento di Harry con quello del protagonista. Era necessario un determinato tipo di persona per infliggere dolore a qualcun altro. Qualcuno che in prima persona fosse a sua volta abituato a quella sensazione di agonia. Gli occhi di Harry cercarono disperatamente i miei.

“Non l’hai fatto” dissi di getto.
“E’-è stato molto tempo fa, io…”.
“Non parliamone più” lo interruppi, prendendogli la mano.

A dire la verità in realtà mi aveva spaventata. Ma non avevo alcuna voglia di “riattivare” quella parte del mio cervello. Avevamo fatto così tanti passi avanti. Non volevo aver paura del ragazzo che amavo.

“Ok” annuì Harry balbettando.

Lo presi di sorpresa, avvinghiandomi a lui per abbracciarlo. Era caldo, sentii il suo cuore martellare mentre appoggiavo il viso sul suo petto. Respiri tiepidi si infransero sui miei capelli, Harry mi strinse forte prima di darmi un bacio sulla testa. Mi accarezzò su e giù lungo la schiena per rassicurarmi. Tutto ciò che volevo era portare via il suo dolore, fargli dimenticare tutto, permettergli di ricominciare. Harry parlò così piano che quasi non lo sentii.

“Non ti merito”.

Lo tenni stretto a me mentre strizzavo gli occhi, quasi desiderando che potesse cedermi un po’ dell’oscurità che lo soffocava. Non volevo che la affrontasse da solo.

“Tutti meritano qualcuno che li ami”.

Si tirò indietro, la felicità che gli illuminava il viso mi riscaldò dall’interno. L’Harry vivace era quello che preferivo.

“Amo quando sorridi”.

Le mie parole fecero allargare ancora di più il suo sorriso mentre si chinava per baciarmi. Fu cauto all’inizio, divenne sempre più appassionato quando non incontrò alcuna resistenza.

“Forza, mi devi una tazza di tè” mormorò contro la mia bocca.

Mi avvolse un braccio intorno alle spalle, guidandomi lungo la strada; la nostra conversazione di pochi minuti prima si allontanò definitivamente dai miei pensieri. Ma il mio corpo si irrigidì improvvisamente; Harry si fermò.

“Cosa c’è che non va?”.

Avevamo lasciato il nostro nascondiglio dietro il furgone; eravamo in parte usciti allo scoperto mentre le auto della polizia abbandonavano la scena. Fu una in particolare che attirò la mia attenzione, quella con un uomo infuriato sul sedile posteriore. Mentre il veicolo ci sorpassava ebbi la possibilità di dare solo una rapida occhiata all’interno. Ma fu abbastanza per scorgere la piccola fasciatura bianca sul dorso del naso di Scott. Dato che mia madre faceva l’infermiera conoscevo bene la procedura; non si poteva fare molto per un naso rotto, oltre a un bendaggio.

“Bo”.
“Il suo naso”.

Pizzicai con le dita la punta del mio per mostrargli quello che stavo cercando di spiegare.

“Scott…”.
“Oh, si, l’avevo notato prima ancora di averlo sfiorato”.

Mi informò Harry incuriosito, alludendo a quando l’aveva picchiato nel corridoio buio del retro del pub.

“Sono stata io” dissi esitante, guardando Harry.

Aggrottò le sopracciglia, fissandomi intensamente.

“Cosa?”.
“Non volevo, pensavo che stesse solo sanguinando…” dissi in fretta, mentre la mia voce si affievoliva.

Continuavo ad agitare le mani, mi bloccò afferrandomi per gli avambracci. Harry scosse la testa incredulo.

“Aspetta, aspetta… Bo, gli hai rotto il naso?”.

Annuii, mordendomi il labbro.

“Porca miseria” ridacchiò Harry.
“Come?”.

Si volse completamente verso di me, dandomi la sua completa attenzione mentre sul suo viso si faceva strada una smorfia divertita. Mi lasciò le braccia, permettendomi di spiegarmi.

“Con il palmo della mano” dissi, sfiorandomi con le dita la pelle vicino al polso.
“Non mi hai mai detto che ne sei capace”.

Lo stupore più totale dominava i lineamenti di Harry.
“Un anno durante l’estate io e le mie cugine ci annoiavamo, quindi abbiamo deciso di prendere alcune lezioni di autodifesa… non avevo la minima idea di ricordare tutto, fino a quando non se n’è presentata l’occasione”.
“Cazzo. Tom riderà fino alle lacrime quando gli dirò che sei stata tu”.

Mi sentii stranamente fiera della sorpresa che avevo suscitato in Harry con le mie imprese. Forse avevo più spirito combattivo di quanto pensassi. Continuai a riflettere sulla mia teoria mentre Harry si abbassava davanti a me. Non ci pensai due volte e gli salii in groppa, serrando le gambe intorno alla sua vita, circondandogli il collo con le braccia. Tutto ciò che era successo mi fece venire in mente una proposta.

“Quante donne frequentano la palestra?”.

Harry continuò a camminare mentre appoggiavo la testa sulla sua spalla destra, le ciocche dei suoi capelli mi solleticavano la guancia.
“Umm, beh, c’è Gill alla reception”.

Si morse il labbro, concentrandosi, tirandomi più su.

“Penso che ci sia solo lei, non so se ce ne sia qualcun’altra nella sauna o in piscina. Perché?”.
“Penso che dovresti creare un corso” suggerii.
“Che tipo di corso?”.
“Qualcosa come fitness, boxing, autodifesa. Ma per donne”.

Il suo atteggiamento calmo mi fece capire che ci stava pensando su.

“Sono sicura che ci sarebbero molte ragazze che vorrebbero imparare come difendersi. Sai, nel caso succedesse loro qualcosa del genere”.
“Tu lo faresti?” chiese con aria inquisitoria.
“Sì” risposi onestamente.
“Beh, a quanto vedo non hai bisogno di alcun allenamento” scherzò Harry, stringendomi le cosce giocosamente.
“Vorresti provare qualche mossa contro di me?” continuò, mostrandosi piuttosto entusiasta all’idea.

Mi stava per caso sfidando?

“E’ stato molto tempo fa, non penso di ricordarmene molte”.
“Per favore, voglio vedere se riesci a mettermi al tappeto”.
***

“Non voglio farti male”.

Harry rise, spostandosi dietro di me. Avevamo trascinato i divani appoggiandoli alle pareti del salone, per avere più spazio a disposizione, mentre il tavolino da caffè era stato spostato nel corridoio.

”Stai ridendo di me?” chiesi infastidita.
“No, piccola” si ricompose.
“Semplicemente non penso che dovresti preoccupartene. Fingi che io sia qualcun altro se ti può aiutare”.

Harry mi stava sottovalutando. Era a dir poco esasperante.

“Ok, andiamo” ordinai con voce piuttosto tagliente.

Mi dibattei mentre mi strattonava forte con un braccio. Senza aver propriamente il tempo di accorgermi di quello che stava succedendo, gli diedi una pesante gomitata allo stomaco; un gemito roco accompagnò la sua smorfia di dolore. Non gli diedi nemmeno il tempo di riprendersi, gli pestai il piede con tutta la mia forza. Mi liberai della sua stretta, per poi girarmi rapidamente e vedere Harry leggermente piegato su se stesso. Spinsi via la sua mano mentre cercava di afferrare il tessuto del mio top. Lo bloccai prima che potesse riprovarci, storcendogli il polso e tirando dolorosamente le sue dita all’indietro. Ero perfettamente consapevole che una volta che se ne fosse presentata l’opportunità, sarei dovuta fuggire via, allontanandomi dall’ipotetico aggressore. Ma credevo che Harry avesse bisogno di una bella lezione. Imprecò, accasciandosi sulle ginocchia davanti a me; aveva le labbra spalancate, aggrottò profondamente le sopracciglia mentre mi fissava. La sua mossa successiva mi prese di sorpresa: il suo braccio sinistro si avvolse intorno alle mie gambe e mi tirò in avanti; caddi addosso a lui. Gli tenni fermi i polsi sopra la testa; Harry fece una smorfia e capovolse la situazione, imprigionandomi sotto di lui. Stavamo entrambi ansimando, io ero distesa sul pavimento e Harry mi guardava dall’alto. Un sorrisetto si formò presto sulle sue labbra.

“E’ stato divertente, facciamolo di nuovo”.
“Mi stavo trattenendo” lo sfidai.

Un lampo di euforia balenò nei suoi ardenti occhi verdi.

“Ti avevo detto di non farlo”.
“Non pensavo che ti piacesse tanto essere preso a pugni in faccia, abbiamo già visto che risultati posso ottenere se mi metto d’impegno”.

Rise. Si trattava ancora di un gioco per lui, era eccitante.

“Il mio colpo di grazia sarebbe stato una ginocchiata contro le tue parti basse”.

Era visibilmente divertito, le sue guance si colorarono di rosa mentre sobbalzava leggermente. Tirandosi su rapidamente, Harry si distese accanto a me.

“Evitiamo questo piccolo particolare”.
“E’ quello che pensavo anch’io” commentai con aria di sufficienza. 
“Mi hai quasi rotto le dita”.
“Beh, sono sicura che Tom l’avrebbe trovato divertente”.

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