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"Oh, I'm a mess right now"

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Oggi è il mio turno di consegna del latte, come sempre da quando i miei fratelli sono partiti per l'università, così alle sei sono in piedi e sto caricando il furgoncino con le bottiglie per le famiglie del quartiere. Mentre attraverso la strada che conduce dal magazzino in cui teniamo il latte al cancello, alcuni operai della fattoria mi salutano e io li saluto di rimando. Arrivata alla prima casa, fermo il furgone e, come scritto sul quadernetto, prendo tre bottiglie di latte e le porto davanti la porta, prendendo le bottiglie vuote e la piccola mancia che hanno lasciato in fondo al cesto, poi torno al furgone e prendo le bottiglie per la casa di fronte, e faccio la stessa cosa di prima. Vado avanti così fin quando non arrivo all'ultima casa che si trova in prossimità di una curva. Anche qui prendo le ultime bottiglie rimaste e le porto di fronte la porta. Mentre sto tornando indietro, guardo il cielo, constatando che quella di oggi sarà una bellissima giornata e non mi accorgo di quel qualcosa che mi fa inciampare e, quando mi volto per vedere cosa mi ha fatto perdere l'equilibrio, mi accorgo della presenza di un ragazzo steso per terra, e mi trattengo a stento dall'urlare per non svegliare il quartiere. Poggio le bottiglie nel prato di fronte la casa, infilo i soldi in tasca e mi avvicino al corpo. Inizio a sussurrare una serie di "ehi" per vedere la reazione del ragazzo, ma lui continua a non muoversi, allora comincio a scuoterlo con un piede, fino a quando non inizia a grugnire. Quando si gira noto quant'è carino, ma mi dimostro indifferente alla sua bellezza e lo aiuto a mettersi seduto; si strofina gli occhi e il tanfo d'alcol arriva fino a me, quindi deduco che sta notte si sia ubriacato. ‹Dove siamo?› chiede con voce biascicata ‹Chino Hills.› rispondo ‹Vivi qui?› gli chiedo poi indicando la casa ‹No.› risponde, voltandosi poi a guardare la strada ‹Dov'è la mia macchina?› chiede, come se io lo sapessi. Scruta la strada un'altra volta e poi si volta a guardarmi. ‹Ehm, sono Cameron.› dice porgendomi una mano mentre tenta di alzarsi ‹Charlie.› dico stringendogli la mano e poi lo aiuto ad alzarsi tirandolo. Barcolla un po' e, per ritrovare l'equilibrio, si appoggia alle mie spalle. Lo accompagno alla mia macchina e poi torno indietro a prendere le bottiglie che prima avevo appoggiato a terra.

Acceso il motore, mi rivolgo a Cameron. ‹Ricordi la strada che hai fatto ieri?› gli chiedo, mostrandomi calma. Lui assume un'espressione simile a quella dei bambini quando riflettono su qualcosa, e poi si lancia in un racconto della sua serata. ‹Sono andato alla festa e ho parlato con Kate; non mi ricordo cosa ci siamo detti, mi ricordo solo che alla fine l'ho mandata a fanculo. Poi sono andato al bar e ho bevuto un bel po' di vodka. Alla fine sono tornato a casa, ma non avevo sonno, così ho pensato di fare una passeggiata. Poi il vuoto. E poi ci sei tu che mi scuoti con un piede.› mi dice lanciandomi un'occhiata di ghiaccio. Si volta e appoggia la testa al finestrino. ‹Dove abiti?› gli chiedo, e lui riesce a biascicarmi la risposta prima di riaddormentarsi. Guido fino a casa sua, che si trova in uno dei quartieri più belli della cittadina. Arrivata davanti casa sua, lo sveglio scuotendogli una spalla. Quando apre gli occhi e capisce che ci troviamo a casa sua mi ringrazia per il passaggio, poi apre la portiera e fa per scendere dalla macchina, ma appena prova a fare qualche passo cade a terra colto dalle vertigini. Fortunatamente ero entrata nel vialetto, in questo modo Cameron cade sull'erba. Scendo dalla macchina e lo aiuto ad alzarsi, poi lo accompagno alla porta, ma il suo stato di ebrezza è tale da non riuscire a centrare il buco della serratura, così gli prendo le chiavi dalle mani e gli apro la porta, poi lo porto verso il divano. Mi saluta e io torno a casa.

Le ore di scuola sono strazianti, ma fortunatamente questo è l'ultimo anno; oggi è il primo giorno di scuola.Quando torno a casa noto che c'è un'altra macchina che non ho mai visto tra quelle degli operai, e mi chiedo a chi appartenga; poi ricordo che i miei avevano accennato ad un nuovo impiegato, così mi convinco che sia la sua. Appena entro in casa urlo un saluto e mi precipito in camera mia. Inizio a studiare fin da subito, così poi potrò dedicarmi a tinteggiare il capanno che diventerà la mia libreria personale. Entro le cinque ho già finito tutto, così mi cambio e, dopo aver preso i barattoli di vernice verde bottiglia m'incammino per il giardino fino ad arrivare al piccolo capanno costruito da poco.

Sto pitturando da circa dieci minuti quando mio padre mi si avvicina e mi chiede, con la voce premurosa che ha sempre quando parla con me ‹Tutto bene?› io annuisco in segno di risposta ‹Hai bisogno di una mano?› domanda nuovamente, e mi chiedo il perché di tutta questa curiosità, dal momento che ogni volta che gli chiedevo se c'era qualcuno libero ad aiutarmi, mi diceva che anche se ci fosse stato, questo qualcuno, dovevo fare da sola, visto che ero stata io a volerla, la libreria. ‹Aiuterebbe.› rispondo, non facendo trapelare la mia curiosità ‹Va bene, allora ti mando il ragazzo nuovo.› dice, per poi allontanarsi, senza lasciarmi il tempo di fare domande. Nel frattempo che aspetto il ritorno di mio padre con "il ragazzo nuovo" torno a tinteggiare. Quando finalmente sento dei passi che si avvicinano, mi volto, con il pennello ancora in mano, e un sorriso cordiale stampato in volto. Alla vista del ragazzo il pennello quasi mi cade di mano, e il mio sorriso vacilla, ma non assumo espressione sconcertata, per non destare i sospetti di mio padre. Il ragazzo che mi ritrovo davanti è lo stesso che ho riportato a casa ieri mattina. Cameron. Dopo averci presentati, mio padre se ne va. Per un po' restiamo in silenzio e continuiamo a fissarci, poi mi schiarisco la voce e dico ‹Allora, i pennelli sono lì.› indicandoglieli, e lui, dopo aver sussurrato qualcosa che prendo come un "Ah, sì, certo" si avvicina per prenderli. Inizia a pitturare accanto a me e per qualche minuto non proferiamo parola. Alla fine Cameron inizia un tentativo di conversazione, e io gli sono molto grata, perché il silenzio aveva iniziato a farsi oppressivo. ‹Allora vivi qui?› chiede, anche se sa la già la risposta alla sua domanda ‹Si.› rispondo intingendo il pennello nel barattolo ‹Credevo andassi all'università...› continuo poi ‹Già, sarei dovuto andare, ma poi diciamo che ho cambiato idea.› dice, e io, non riuscendo a tenere a freno la mia curiosità, gli domando il perché, e lui si lancia in una spiegazione, e mi rendo conto che aveva proprio bisogno di qualcuno che gli chiedesse questo genere di cose.

Continuiamo a parlare per ore, ma quasi non ci accorgiamo del tempo che passa, immersi come siamo nella conversazione e nel pitturare la facciata della mia piccola libreria, che ormai abbiamo quasi finito. Al segnale acustico che segna la fine del turno, quasi sussultiamo. Ci salutiamo un po' impacciatamente, poi Cameron segue mio padre, che era passato di qui alla fine del segnale, dicendo che voleva parlargli, mentre io chiudo i barattoli, andando a gettare quelli ormai vuoti e, dopo aver pulito per bene i pennelli, porto dentro i restanti barattoli e i pennelli ancora gocciolanti.

Durante la cena penso ancora alla conversazione con Cameron, che quasi non sento mia madre che esclama ‹Allora, ho notato che oggi parlavi molto con il ragazzo nuovo. È simpatico?› certo che è simpatico, mamma, penso, ma invece rispondo ‹Mh, si.› sollevando poco le spalle, fingendo che il discorso non m'interessi e gettandomi sul cibo, ma le mie orecchie sono all'erta quando mia madre continua la conversazione con mio padre ‹Si, è un bravo ragazzo. E da come compieva tutti i compiti che gli venivano assegnati, ha anche molta voglia di lavorare.› spiega mio padre, e mia madre annuisce assecondandolo ‹L'ho assunto.› dice alla fine, e il boccone che sto ingoiando mi va di traverso, facendomi iniziare a tossire. Dopo vari bicchieri d'acqua e respiri profondi, smetto di tossire, ma ho ancora quella sensazione annacquata che si ha ogni volta dopo essersi strozzati. ‹Tutto okay, tesoro?› chiede papà, per poi continuare il discorso da dove si era interrotto. ‹Il problema è che ora non ho un compito fisso da assegnargli.› dice, infilandosi una forchettata in bocca. ‹Beh› m'intrometto ‹Io sono sola con la mia casetta, e mi farebbe comodo qualcuno che mi aiutasse con le mensole e le altre cose.› dico, bevendo l'ennesimo bicchiere d'acqua. Dopo un po' di riflessione mio padre acconsente alla mia richiesta inespressa ‹Va bene, può aiutarti, ma niente casini, intesi?› mi chiede, puntandomi contro la forchetta, prima di metterla in bocca. Questa sua ammonizione mi fa alzare gli occhi al cielo, e così aiuto mamma a sparecchiare, poi vado in camera mia e, dopo essermi infilata il pigiama, accendo il computer e noto di avere una nuova richiesta di amicizia, da parte di Cameron, che accetto. Dopo qualche ora spengo il computer e mi metto a dormire, ma il sonno fatica ad arrivare, e non capisco perché, ma il mio pensiero corre sempre verso Cameron, anche se è una cosa piuttosto strana, ma non tento di scacciare i pensieri che m'inondano la mente uno dopo l'altro.

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Spazio autrice

Ciao c:

Questa è la prima fanfiction che scrivo sui magcon/26mgmt. Inizialmente non volevo pubblicarla, ma poi una mia amica, a cui è ispirata un po' la storia, mi ha convinto a pubblicarla.

Spero che vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate, accetto ogni tipo di commento, e cercherò ogni volta di migliorare la storia. Pubblicherò il prossimo capitolo a tre voti e/o commenti.

Marta ♡

Magnificent || Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora