Le figlie di Ohara

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  Ferma davanti alla porta, col pugno sospeso per bussare, Cori si chiese per quale cavolo di motivo esitava. Doveva solo parlargli! Neanche fosse poi così difficile, da quello che finora aveva visto. Attraverso la porta, gli schiamazzi arrivavano fortissimi, totalmente ignari della sua presenza. Almeno sperava. Di passare per un'imbecille che sta ore fuori da una porta proprio non le andava, così alla fine si decise e...
La porta le arrivò in faccia, BAM! Dritta sul naso. Ad aprire (con una certa violenza tra l'altro) quella diavoleria di legno e vetro della cucina altri non era stato che uno dei più molesti, anzi il più molesto degli abitanti di quella nave, ovvero il capitano in persona. Con una mano sul naso sanguinante, Cori ricevette il baldanzoso "Oh, ciao, non ti avevo visto!" di Rufy, seguito dal cazzotto di Nami per il medesimo e dalla sollecitudine di Sanji e Chopper:
"Ti sei fatta male?"
"Fai vedere!"
A cui Cori rispose con un bassissimo e velocissimo sussurro di scuse: "Non è niente, mi esce spesso sangue dal naso, d'estate quasi ogni giorno, ormai non ci faccio più caso!", cercando di bloccare il sangue con le dita. Per lei Sanji non si era sprecato in svenevoli complimenti, e la cosa era quasi un sollievo.
"Non sei l'unica" borbottò ironico Zoro, "vero, stupido cuoco?"
"Ce l'hai con me, marimo di merda?" Fu l'inizio di un lungo battibecco a suon di calci, pugni ed insulti di dubbio effetto.
"Perdonali, entra. Stavamo giusto per cominciare a cenare, giusto Sanji?" si intromise la roscia con un sorriso gentile.
"Certo, Mia Dea! Provvedo subito!" si alzò subito il biondo, mettendo fine alla rissa col suo tornado di cuoricini. Cori rimase a dir poco estasiata. Poi, dato che era rimasta imbambolata, fu tirata dentro da Nami stessa.
"Ti assomiglia un sacco, Brook!" disse Usopp.
"Yohohoho, è proprio vero!" rispose il diretto interessato.
"Sei la fidanzata di Zoro?" le chiese innocentemente Rufy. Lui e la sua innocenza del cavolo!
"No" categorico corale di entrambi.
"Siediti con noi, non mordiamo mica." La invitò gentilmente Robin. "Almeno non tutti" concludendo con una delle sue lugubri frasi fuori luogo. Cori si accomodò in un angioletto della stanza, cercando di non farsi vedere, ma era un'impresa quasi impossibile.
"Allora, raccontaci un po' di te" chiese Nami mentre Sanji serviva (rigorosamente prima le donne, e con molta più galanteria) un piatto stupendo, un tripudio di gamberi e piccoli pesci dall'aria gustosa. E poi servì la carne arrosto ai cani, meglio detti i restanti componenti maschili meno civilizzati della ciurma.
"Non c'è molto da dire. Mio nonno veniva da questo universo, e credo che Zoro vi abbia raccontato a grandi linee quello che è successo. Avevo un fratello, ho tuttora i miei genitori nell'altro universo e sono cintura marrone di judo. Stavo per fare la maturità, anche se dubito che qualcuno sappia cosa significhi qui" raccontò velocissimamente, e le domande arrivarono fin da subito.
"Perché dici che avevi un fratello?" chiese il cyborg.
"Fammi vedere quello che sai fare!" la sfidò Rufy.
"Cosa significa maturità?" chiese con la sua vocina sottile Chopper.
"Potresti spiegare meglio questo concetto degli altri universi?" domandò Robin tranquilla.
"Signorina, potrebbe mostrarmi le sue mutande?" questo credo si possa immaginare chi lo chieda.
"CHE CAVOLO C'ENTRA?" urlò Nami.
Cori, assalita dalle domande, rispose una alla volta: "Mio fratello è morto tre anni fa, d'accordo Rufy quando vuoi, ma non ti aspettare gran che, la maturità è un'esame che si fa alla fine di un corso di studi, se vuoi dopo te lo spiego Robin, ma non ti aspettare chissá che spiegazione, NO nel modo più assoluto" sperava di essersi salvata in questo modo. Quanto si sbagliava. Franky era partito per la tangente con la sua chitarra e due grossi lacrimoni. Rufy le aveva proposto di farlo subito, fermato di nuovo da Nami, Chopper si era imbambolato pensando a chissà cosa. Robin, sollievo delle sue orecchie, era l'unica ad aver accettato con un sobrio "Certamente. Se dopo ti va, ti aspetto in biblioteca". Tutto quel chiasso era frastornante, ma dopo un po' ci si abituava, e diventava piacevole lasciarsi andare alle chiacchiere fra una meravigliosa portata e l'altra. Nel frattempo la gozzoviglia era degenerata e si era spostata sul ponte, trascinando con se barili di sakè e birra. Nel giro di poche ore, Cori era stata coinvolta in un allegro vortice di euforia collettiva. Zoro festeggiava il ritorno sulla nave con litri e litri di sakè, Nami lo seguiva, Rufy volava da una parte all'altra della nave, tra trinchetto e albero maestro, con gli stecchini nel naso, trascinandosi dietro Usopp, Chopper e Franky, con il suo "Suuuuuuper!". Robin sorseggiava un bicchiere di vino rosso, galantemente assistita da Sanji, mentre Brook suonava a tutta andata "Il sakè di Binks".
Cori, per quanto apprezzasse la cosa, si sentiva un po' estranea, e non era esattamente dell'umore giusto. Non riusciva a godersela. Per niente. Mentre gli altri si dedicavano alle loro faccende, Cori raccattava stoviglie in giro, le portava nell'acquaio, buttava bottiglie vuote... non era per niente dell'umore. Era depressa, triste e sconsolata. Non le andava di festeggiare, aveva bisogno di rendersi utile. Così, mentre la festa verso le due di mattino cominciava a scemare, lei risistemava tutto. Zoro si era addormentato in un angolo con Chopper steso addosso come un peluche. Sanji lavava i piatti nell'acquaio, Robin si era giá ritirata da una mezzoretta in biblioteca, Usopp e Rufy a ritmo si trascinavano dormendo verso la stiva, o più probabilmente verso la cucina. Franky e Brook erano gli unici a canticchiare sottovoce le melodie del violino, mezzo addormentati anche loro. Nami era quasi caduta con la testa nel fuoco. Con delicatezza, per non svegliarla, la scostò dal fuoco e la prese in braccio. Pesava meno di quanto immaginasse. La ragazza ubriaca le saltò di slancio al collo, ma Cori riuscì a mantenere l'equilibrio finché con la stessa delicatezza non la scaricò a letto. Tornò sul ponte e fece lo stesso con Chopper raccogliendolo dalle ginocchia di Zoro, mentre biascicava qualcosa a proposito di Rufy con gli stecchini nel naso... La renna era tenerissima, e sicuramente piú leggera della navigatrice, senza offesa! Stava giá tornando sul ponte quando tutta una serie di mani fiorirono dal terreno, lasciando scivolare i corpi dei compagni nelle rispettive stanze. Una di quelle appendici la invitò a salire su, dove vide in controluce la figura di Robin risaltare contro le finestre della biblioteca. Con il sottofondo dell'acciottolio dei piatti di Sanji, l'unico ancora effettivamente sveglio a livello del ponte della nave, salì fino in biblioteca, dove c'era Nico Robin ad attenderla.
"Ho pensato che ti sarebbe piaciuto fare due chiacchiere in tranquillità" esordì la mora dal lungo divano circolare.
"Riguardo cosa?" chiese Cori saltando i convenevoli.
"Soprattutto riguardo il modo in cui sei arrivata qui. In quel punto il racconto di Zoro era piuttosto lacunoso. Non mi dispiacerebbe nemmeno sapere qualcosa di più su di te" rispose la formosa donna, indagando con buona grazia nelle sue intenzioni e sulle sue capacità. Immaginò che lei in quel momento stesse facendo la parte responsabile del gruppo, indagando su di un'estranea potenzialmente pericolosa a bordo.
"Non ne ho un'idea precisa, in realtà. Mio nonno, che è colui che ha inventato questa tecnica, non mi ha spiegato come funziona. Dovresti provare a considerare l'esistenza di più universi rispetto al tuo. Io posso viaggiarci attraverso con questa tecnica. Purtroppo, io da sola non sono in grado di riprodurla per adesso, mio nonno l'ha sempre attivata per me, e non so se sarò mai in grado di farlo. Quando è attiva, perdo ogni capacità sensoriale." Tentò di spiegare, incespicando nelle parole.
"Oh. Chi era tuo nonno, Cori? " cambiò discorso l'archeologa con un sorriso gentile.
"Era uno studioso. Veniva da Ohara" Rispose la ragazza, conscia dell'importanza che questa informazione aveva per Robin.
"Ti ha insegnato a tradurre i Poigne Griffe?" le chiese infatti la donna, che tuttavia manteneva la sua invidiabile calma.
"No. In realtà ho scoperto questa cosa nemmeno una settimana fa" mugugnò girando lo sguardo.
Passarono le restanti ore prima dell'alba a scambiarsi cortesemente informazioni dei rispettivi luoghi d'origine davanti ad una calda tazza di thè, che Sanji aveva portato loro prima di coricarsi.




"C'è qualcosa a poppa, Rufy vieni a vedere!" urlò Usopp sporgendosi dal bordo della nave.
Cori si trovava lì presso a rendersi utile, quindi accorse, preceduta da Rufy stesso. Sul pelo dell'acqua galleggiava una massa blu elettrico. Rufy allungò il braccio e la prese, portandola su.
"Ahia, punge!" protestò lasciandola cadere. Assomigliava ad un fico d'india, ma era chiaramente un frutto del diavolo ."È un frutto del diavolo"
"Robin saprà sicuramente dirci cos'è" sorrise Rufy riafferrandolo e correndo sul ponte.
"Robin! Abbiamo trovato un frutto del diavolo!" le gridò. La donna era placidamente stesa sulla sdraio con un enorme tomo sulle ginocchia.
"Sapresti dirci cos'è?" la interrogò Usopp, mentre anche Zoro e Nami si univano all'allegra combriccola.
"Un frutto del diavolo? Chissà quanti soldi faremmo vendendolo! Dai Onee-chan, dicci cos'è!" proruppe infatti in un urlo isterico la rossa navigatrice.
"La solita tirchia capitalista" borbottarono ignorati Usopp e Zoro.
"Siete fortunati, stavo giusto consultando il catalogo" disse la mora sfogliando velocemente l'enorme libro "si chiama Itami itami no mi, e permette all'utilizzatore di procurare dolore anche fino alla morte nell'avversario. Oltre all'acqua e all'amalgatolite, ha un altro svantaggio: Il dolore viene subito cronicamente anche dall'utilizzatore del frutto" Cori trasalì. Quello era il frutto di Raven. Guardò Zoro, che annuì grave. Non aveva pensato di chiedere informazioni a Zoro riguardo la battaglia, ma sembrava fosse proprio il caso di farlo. "Zoro" lo chiamò ignorando le disquisizioni delle altre due donne sul valore di mercato del frutto. "Potresti raccontarmi cos'è successo?" Aveva paura di sentire cosa avrebbe detto Zoro, ma non per questo avrebbe deciso di ignorarlo.
"Niente di più di quanto tu non possa immaginare da sola. Raven è morto poco prima che tornassimo tutti di qua. È stato l'amico tuo a finirlo, con un colpo d'ascia dietro al collo. Poi ti ha spinto, e io e quel ragazzino imbecille ti abbiamo seguito" le rispose quasi scocciato il ragazzo dai capelli verdi.
"E il nonno?" lo interrogò Cori, ansiosa.
"Mi dispiace, ragazzina" gli rispose Zoro, mentre davanti ai suoi occhi si ripresentava l'immagine di quell'informe massa bruciata che era stata il vecchio, con gli occhi sciolti nelle orbite, i muscoli mummificati dal calore intenso tesi nell'ultimo spasimo, visibili e bruniti sotto il nero velo grasso residuo della pelle arsa, i denti digrignati e bianchi quanto le ossa del cranio per la calcinazione. Pensò di evitare alla ragazzina la pena di farle sapere che era morto dolorosamente ed in quel modo orrendo, e lei non indagò.
Cori si intristì e si allontanò, rintanandosi in infermeria. Se lo aspettava, ma era comunque triste. Si dispiaceva abbastanza, ma non era tipo da farne drammi, soprattutto conosciute le premesse. Era più tipo da tenersi tutto dentro e buttarsi in fatica e lavoro, così afferrò lo zaino e si mise a disfare quello che non aveva ancora disfatto. Nella tasca superiore, che non aveva ancora aperto, c'era il suo vecchio judoji, praticamente giallo per quanto era antico (si, antico, perché era stato di suo padre prima di lei ed era dei primi arrivati in Italia, quindi rigidissimo), il suo ferro da uncinetto, il suo quadernino con la raccolta degli anime visti e dei libri letti con le rispettive trame, un album di fotografie contenente esattamente tre foto, una Bibbia e un libretto di aforismi di Oscar Wilde (che, per inciso, lei non sopportava).
Scritto a caratteri minuti, sulla prima pagina (strappata) della Bibbia, chiaro riferimento al Tulipano nero che aveva letto di recente, una minuscola lettera la attendeva. Chi poteva, se non suo nonno, paragonarsi al vecchio Governatore della Provincia tradito dalla sua gente Cornelio de Witt, che in un ultimo slancio di generosità prima di morire tenta di salvare il nipote dalle avide grinfie del perfido antagonista Isaac Boxtel? E pensare che a lei lo stile di Dumas neanche piaceva, troppo cavalleresco, ridondante e poco attaccato alla realtà quotidiana.

Nipote mia, questo doveva essere il regalo per la tua prima comunione, ma ho preferito tenerlo per me, perché potrebbe venire il giorno in cui tu avrai molto più bisogno di questa Bibbia di oggi. Spero che quel giorno non arrivi mai, ma se dovesse arrivare, avrai bisogno di una mano pratica per superare quello che ti accadrà. Dato che con tutta probabilità sarò morto quando leggerai questa lettera, cercherò di essere il più breve possibile. Non crucciarti per me, è inutile. Conoscendoti, so che non lascerai più di poche ore alle lacrime e poi comincerai a darti da fare. Bene, comincia subito. Te lo dico fin d'ora: Tornare a casa è praticamente impossibile. Ti perderesti fra gli universi, e ti assicuro che è molto più facile finire in qualche pianeta inospitale, o nel vuoto cosmico, piuttosto che su di un pianeta abitabile. La mia è stata solo fortuna sfacciata, e se anche questa si ripresentasse, le possibilità di sopravvivere ad un atterraggio sono estremamente esigue (se stai leggendo, hai avuto veramente, con tutto rispetto, una botta di culo epica). Quindi, io ti consiglio di provare a rifarti una vita di là, proprio come ho fatto io, di trovarti nuovi sogni, nuove speranze, ma soprattutto di sopravvivere. So che il mondo di là è per certi versi più difficile di questo, ma tu queste cose le saprai. Accorgimento pratico: NON MANGIARE MAI FRUTTI DEL DIAVOLO. PER NOI SONO TOSSICI!

Cori aveva in quel momento l'espressione standard del genio della lampada in fase di shock: Piú o meno la mascella sotto le scarpe. Suo nonno aveva previsto tutto: Aveva preparato quella lettera anni prima, sicuro della possibilità di poter soccombere a Raven. Ed in più, le consigliava di arrendersi al corso degli eventi, senza nemmeno degnarsi di darle, che ne so, un libretto per le istruzioni per i suoi nuovi poteri. Aveva scelto lui per lei: Aveva deciso in anticipo che lui non poteva sopravvivere e che lei andava protetta, che era troppo debole per scegliere in quale cazzo di mondo stare, quale razza di prospettiva di vita avere (semmai lui gliene avesse attribuita una, vista la sua tendenza alle visioni apocalittiche!). Presa dalla rabbia, fu tentata di strappare la lettera, ma non lo fece. Si limitò ad eliminarla dalla sua vista, richiudendola nella Bibbia. Sfogliando le sottili pagine del Libro quasi come un'automa, cominciò a ragionare: Zoro le aveva detto che lui aveva visto morire Raven sotto i suoi occhi, finito da Greg. Che bisogno aveva il giardiniere di spingerla nel buco nero, se la minaccia era stata scampata? Una domanda destinata a rimanere insoluta, almeno per quella mattina, perché Cori abbandonò capra e cavoli sul letto e cercò di trovarsi qualcosa di meglio da fare, preda della rabbia che le faceva sbattere i piedi e le porte. Oh, insomma, mica erano morti i suoi genitori, o il suo Maestro, o il resto della gente che conosceva! Stavano semplicemente da un'altra parte, e continuavano a vivere, ed in questo caso non era nemmeno una metafora per parlare dell'aldilà, era un dato di fatto! Quindi forza e coraggio. Si ficcò le cuffiette nelle orecchie e mise la ripetizione casuale. Casuale un par di ciufoli, dato che la prima musica era "Tu vedi piú lontano di me" di Giuseppe il Re dei Sogni.

Il primo ad entrare dopo che Cori aveva risistemato l'infermeria fu, ovviamente, Chopper, che si portava al seguito Zoro, che come al solito per allenarsi non si era voluto tenere addosso le bende, le ferite di Thriller Bark si erano in parte riaperte, ed il piccolo medico si vedeva ogni volta costretto a ricucirlo. Ovviamente, lo shock era palese sul muso della renna, quando vide in che modo fosse stata riarredata l'infermeria. Alla parete era appesa una croce di legno spuntata dal nulla, molto grezza. A fianco al letto era nato un comodino, sempre in legno, dove erano ammucchiata una catasta di roba di vario genere, che poi era evidentemente esplosa, spargendo parte del suo contenuto tra fondo letto e testata, tra l'altro sostituita anch'essa dallo zaino messo in orizzontale (il lupo perde il pelo ma non il vizio). Cori non c'era, forse sparita di nuovo nella stiva a far danni, ma rientrò qualche secondo dopo commentando con un "Beh, che avete da guardare? Ho solo preso qualche cordino e diversi filagnotti. 'Ste facce da pesce lesso per due legature quadre!" scusandosi poi con Chopper per il disordine.



Faceva freschetto, quella notte. Non sapeva come, ad un certo punto mentre stava tirando fuori la sua roba per lavarla, Brook (attraverso circonvoluzioni di cui non ricordava bene il filo), era riuscito a far finire tutto in un barile di soia, così Cori era stata costretta, causa altre mansioni e la sua voglia mancante di pulire la roba grondante soia davanti al resto della nave, a lavare la sua roba di notte. Con solo canotta e pantaloncini da lavoro indosso, ovvero le uniche cose sopravvissute, perché anche i vestiti che portava addosso, lei compresa, erano stati investiti dalla nauseante (sfido chiunque a non definirla tale mentre si è investiti dai suoi prepotenti effluvi a quel modo) sostanza. Così, in piena notte, Cori strofinava i suoi panni sull'asse immersa nel catino pieno d'acqua, sapone e soia non per forza in quest'ordine, masticando imprecazioni a spron battuto contro gente a caso. Con le dita arrossate per il lungo sfregare e la pelle d'oca sulla schiena per quel fastidioso venticello gelido, pensava che era in momenti rabbiosi come quello che riusciva a non pensare a casa sua con rammarico. Con la lingua fuori dalle labbra per la concentrazione, Cori non si accorse della camicia che le arrivò dritta in faccia. Sollevando lo sguardo, si accorse che era Zoro, sceso dal suo turno di guardia, ora rimasto in canotta, che la fissava a pochi metri di distanza, con la sua espressione seriosa.
"Grazie per avermi riportato di qua. Ti è costato parecchio. Ti devo un favore." Le disse duro come suo solito, con la sua espressione indecifrabile.
Cori sorrise. "Grazie a te". Era stata tentata di dire "non c'è problema", ma il problema c'era eccome.
"Infilala, o ti prenderai un malanno" le rispose brusco Zoro allontanandosi. Cori se la mise sulle spalle e non sentì più freddo.

Alla fine si era addormentata accanto alla tinozza. Aveva pensato 'solo cinque minuti' quando si era stesa con la testa vicina al bordo per fissare quelle stelle aliene, luminosissime, che brillavano sopra la sua testa. La sensazione era la stessa: L'impressione di bellezza e impotenza di fronte a qualcosa di immenso e meraviglioso, stupendamente sconfinato, nella brezza della notte sull'erba fresca. Poi si era addormentata. Ma la cosa non aveva evidente fermato quei barbari che le avevano rovesciato con un calcio la tinozza in faccia. La camicia si era salvata, fortunatamente. Non poteva dire la stessa cosa della calotta cranica di quei due imbecilli, perché furiosa come una bestia, aveva fatto scrocchiare le nocche per farle scontrare contro il cranio bianco di Brook e la testa bacata di Rufy.
Con la testa incassata nelle spalle per la rabbia, aveva raggiunto il bagno e si era strizzata i capelli. Erano solo le sette del mattino. I capelli si erano asciugati subito, ritornando alla loro tondeggiante forma originaria, così Cori in attesa che i vestiti stesi finissero di asciugarsi,.si era infilata la camicia, un coso blu a righe verdi e maniche corte. La cosa aveva senso finché erano le nove, toh, le dieci, ma ne perdeva un sacco verso quel bollente mezzogiorno, così alla fine Cori si decise a poggiarla su una spalla. Proprio in quel momento, qualcosa cozzò contro la chiglia, proprio vicino a lei. Chopper ronfava in vedetta e sembrava non averlo visto. Era una tavola di legno, probabilmente residuo di un naufragio. Un fagotto era steso di traverso sopra. Cori corse a prendere una fune, ed assicuratala alla ringhiera, si calò a grandi balzi lungo la fiancata, posò la mano sulla schiena del fagotto. Respirava.
"Naufrago a babordo!"  

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