Capitolo 3

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«Sono stanco», pensò Noah.

Non c'era da stupirsi che la sua memoria avesse scelto di dimenticare il peggio che potesse accadere ad un uomo oltre ad essere indisposto. Malgrado avesse solo ventisette anni, gli parve di aver sacrificato la propria libertà. Aveva commesso lo stesso errore che avevano fatto suo padre e suo nonno prima di lui. Gli erano sempre piaciute le donne e aveva un'interminabile lista di compagne di letto, ma non aveva mai creduto nell'amore, quindi aveva la certezza che il suo matrimonio non avesse nulla a che fare con quello.

Era sicuro che sua moglie fosse una donna alta e dai capelli castani, perché quello era il suo standard di donna ideale, provenisse da una famiglia benestante e fosse ricca. Quei pensieri lo calmarono in un certo senso.

Chissà, lavorando con lei si era reso conto che erano anime gemelle in campo professionale; sarebbe stato perfetto, visto che si sarebbe trattato di una donna silenziosa e distante che avrebbe saputo rispettare la sua fitta agenda di lavoro e non si sarebbe lamentata se lo avesse visto di rado.

Il bussare alla porta interruppe la sua catena di pensieri; Noah si voltò, distogliendo lo sguardo dalla finestra.

"Ti dispiace chiudere gli occhi prima che entri?" chiese una voce con accento spagnolo. Prima sorpresa: si era sposato con una straniera dall'accento provinciale. Seconda sorpresa: parlava come un adolescente e faceva richieste stupide.

"Noah?" il suddetto strinse le labbra, impaziente, acconsentendo.

"Suppongo che anche tu sia nervoso per la mia presenza, ma non hai nulla di cui preoccuparti" aggiunse Julieta.

Noah rivolse nuovamente lo sguardo alla finestra. Terza sorpresa: sua moglie era entrata da un minuto e l'aveva già fatto innervosire.

"Mi sono emozionata quando mi hanno detto che avevi chiesto di me" disse Julieta chiudendo la porta e aprendo gli occhi, che aveva tenuto chiusi fino a quel momento.

"Chi ti ha detto che ho chiesto di te?" spalancò gli occhi Noah, incredulo. "Come potevo chiedere di te se nemmeno ti ricordo?"

"Mio Dio, che ci fai in piedi?" chiese lei, ignorando il suo commento, preoccupata.

"Hai una lista di commenti stupidi e senza senso o ti escono spontaneamente?" sputò Noah, voltandosi verso di lei.

Essendo tanto vicino alla sua figura, Julieta si sentì quasi minacciata dalla sua altezza, ma nonostante quella e il tono che aveva usato contro di lei poco prima, si sentiva tremendamente attratta da lui.

Non aveva dimenticato quanto bello e sexy fosse suo marito, ma questo non le impedì di rimanere a guardarlo con la bocca spalancata. Noah non sorrise e ciò non la sorprese; non era solito sorridere troppo spesso, e poi, in quel momento non aveva nessun motivo valido per farlo. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, Julieta era sicura che doveva essere molto spaventato.

"Detesto il sarcasmo" gli rispose.

"Ed io detesto le domande stupide" inarcò un sopracciglio il moro.

Quella donna era molto più bassa di lui e non doveva avere più di ventitré o ventiquattro anni. Aveva due occhi castano chiaro leggermente tendenti al verde verso la pupilla, e i capelli biondi con le punte tinte di rosa. Di rosa? Noah preferì credere che fosse a causa del riflesso della luce.

Aveva il naso cosparso da tante piccole lentiggini e due labbra carnose color ciliegia che avrebbero tentato persino un santo, Noah sentì qualcosa muoversi nei suoi pantaloni e si sorprese parecchio. Era sempre riuscito a controllare le reazioni del suo corpo, da quando era un adolescente.

The heir's bride. noah centineoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora