20→ swollen eyes and tired heart

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Quella notte era più fredda del solito e anche fin troppo cupa per andare in giro, ma questo non fermò assolutamente il giovane.

Aveva addosso una felpa nera con sotto una semplice maglietta nera e dei pantaloni anch'essi neri, così facendo, sperava di passare inosservato fra le ombre del buoi.

Con la sigaretta accessa che gli penzolava tra le labbra, parecchi pensieri per la mente e le mani infilate nelle tasche dei jeans, vagabondava ormai lontano da casa, senza meta per il quartiere residenziale in cui viveva.

Cosa gli succedeva?
Non riusciva proprio a capirlo, si sentiva fuori posto, non più lui.
Se ne era sempre fregato un po' di tutte le cose e le persone che lo circondavano, ma in quel momento aveva gli occhi rossi, reduci di un pianto triste di cui neanche capiva il motivo, lui non piangeva quasi mai, aveva il cuore pesante di un sentimento maligno e oscuro che lo tenevano fisso a pensare a quello che era successo ore prime.
La testa non voleva smettere di far apparire nei suoi pensieri il volto di chi lo aveva ridotto in quello stato.

Ma questo lui non lo accettava, si ripeteva che era forte e che non gliene importava nulla, perché non era una di quelle ragazzine in calore, non poteva cadere così facilmente davanti a quegli occhi marroni, perché tanto, erano come tutti gli altri, ma che alla fine, si trovava a pensare, che non avevano niente a che fare con tutti gli altri.

Mentre era intento a calciare qualche sassolino che si trovava sul suo percorso, sentì il suo nome echeggiare nel buoi e preso alla sprovvista balzò sull'attenti.

Riconosceva quella voce, ma non riusciva a identificarne la provenienza.

"Amico, dietro di te" lo richiamò di nuovo, facendolo girare su se stesso.

Sorrise quando riuscì a scorgere la figura dell'altro appoggiata al muro di uno dei tanti palazzi.
Si avvicinò a lui salutandolo con una pacca sulla spalla salutandolo.

"È dai tempi di Busan che non ci vediamo?" constatò con voce dolce il maggiore "Come stai?" chiese poi.

"Non c'è male Hyung"

"Che fai fuori a quest'ora?" Gli chiese l'amico, mettendosi le mani nelle tasche del giubbetto blu che portava.

"Potrei farti la stessa domanda" rispose subito, appoggiandosi anche lui al muro dell'edificio, continuando a guardare l'amico.

"Te l'ho chiesto prima io però"
disse, intento a cercare qualcosa nelle tasche.

"Mi serviva del tempo da solo per pensare" scrollò le spalle rispondendo, "E tu che ci fai fuori?"

"C'è il compagno di mia madre su in casa" rispose veloce, riuscendo finalmente a tirare fuori dalle tasche un pacchetto di sigarette e un accendino di color viola.

"Non ti piace?" chiese all'amico

"Non mi va a genio ecco tutto" disse portandosi alle labbra la sigaretta "invece, tu?"

"Io cosa?"

"A cosa dovevi pensare di così importante?" Chiese curiosamente.

"Niente di che" rispose facendo in modo da non far trapelare la preoccupazione, sapendo bene, che l'altro adorava farsi gli affari suoi.

"Jungkook-ah non mentirmi" canticchiò continuando a fumare "Non si fanno due kilometri per 'niente di che', lo sai vero?"

"Non ti sto mentendo" rispose, fingendosi oltraggiato dall'insinuazione dell'amico, che a sua volta lo scrutava attentamente constatando che quella dell'amico era una bugia "È la verità!" subito affermò di rimando il più piccolo, ma comunque l'altro non era convinto  di volergli credere, così continuò a dargli del bugiardo, finché l'altro non esplose.

"Non c'è ragione per cui io debba mentirti" rispose ormai irritato.

"Invece ce ne sono" esclamò subito l'altro "e anche molte!" aggiunse poi.

"Smettila Jimin"

"Ok" rispose tranquillamente, prendendo l'ultimo tiro della sua sigaretta prima di buttarla a terra e schiacciarla con la punta della scarpa "Devo tornare dentro" sorrise appena "Quindi hai poco tempo per deciderti a dirmi cosa succede"

Nonostante Jungkook non fosse uno molto loquace quando si parlava della sua vita privata,  si ritrovò a parlarne con quello che considerava uno dei suoi amici più stretti, Jimin.
Gli raccontò in breve di come tutto era cominciato, di come tutto era successo, di come tutto era finito, e di come lui era finito lì senza apparente motivo.

Dopo aver finito di parlare, Jimin si buttò verso l'altro, abbracciandolo stretto a se, per poi confortarlo.

"Kookie" lo chiamò tenendolo ancora stretto.

"Si?"

Si spostò un po' indietro per vederlo meglio "Di notte la gente forte ha gli occhi gonfi e il cuore stanco"  gli rivelò poi. "Hai bisogno di riposare, di rilassarti e di svoltare"

Quella notte il maggiore non permise a Jungkook di tornare da solo a casa, però, lo ospitò nella propria camera, posto dove passarono la notte a parlare e parlare su tutto quello che non si erano detti per anni, passando poi a parlare dei problemi che entrambi avevano.

E fu lì, in quel momento, che a Jungkook si accese una lampadina.

Fight For → TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora