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"Won't you stay with me?

Cause you're all I need.

This ain't love, it's clare to see.

But darling, stay with me."

3

La pioggia scende producendo il solito scroscio quando incontra il terreno, rendendo la terra fango e il marciapiede scivoloso. Non ho l'ombrello con me, ma non m'importa molto. Le lacrime si confondono con la pioggia sulle mie guance. Non so da quanto tempo sto piangendo. Ormai la pioggia sta iniziando a diminuire, ma i miei vestiti sono ormai fradici e sporchi di fango, e il legno su cui sono seduta si è ammorbidito a causa dell'acqua. Sento il rumore di una macchina che si avvicina, ma non mi curo di chi possa essere. Piego le ginocchia e poggio i piedi sulla panca, sentendo una fitta al fianco, poi poggio la testa sulle ginocchia e continuo a singhiozzare. Chiunque sia alla guida della macchina, frena davanti la panchina e scende dalla macchina. Mi si avvicina e inizia a stringermi; non mi muovo, perché quel tocco caldo mi è familiare. Sollevo la testa e capisco che è Cameron che mi stringe, così appoggio la mia testa sulla sua spalla. Mi stringe più forte, non perché gliel'avessi chiesto, ma perché sa che ne ho bisogno. ‹Stai con me› dico sollevando il viso per guardarlo in faccia ‹Ne ho bisogno.› termino, e appoggio il viso al suo petto, mettendo le mie gambe sulle sue. Sento il suo petto vibrare, e la sua risposta mi giunge alle orecchie ‹Si, ogni volta che ne avrai bisogno.› sussurra. Inizio a sentirmi stanca, e il fianco fa sempre più male ‹Cam, mi accompagni a casa?› gli chiedo, sussurrando, non avendo più le forze per far uscire la voce. ‹Okay, prima però andiamo in ospedale.› annuisco, e lascio che mi prenda in braccio, perché non sono sicura di riuscire a stare in equilibrio se poggiassi i piedi per terra. In macchina non riesco a resistere, e anche se per arrivare in ospedale ci vogliono dieci minuti, mi addormento sul sedile.

Cameron stava guidando più veloce di quanto fosse consentito per riuscire ad arrivare il prima possibile all'ospedale, ma voltandosi a controllare Charlie, notò che era già addormentata. Si era fatto spiegare tutto dai suoi genitori al telefono quando l'aveva vista scappare, e poi era corso a cercarla, trovandola ad un chilometro dalla fattoria. Davanti l'ospedale spense a stento il motore, che già si ritrovò fuori dal suo sportello, infradiciato dalla pioggia che non aveva cessato di scendere. Prese Charlie in braccio, la sua borsa sulla spalla, e si diresse correndo all'entrata, dove dei dottori portarono una barella e la trasportarono in una sala dove non gli fu permesso entrare. Protestò debolmente, ma poi si accasciò ad una sedia accanto la porta, aspettando, con lo sguardo perso nel vuoto. Dopo circa mezz'ora i dottori iniziarono ad uscire dalla stanza, e uno gli si avvicinò. ‹È lei che ha portato la signorina Hamilton?› Cameron annuì alzandosi di scatto ‹Bene. Il chiodo non era arrugginito, fortunatamente, e gli organi non sono stati toccati, quindi non dovrebbe avere problemi. Le abbiamo messo dei punti e deve venire a toglierli fra due settimane.› gli spiegò il dottore ‹Purtroppo ha perso molto sangue, quindi le abbiamo dovuto fare una trasfusione. Quando si sveglierà e avrà finito la trasfusione potrete tornare a casa.› terminò, e Cameron annuì, chiedendo poi se sarebbe potuto entrare nella stanza, e alla risposta affermativa del dottore, aveva ringraziato, preso la borsa e si era precipitato nella stanza. Si era seduto nella sedia accanto al letto e aveva guardato Charlie. Il viso beato, un po' pallido, le ciglia lunghe che toccavano le guance e gli occhiali ancora sul naso. Glieli aveva tolti e gli aveva rimesso a posto la ciocca che si era spostata mentre le toglieva gli occhiali. Poi le aveva preso una mano e le aveva iniziato a disegnare dei piccoli cerchi sotto il pollice, finché non aveva iniziato a muoversi e, a quel punto l'aveva lasciata, appoggiando la schiena allo schienale della sedia.

La luce illumina la stanza, e quando i miei occhi si aprono, impiegano qualche minuto a mettere a fuoco ciò che mi circonda. I muri sono azzurro pallido, più chiaro del colore del cielo, e al mio fianco, su una sedia, è seduto Cameron, con addosso la maglia di Theo. E d'improvviso tutto mi torna alla mente. Il fatto di essermi tagliata il fianco, la chiamata, la pioggia, Cameron che mi prende e mi porta all'ospedale. Mi alzo la maglietta sporca di sangue nel punto in cui mi sono ferita, e noto un grande cerotto. Ma qualcos'altro attira la mia attenzione. Qualcosa che spunta dal mio braccio. Seguo con lo sguardo il tubicino fino ad arrivare ad una sacca vuota per metà, contenente un liquido rosso, che prendo per sangue, anche perché sul cartello attaccato alla sacca, c'è scritto il mio gruppo sanguigno. Mi volto verso Cameron, che mi guarda ansioso aspettandosi una mia reazione. ‹Potresti raccontarmi cos'è successo?› gli chiedo, e lui annuisce, prima di sistemarsi su quella che dev'essere una sedia scomodissima. Poi inizia a parlare ‹Stavamo venendo in ospedale, quando è squillato il telefono. Hai risposto. Non so cosa tu abbia sentito, ma di punto in bianco ti ho vista sgranare gli occhi. Hai iniziato a tremare, poi il telefono ti è caduto dalle mani e sei corsa via. Non sapevo cosa fare, così ho preso il telefono e ho parlato con i tuoi genitori. Mi hanno spiegato tutto, e mi hanno anche detto che saranno fuori città fino a domani, e mi hanno chiesto se posso stare con te. Mi sono messo a cercarti, e non è che sia stato molto difficile trovarti. Stavamo venendo all'ospedale quando sei svenuta. Appena entrati ti hanno portato in questa stanza, ma non mi hanno lasciato entrare. Quando finalmente è uscito un dottore, mi ha detto che non sono stati toccati organi, e il chiodo fortunatamente non era arrugginito. Devi tornare tra quindici giorni per togliere i punti. Appena finita la trasfusione, che ti hanno fatto perché avevi perso troppo sangue, possiamo andarcene.› Credo di aver annuito, perché Cameron si appoggia di nuovo allo schienale, mandando fuori l'aria che probabilmente aveva trattenuto per tutto il discorso. Non sento emozioni, e il tempo che rimane prima di andarcene, lo trascorro fissando la parete davanti a me.

Magnificent || Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora