- Non ci posso credere che lo sto facendo sul serio. -
Sospirò il bambino chiudendosi la porta di casa alle spalle.
- Agli ordini della nonna non si discute. -
Aggiunse il sedicenne seguendolo.
- Puoi dirlo forte. - Rise il minore mentre stringeva la presa sulla busta, così grande che aveva dovuto afferrarla con entrambe le mani. - Non ho fatto in tempo a dire "ma", che aveva già la mano pronta sul mattarello... -
- Per fortuna il quartiere non è particolarmente grande. -
Considerò il maggiore, sforzandosi di vedere la situazione nel modo migliore possibile. Per quanto fosse possibile...
- Alla fine è come un Halloween al contrario, no? -
Disse il bambino con un'alzata di spalle, cercando, come aveva appena fatto anche l'altro, di vedere il lato positivo della faccenda.
- Sì, ma quand'è stata l'ultima volta che sei andato di casa in casa a fare dolcetto o scherzetto? -
- Quando avevo cinque anni... - Rispose subito il bambino, lasciandosi sfuggire un pesante sospiro sconsolato. - Sento che potrei svenire dall'imbarazzo da un momento all'altro... Se succede, tu sorreggimi, per favore. -
- Ci proverò. -
Gli assicurò il maggiore ridendo leggermente, prima che il piccolo Dominik, preso un ultimo respiro profondo, si avventurasse su per i tre gradini che separavano la porta d'ingresso della casa del suo vicino dal vialetto e suonasse il campanello.
Subito si udì una voce esclamare dall'interno dell'abitazione "ecco, un momento e arrivo!" e neanche cinque secondi dopo la porta venne spalancata.
Una donna sulla cinquantina in vestaglia e bigodini si affacciò sulla strada, apparentemente incurante di mostrarsi a possibili estranei mentre si trovava in quelle condizioni.
Chinò lo sguardo sul piccolo visitatore e subito tra le sue sopracciglia sottili si formò una profonda ruga d'espressione, dovuta allo sconcerto.- Cosa posso fare per te, Dominik? -
Il bambino incassò lentamente la testa tra le spalle nel vedersi rivolgere quello sguardo inquisitore e senza dire una parola, o meglio: mentre era impegnato a buttare giù il groppo in gola e rimettere in funzione le proprie corde vocali, infilò la manina inguantata nella busta e ne tirò fuori un piccolo sacchetto di carta.
- La... - Mormorò chinando lo sguardo dalla vergogna. - La nonna e io questa mattina abbiamo preparato una tonnellata di muffin e così... - Concluse, lasciando volutamente la frase in sospeso.
- Oh, capisco. - Sorrise la donna afferrando il sacchetto. - È un pensiero davvero carino, grazie Dominik. Ah, e ovviamente appena torni a casa ringrazia Olive da parte mia. -
- Certo, lo farò. - Sorrise a sua volta il bambino, mettendoci almeno la stessa dose di disagio che aveva quello della donna. - Buona giornata, signora Tremblay. -
Non appena la porta si fu richiusa e il bambino le ebbe dato le spalle, sollevò lo sguardo al cielo e si lasciò andare a un lungo sospiro.
Le orecchie quasi in fiamme, rosse fino alla punta.- Beh, almeno non sei svenuto come temevi. - Lo consolò il sedicenne, accarezzandogli delicatamente i corti capelli castani. - Ancora altre dieci case e possiamo tornare a casa. -
- Così tante? - Gemette il minore. - Non credo di potercela fare. -
Ma intanto che lo diceva, già si stava avviando verso la casa seguente.
Se gli avessero dato la possibilità di scegliere tra il farsi deridere fino alla fine dei suoi giorni dall'intera città e il farsi sgridare anche solo una volta da sua nonna, ce ne avrebbe messo di tempo a prendere una decisione.
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Little Me
FantasyIn un piccolo paese nella regione di Ontario, in Canada, vive Dominik Pelletier, un sedicenne emarginato dalla società, tanto dai coetanei quanto dagli adulti, e che venne accusato, quando aveva solo dieci anni, di aver appiccato fuoco all'immensa f...