Verso Fukuzoo

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Penzolare da molli appendici carnose era stato solo l'inizio di una serie di disgrazie per Gabriele. Furioso e spaesato, era fuggito da quella maledetta che gli aveva rovinato la vita. 

Per finire addosso ad un uomo alto per lo meno due metri. Aveva lunghi capelli neri acconciati in una quantità infinita di trecce, così come i baffi e la barba, e vestiva come un becchino all'antica, con un grande cappello col pennacchio nero sotto braccio. L'omone aveva tuonato: "Chi osa urtarmi in questo modo?" poi l'aveva soppesato con quei suoi occhiacci neri. "Mmmh. Non male. Prendetelo!" berciò alla combriccola degli uomini intorno a lui, una massa di villici ignoranti che puzzavano uno più dell'altro di cipolla e fumo. Ebbe il tempo di girarsi, prima che tre di quei corpi grassi e sudaticci gli fossero addosso come belve feroci.
"Perché? Non ho fatto niente!" tentò di difendersi, disperato, dimenandosi nella stretta umidiccia di quei tre uomini dagli occhi porcini.
"Mi hai urtato. Sei fortunato ad avere un bel faccino e che io sia in carenza di merce, altrimenti invece di venderti ti avrei squartato" gli rispose quello che doveva essere il capitano prendendogli il mento fra pollice e indice. "Tutti alla nave, uomini! Si riparte per Sabaody!"

Il ragazzo venne gettato in malo modo sul ponte della barca, tra le risa dei marinai. "Aspetta qui, Principessa. Giusto il tempo di spiccare il volo e poi saremo tutti per te" gli annunciarono mettendolo ai ferri sul ponte.
"Maledetti bastardi! Ve la farò pagare!" urlò l'incosciente.
Risero di rimando quelli, dividendosi nei vari compiti. Terrorizzato, Gabriele strattonò e tirò. Aveva gli occhi spalancati per la paura. Ma non attese tanto, prima che il capitano tornasse. "Tempo scaduto Principessa. È arrivata l'ora del trucco!" gli annunciò l'omone aprendo le catene e trascinandoselo dietro, ignorando le sue indignate proteste ed i tentativi di fuga. "Sta buono, stupido cane" lo apostrofò l'uomo, buttandolo in una cella dove c'erano due massi di cemento.
"Legatelo" ordinò. Due uomini lo afferrarono e legarono i suoi polsi ai due blocchi, e poi le gambe a terra, gli strapparono la maglietta, scoprendogli petto e schiena.
"Vediamo... muscolatura evidente, aspetto gradevole, se non fosse per questo naso... che dici medico di bordo, glielo raddrizziamo?" rise l'uomo rivolgendosi ad un vecchio con la bocca cucita. Poi sferrò un pugno dritto sul setto nasale storto del ragazzo. "Voglio un bel lavoro, medicastro. Intanto io vado ad arroventare il marchio. Preparati, Principessa!" Gabriele gemette, e poi urlò, nell'estremo tentativo di divincolarsi. Inutile, perché il capitano ritornò, sbattendo il ferro arroventato sul pavimento a tempo. Poi senza preavviso, Il
Dolore,
La Carne
Bruciata
Il Puzzo
Orribile
Della Pelle
Marchiata
A Vita.
Fu abbastanza da perdere i sensi, non seppe se per un minuto, un'ora o un giorno. Quando si svegliò, era stato slegato. Accanto a lui c'era solo il medico (lurido e sporco di sangue quanto il peggiore dei segaossa) ed una sguattera. Sul polpaccio della ragazza, spiccava violentemente IL marchio. Un teschio davanti a due piume incrociate, dentro un cerchio. La pelle della sua schiena tirava e bruciava, scottava e fremeva dalla voglia di vendetta. Le bende tirarono. Il ragazzo vomitò l'anima, sputò e: "
Sparisci". Il medico comprese all'istante e se ne andò. La sguattera rimase lì a fissarlo con quell'odioso marchio. "Ho detto sparisci, stupida cagna!" urlò tirandole un secchio. Lo squittio delle suole sul pavimento bagnato di sangue non si fece attendere, seguito dall'eco del suono metallico del secchio contro la parete. E Gabriele fu solo.

La mattina dopo, la nave era avvolta dalla nebbia. La schiena bruciava ancora da impazzire, ma questo non aveva impedito ai suoi aguzzini di tirargli addosso uno straccio e rimetterlo in piedi a suon di sberle, dargli in mano uno scopettone e mandarlo a pulire il ponte insieme a quell'altra lurida stracciona. In silenzio, la ragazza puliva il ponte, cercando di stargli lontano il più possibile. Aveva provato ad avvicinarglisi, ed era stato un errore molto salato da pagare, perché era stata cacciata prima con gli insulti, e poi a suon di botte, quella stupida cagna remissiva. Dopo di che, Gabriele si era rifiutato di spostarsi dal punto in cui l'avevano lasciato quella mattina, senza che nessuno gli dicesse niente. Protetto dalla densissima nebbia, nessuno faceva caso a lui. La nave filava a gonfie vele, e si erano fatte già diverse miglia.
Era pomeriggio inoltrato, ed il ragazzo era digiuno da quasi due giorni, quando un faro illuminò il ponte. Dopo qualche minuto, un'enorme nave azzurra gli si fece incontro, ed un'uomo dalla prua gli gridò: "Chi invade le acque di Impel Down?". Un secondo uomo gli sussurrò all'orecchio qualcosa, e l'espressione dell'uomo si raggrinzì. "Pirati! Prendeteli!"
Sulla nave pirata non c'erano più di una quindicina di anime, contando il medico, la sguattera e Gabriele stesso, e la nave in ricognizione non fece fatica a sbaragliarli. Il doppio, forse il triplo di uomini venne vomitato sul ponte della nave, e come fu, come non fu, pochi secondi dopo tutta la ciurma era in manette, compresi i prigionieri.
"Capitano Louis Cooke, detto il Marchiatore, noto schiavista, con una taglia di ben 40.000,000 berry. Deve essere il suo giorno sfortunato, Capitano Cooke, perché non solo ha preso la rotta sbagliata" un coro di risa accompagnò le parole del nerboruto marine "ma ha anche perso la sua merce. Immagino che questi due ragazzi non facciano parte della sua nobile ciurma, non è vero?" chiese retorico pizzicando con le grosse dita la guancia della ragazza e tirando uno schiaffetto a Gabriele.
"È vero, non facciamo parte della sua ciurma, Capitano!" gridò la ragazza rivolgendosi al marine. "Ci liberi, per favore!"
Il ragazzo rincarò: "Gli dia quello che si merita! È solo una sporca feccia pirata!"
Il Capitano Cooke in catene sputò, per poi ringhiare un: "Maledetti sporchi traditori!" ed una sequela di minacce ed imprecazioni che avrebbe fatto impallidire uno scaricatore di porto.
"Chiudetelo in cella." Ordinò secco il marine, per poi rivolgersi alla sguattera mentre li liberava: "Signorina, può usare il mio bagno per ripulirsi. Entrambi sarete liberi di prendere la prima nave per dovunque vogliate andare. Siete fidanzati, o sbaglio?" chiese gentile.
Il ragazzo lo aggredì di rimando: "Io fidanzato con questo lurido cesso? Meglio la morte" il marine stupito provò a prenderlo per una spalla, ma quello si divincolò: "Non mi toccate!" per poi allontanarsi sul ponte.
"Mi scusi signorina, non mi aspettavo di certo..." tentò di scusarsi il Capitano.
"No, per carità, non si scusi, lei è stato talmente buono! La ringrazio infinitamente!" gli rispose pronta lei.
"Posso immaginare come vi abbiano trattato, se il migliore esponente dell'umanità su quella nave era quel ragazzo. Venite, vi accompagno nei miei appartamenti. Come vi chiamate, signorina?" disse l'uomo prendendola a braccetto. Aveva un simpatico pizzetto.
"Mi chiamo Tomoe Yubashiki" sussurrò intimidita la giovane, sotto gli occhi disgustati di Gabriele.
"Signorina Tomoe, sono disposto a riportarla a casa, se lo desidera" si propose il marine galante.
"Mi dispiace deluderla, Capitano, ma io non ho una casa da molto tempo ormai. Sono sola al mondo da quasi due anni, e vivevo di piccoli espedienti vagando di isola in isola prima che mi catturassero." Pigolò la ragazza.
"Può rimanere sulla mia nave e nei miei alloggi per tutto il tempo che riterrà necessario, signorina Tomoe. Le prometto che farò tutto ciò che è in mio potere fare perché lei possa avere una vita normale, non si dovrà preoccupare di nulla"
"Capitano, lei è veramente troppo gentile. Perché fa tutto questo?"
"Perché il suo animo gentile mi ha conquistato signorina, e vorrei avere con lei una conoscenza più approfondita"
A quel punto, Gabriele smise di ascoltare i bubbolii di quella coppia di idioti con una bella smorfia di disgusto dipinta sul volto.

BrotherhoodWhere stories live. Discover now