Introduzione

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Stavo tenendo d'occhio due dracene da parecchio tempo.
Si muovevano tra la folla come se niente fosse, pur essendo due omoni squamati con viscide code di rettile al posto delle gambe.
A risparmiare i mortali da quella orrenda vista era la Foschia, illusione magica che permette alle persone normali di vedere al posto di figure mitologiche cose appunto... Normali.
In quel momento, come per interferenza, la loro immagine tremolò e venne sostituita con quella di una coppia di anziani signori dai folti baffi bianchi, smoking e bombetta nera per poi ritornare alla loro forma originale.
Tra le mani stringevano delle lame in oro imperiale, fin troppo rare per due mostri del genere e indossavano protezioni di cuoio tinto di verde scuro che si intonava alla perfezione con la loro pelle verde acido.
Avanzavano con circospezione, la mano sulla spada, i muscoli tesi,le lingue biforcute che sibilavano per la frustrazione.
Si erano accorti di essere seguiti.
Svoltarono al primo vicolo laterale che trovarono e si guardarono attorno.
Era un vicolo stretto, buio e puzzava da fare schifo.
Una decina di topi stavano rovistando in dei sacchi dell'umido alla ricerca della colazione quando l'improvvisa invasione delle due dracene li fece scappare nel buio, gli artigli che ticchettavano sull'asfalto.
Un senzatetto sembrava addormentato sotto una sudicia pila di coperte marroni e il suo cappello di lana nero danzava ritmicamente accompagnato da un leggero russare.
Una scritta su una parete recitava:"Lasciate ogni speranza o voi che entrate".
Ripensandoci era abbastanza appropriato.
Uno dei due mostri, quello visibilmente più agitato, senza togliere la mano dalla spada sibilò:"Non sssaremmo dovuti venire, avremmo dovuto dissssobbedire agli ordini"
L'altro ribatté:"Cosssa sssei, diventato sssstupido? Lo ssssai che fanno a chi dissssobbediscsse".
Il primo rabbrividì.
Continuò il secondo:"Dobbiamo sssolo ssscovare il loro nassscondiglio e sssstrissciare via. Non toccherà certo a noi il pericolossso compito di eliminarli, otterremo ssssicuramente una promozione."
"Sssse ssssopravvivremo"
"Che ssstai dicendo?
"Dico sssolo che nesssun ricognitore è mai tornato vivo da quesssta missione e nesssuno ha mai trovato quesssta maledetta cassssa".
Nel pronunciare quelle parole dalla sua bocca caddero alcune gocce di veleno che, una volta toccato il cemento sfrigolarono e si raccolsero in una piccola pozza acida.
Ora erano agitati tutti e due.
Agitavano le loro code (o gambe?) frustando ansiosi il pavimento e facendo scappare altri topi.
"Dovremmo ritirarci?"
"Asssolutamente no, potremmo nasssconderci e sssseguire qualche ssssemidio inesssperto fino alla casssa..."
"Sssplendida idea"
"Chisssá come ssse la passsa la sssquadra due"
"Ho sentito abbastanza"
La voce proveniva dalla pila di coperte sporche che fino a quel momento aveva nascosto il senzatetto.
"E ad essere sinceri le vostre esse sono un sacco fastidiose, non avete corsi di logopedia nel Tartaro?"
I due brandirono le spade e snudarono le zanne.
Dopo essersi scambiati uno sguardo avvicinarono le lame alla bocca e le leccarono.
Lo so, fa schifo, ma la saliva di dracena è estremamente acida e può corrodere molte superfici, armi magiche escluse.
Purtroppo.
I due rettili erano bene addestrati.
Siccome il vicolo era molto stretto dovettero mettersi in fila e avanzare goffamente verso il nuovo arrivato.
Contro due soldati bene addestrati, con spade velenose  e una leggera armatura dipinta il senzatetto estrasse un coltellino a scatto lungo qualche centimetro che,  nella penombra del vicolo sembrava quasi nero.
Il senzatetto era un ragazzo sui quindici anni, un metro e settanta di altezza, capelli neri  e occhi ancora più neri che mandavano bagliori pericolosi.
Il senzatetto invece che voltarsi e scappare sorrise e arcuò la schiena come un gatto passandosi il coltellino da una mano all'altra con un movimento quasi ipnotico.
"Chi sssei?"
"Penso sia l'ultima cosa che vi debba importare ora"
"Sssei della casssa?"
Il senzatetto non rispose e rimase immobile.
"Sssei della casssa"Sibilò il più vicino esultante.
"Devi sssolo dirci dove ssssi trova e ce ne andremo sssenza farti niente ragazzino"
"Oppure non vi dico niente, vi uccido e me ne torno a fare rapporto"
"Ti rendi conto della sssituazione in cui ti trovi?"
"Certamente"
"Allora muori!"
Dopo aver detto la loro prima frase senza esse sibilanti si scagliarono entrambi verso il senzatetto che semplicemente indietreggiò sempre più in profondità nel vicolo, evitando allo stesso tempo i pericolosi fendenti.
Mano a mano che si inoltravano nel vicolo la luce divenne sempre più fioca fino a scomparire.
Assieme alla luce scomparve anche il ragazzo.
Ma non la sua voce che non aveva smesso un attimo di schernire i due ricognitori.
"Forse non vi siete resi conto della situazione in cui vi siete cacciati"
"Dove sssei finito bassstardo?"
"Ahahaha ma come, non ditemi che avete paura del buio"
Una saetta metallica comparsa dal nulla decapitó una spaventata dracena che si polverizzó all'istante lasciando un mucchietto di squame, l'armatura e la spada dorata.
L'ultima rimasta guardava nervosamente nel buio senza sapere dove sarebbe arrivato il che colpo successivo.
"Risssparmiami"
"Muori in silenzio"
Pochi secondi dopo il senzatetto uscì dal vicolo scrollandosi di dosso della polvere di mostro.
Il senzatetto si sistemò il cappello di lana e strinse tra le mani la collanina d'argento che teneva al collo e fissò il ciondolo.
Al suo interno c'era una foto in bianco e nero di una donna sui trent'anni, capelli neri, occhi ancora più neri, labbra sottili e graziosi orecchini mentre sorrideva.
Era bellissima.
Dopo un momento di esitazione il senzatetto nascose la collana sotto il giubbotto di pelle nera e si mescolò tra la folla.
La donna era la madre del senzatetto.
Il senzatetto ero io.

La casa del viandanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora