18. Giornata dinamica per Martin Batson

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Martin rimaneva in mare aperto. Confuso da mille idee e indizi quasi del tutto insignificanti. Nella sua vita talvolta fin troppo monotona aveva bisogno di qualcosa che lo tenesse occupato mentalmente, a pennello calzava il caso Kaspbrak.
Due giorni erano trascorsi, dall'incontro a scuola con gli alunni e un verbale era pronto e scritto in bella calligrafia sulla scrivania del poliziotto. Non gli bastavano come informazioni, era quindi deciso a scoprire di più: in giornata avrebbe fatto visita alla madre di Eddie.
Se fosse riuscito a risolvere il caso ne avrebbe tratto diversi profitti, partendo dall'alleviare dalle preoccupazioni i famigliari e gli amici arrivando ad una probabile promozione da parte del capo, senza tralasciare il fatto che anche Eddie ne avrebbe giovato.

Alle tre suonò il campanello, attendendo che la signora dall'imponente statura, madre del disperso l'accogliesse. Con la solita inesistente grazia ella aprì e attaccò l'ospite senza nemmeno preoccuparsi di chi fosse realmente, facendogli capire di non essere affatto il benvenuto.
"Ma le sto dicendo che faccio parte della polizia di Derry! Sono l'ispettore Batson." ripeteva lui straziato sventolando davanti agli occhi della donna il distintivo luccicante.
"Le ho detto che io non ho nulla da dirle, se ne vada"
"La prego, se tiene a ritrovare suo figlio mi dia ascolto!"
"Lo trovi e basta, senza perdere tempo! Non venga qui a parlare con me!"
"Mi faccia entrare, lo chiedo per favore, una chiacchierata con lei sono sicuro che mi aiuterà nella ricerca!"
"Deve durare poco però." disse sbuffando allora.
Lui sorrise e si fece strada nell'abitazione.
"Bella casa, complimenti, molto curata. L'ha ristrutturata da poco?"
"Non voleva parlare di mio figlio?" irruppe lei, per poi pentirsi. "Comunque grazie per il complimento... e si, ho da poco importato delle modifiche."
Martin sorrise di nuovo e lei gli fece cenno di sedersi su un divanetto dalla tinta rossiccia. La donna invece si lasciò cadere di peso su una poltrona alquanto rovinata esattamente di fronte.
"Come vedeva Edward negli ultimi tempi?"
"Parla dello stato d'animo?"
"Si, lo vedeva particolarmente felice o triste o che so io... nervoso..."
"No" disse secca.
"A scuola mi hanno detto alcuni, che pareva turbato."
"Turbato..." ripetè lei "si, adesso che ci penso può essere..."
"Si spieghi." la incoraggiò.
"Sono piccole cose... ma per esempio l'asma gli è peggiorato nel giro di pochi giorni, o raramente mangiava o trascorreva la serata con me, chiudendosi in camera. Era molto più restio e teso nei miei confronti."
"Soffre di asma?"
"Si, il mio piccolo..." alzò gli occhi al cielo "è tormentato dall'asma fin dall'infanzia."
"È un ragazzo fragile?" azzardò Martin.
"Molto. Davvero molto. Sia psicologicamente che fisicamente. È nato così non può farci nulla."
"Psicologicamente?"
"Esattamente. Si può notare dal fatto che ha molto bisogno che io gli stia accanto o che è molto sensibile."
"In che senso ha bisogno che lei gli stia accanto?"
"Ha bisogno di me, del mio aiuto."
"Ha diciassette anni però." obiettò il giovane poliziotto.
"Cosa intende?"
"Intendo che un ragazzo di diciassette anni dovrebbe essere autonomo."
"No, non Eddie. Lui è più fragile degli altri."
"Le pongo un quesito, è libera di disapprovarlo o ignorarlo ma anche di rispondere. Ha mai pensato di essere forse un po' troppo protettiva nei suoi confronti?"
"No! Non venga anche lei a rimproverarmi per come ho cresciuto e tuttora cresco MIO figlio! È chiaro?"
"Chiarissimo." confermò pacato.
La signora Kaspbrak forse nel profondo sapeva o anche solo percepiva di essere esageratamente attaccata ad Eddie, il fatto è che le era troppo difficile allontanarsi. Da piccolissimo aveva sofferto di un paio di malattie molto gravi che l'avevano fatta preoccupare smisuratamente, la scomparsa del marito l'aveva ulteriormente addolorata, aveva solo il timore di perdere anche l'unico caro a lei rimasto.
"Devo chiederle di andarsene."
"Signora Kaspbrak non volevo assolutamente infastidirla."
"Non l'ha fatto, ma se lo lasci dire, non è più gradita la sua presenza, sono stanca e vorrei riposarmi un po'."
"Certo, grazie per il suo tempo."
Martin non aveva mai smesso, nemmeno per un istante, di essere gioviale e disponibile, ciò gli faceva onore.
I due si salutarono formalmente tirando ognuno un sospiro alle spalle dell'altro.
Il poliziotto non fece in tempo a percorrere cento metri che s'imbattè nel ragazzo che aveva conosciuto un paio di giorni prima.
"Richard Tozier, sbaglio?" domandò gentile.
Il ragazzo era comodamente seduto su una panchina logora sul ciglio della strada a leggere un volume dalla copertina verdognola.
"No, non sbaglia." rispose alzando lo sguardo con un aria di sorpresa.
"Cosa fai qui solo a quest'ora?"
"Mi sta intimando di studiare?"
"Non ti sto intimando nulla, è una domanda."
"Leggo, per ammazzare il tempo."
"Allora non ti chiederò se hai già finito di studiare."
"Lo sta già facendo."
Martin sorrise.
"No, non l'ho fatto e non lo farò."
"Posso chiederti il perché?"
"Lo faccia e basta, a questo punto."
"Perché?"
"In una simile situazione come posso studiare? Il ragazzo a me più caro è scomparso e mi sembra veramente ridicolo che io mi dedichi ai libri invece di cercarlo."
"Cercarlo non è un tuo compito, esiste la polizia. E sinceramente non penso che leggere un libro su una panchina sia molto più produttivo..."
"Peccato che è scomparso da quasi due settimane e "la polizia" se così possiamo chiamarla, si è svegliata solo ora! Comunque si fidi è molto più produttivo leggere questo che i libri di scuola."
"Si, non posso darti torto sul fatto della polizia un po' inattiva, ma ti chiedo di dedicarti ai tuoi impegni e ai tuoi bisogni prima di qualunque cosa."
"Lei chi è per dirmi questo?"
"Un poliziotto."
"Magnifico, appare amichevole come posizione."
"Un fratello maggiore."
"Ci conosciamo da quarantotto ore appena."
"Sei pignolo." Martin rise pronunciandolo.
"Ritrova Eddie ti prego." proruppe Richie.
"Come?"
"Ritrova Edward, te lo chiedo per favore. Non so più come agire."
"Intendi dire che hai già provato a cercarlo?"
"Si, cioè lui...lui ha cercato me..." borbottò pentendosene sul momento.
"Cosa, non ho capito l'ultima parte di ciò che hai detto?" incalzò l'altro.
"Ho detto che l'ho cercato nulla di più."
Martin ignorò la risposta palesemente falsa.
"Ti prometto che farò di tutto per ritrovarlo. Penso sia la cosa giusta e sapere che il mio impegno è di conforto per qualcuno mi motiva ulteriormente a farlo."
"La ringrazio."
"Allora... cosa leggi di così interessante?"
Richie guardò il libro che reggeva, ancora spalancato, sulle mani. Lo chiuse e rispose:
"Nulla di che..."
"Un libro sulla telepatia?" domandò incuriosito.
"Ehm si."
"Scelta particolare. Mi auguro non crederai all'esistenza di una tale capacità."
"Io? No, non penso..."
"Stai attento, non sempre ciò che leggi è la verità, credi solo a ciò che vedi."
"Si, lo faccio, credo a ciò che vedo." un ghigno si dipinse sul viso del più giovane che guardando la scritta luccicante impressa sulla copertina pensò ad Eddie.
Dopo qualche minuto Martin si congedò e Richie si avviò verso casa.
Pensò a lungo allo scambio appena avvenuto.
Non lo facevo così in gamba. Pensavo fosse uno dei tanti che fanno promesse senza poi mantenerle. Lui sembra impegnarsi davvero.
Le riflessioni vagarono a lungo per le vie della sua mente contorta. Arrivò la notte.

Dopo tanto tempo che non lo faceva, Richie riuscì a dormire.

l'ironia dell'amore (reddie)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora