La chiesa era così vuota, quasi quanto Luke. Era seduto, con il suo smoking nero su una delle panche della chiesa. C'erano solo lui, i suoi genitori, Ash e le loro amiche.
Luke voleva sparire. Non avrebbe pianto, non ora. Pensava a quanto sarebbe stato bello essere lì con lui, magari al funerale di uno sconosciuto. Avrebbero giocato fuori dalla chiesa con qualche macchinina o areoplanino dei suoi preferiti.
Avrebbero corso nella campagna lì vicina, lontana da tutto quel dolore di chi conosceva il defunto.
Ripensò a vari momenti della sua vita. A quando, mentre i loro genitori urlavano, lui lo stringeva, lo accarezzava, lo abbracciava e gli raccontava favole e lui faceva finta di addormentarsi per renderlo felice. Una volta, l'aveva sentito piangere. Diceva che non ce la faceva a continuare, perché, nonostante la poca fantasia, la sua sola voce era riuscita a farlo star meglio, a farlo addormentare.
Ora, Luke voleva addormentarsi e sognarlo. Sognarlo felice, in salute. Non come la notte in ospedale, dove era freddo, bianco, morto.
Lo voleva. Lo voleva con tutto il cuore: addormentarsi e non svegliarsi più. Vivere per sempre con lui, vivere per davvero. Perché si accorse solo in quel momento, che non avrebbe mai più vissuto. Lui apparteneva a JJ e senza di lui sarebbe stato solo un bambino che camminava barcollando, infelice.
Ci ripensò a lungo, come sarebbe stata la sua vita senza suo fratello? Allora ricordò che aveva ancora Cassie. La sua amata Cassie. Non si era mai fermato a pensare a lei, nemmeno per un secondo. La paura di innamorarsi era forte, aveva paura di diventare come suo padre se si fosse innamorato.
Immaginò di essere vecchio, di camminare mano nella mano con una bellissima donna dai capelli bianchi il cui nome sarebbe stato Cassie, i cui occhi sarebbero stati ancora blu. Si vide in un futuro lontano, come i vecchietti che incontrava per strada, quelli si che erano innamorati. Non come i suoi genitori, che nemmeno in quel momento davano alcun cenno di amarsi.
Erano distanti, accanto a lui, distanti con la mente. Forse pensavano a dove avrebbero voluto essere invece che in quel posto triste, dove, in effetti, non c'entravano niente. Non erano stati dei genitori, ma solo persone che davano loro un tetto e del cibo, se si ricordavano di cucinare anche per loro.
Forse Jadee sarebbe stato felice di vederli lì. Aveva sempre desiderato che loro si dispiacessero per una sua gamba sbucciata o lo aiutassero a rialzarsi dopo una rotolata per le scale. Invece era sempre stato solo.
Ma ora no, ora Luke li aveva portati lì.
La cerimonia iniziò. Le parole del prete erano un mormorio indistinto nella mente di Luke, che voleva solo abbracciare un ultima volta suo fratello. Poi sentì il suo nome rimbombare nella chiesa, allora si alzò tenendo stretto il foglio di carta.
Le parole erano grosse, in stampatello. Barcollò fino al leggio, dove potè appoggiarsi.
«Jadee non...» Gli tremavano le mani, le labbra non volevano muoversi. Di lacrime nemmeno l'ombra, questo gli diede la forza di continuare. «JJ non era solo un fratello, per me. Era un amico. Io non ho mai avuto molti amici, perché a scuola non piaccio molto. Sono diverso, ma a lui piacevo così.
«Quando mi vedeva triste, lui voleva aiutarmi e farmi sorridere. Ci riusciva molto bene, JJ, a far sorridere la gente, perché era molto stupido. Era capace di rendere allegro chiunque.
«Non mi piace parlare di lui al passato. Parlare di un morto al passato è brutto, ma parlare di un morto al presente è crudele. Sono sempre stato crudele, con lui, perché so che odiava il fatto che mi chiudo in me stesso. Lo faceva stare male, ma io non sono mai cambiato. Ora sono molto diverso, forse gli piacerei di più. Ma lui mi rendeva felice ogni volta che era al mio fianco e per questo sarò sempre in debito con lui.»
La sua voce si spezzò. Appallottolò il foglio bianco e tornò a sedersi, questa volta nell'ultimo posto più lontano da tutti. Solo lui e JJ.
Riguardò il suo discorso. Non aveva detto nulla di ciò che aveva scritto: erano cose troppo personali, troppo loro.
In silenzio, Cassie gli si sedette vicina. Non disse nulla, gli prese la mano e la strinse nelle sue, in grembo.
Dall'altra parte di Luke si sedette Ashton. La panca scricchiolò ed una triste smorfia gli colorò il viso di rosso, mentre metteva un braccio ciccione dietro al collo dell'amico.
Luke si sentiva un po' meglio. Il colore della faccia di Ashton gli fece venire voglia di sorridere, ma decise di trattenersi, per rispetto nei confronti di suo fratello. Morto. In quella bara. Chiusa.
Il prete diceva parole a vanvera. Diceva che era morto sul colpo e quindi non aveva sofferto.
Ma cosa voleva dire 'morto sul colpo'? Quanto dura il colpo? Un secondo, un minuto? JJ aveva avuto il tempo di rivivere la propria vita in quel momento, in quell'istante? Mentre moriva sul colpo, si era domandato come sarebbe vissuto suo fratello, dopo tutto?
Luke chiuse gli occhi, inspirò a fondo. La vista gli si colorò di nero, un'altra volta. Le voci intorno a lui si ovattarono, sentì la presa sulla sua mano e la pressione sul suo collo alleviarsi.
Ora solo una voce un po' acuta, melodiosa gli risuonava nella mente. «Va tutto bene, Lukey.» Poi si spense.
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Connect
FanfictionLuke è un bambino di otto anni. Ha una vita difficile, per un bimbo così piccolo. Ama leggere e crede follemente nell'amore. Nell'amore fraterno con Jaden, che odia il proprio nome perché «Sa di femmina». Nell'amore fra migliori amici con Ashton, u...