- Cosa ti è saltato in mente?! -
Esclamò Cîpay, ancora nel pieno dell'agitazione.
L'altro, seduto su una delle panchine del parco, non gli rispose, rimanendo con il capo chino verso terra. Troppo scosso da quanto accaduto poco prima per riuscire a mettere insieme anche solo una frase di senso compiuto.
- Non sai cosa sarebbe potuto succedere! -
Aggiunse poi Cîpay, in quella che sarebbe potuta benissimo passare sia come un'affermazione, che come una domanda.
E furono proprio quelle parole a riscuotere il moro, il quale all'udirle subito sollevò lo sguardo, rivolgendo negli occhi sgranati dell'altro, i suoi colmi di lacrime, dovute allo spavento.
- No. -
Disse semplicemente.
Se l'avesse urlato, Cîpay non ne sarebbe stato sorpreso e di sicuro avrebbe alzato la voce a sua volta, ma il fatto che le avesse dette con tutta quella calma, nonostante il suo viso esprimesse tutto fuorchè quell'emozione in particolare, lo spiazzò.- No, in effetti non ne ho idea la più pallida idea di cosa sarebbe potuto succedermi, dato che non mi hai mai spiegato per quale motivo non dovrei entrare nel bosco dopo il tramonto. - Continuò Dominik. - Cos'era quella... Quella cosa che ho visto nel bosco? -
L'altro bambino rimase in silenzio.
In un primo momento in realtà parve quasi sul punto di rispondergli, ma poi, come se avesse realizzato solo in un secondo momento quale terribile errore stesse per commettere, serrò le labbra e rimase per lungo tempo ad osservare il minore senza dire una parola. Finchè...- Non venire più. -
Quelle parole, seppur mormorate, ruppero il silenzio con la stessa violenza che avrebbe potuto avere un tuono.
Dominik, sia il bambino che l'adolescente, sgranò gli occhi dall'incredulità nel realizzare quale fosse il senso di quella frase.
Cîpay infatti non aveva detto "non venire più dopo il tramonto", ma solo "non venire più".- Aspetta, che... Che intendi dire? -
Chiese il moro, pensando, o meglio, sperando di aver capito male.
Cîpay però non ripetè quelle parole, come se pronunciarle una sola volta gli fosse già costata fin troppa fatica.
Per un istante volse lo sguardo verso Dominik, il quale non potè fare a meno di sussultare nel vedere quegli occhi verdi, solitamente così brillanti e vivaci, ora come spenti, colmi dello stesso tipo di lacrime di cui erano ancora bagnati i suoi: lacrime di terrore.
Quindi, senza dire una parola, il bambino -perchè ormai, benchè Dominik non fosse ancora riuscito a spiegarselo, sarebbe stato impossibile per lui continuare a ritenerlo uno spirito- si voltò e uscì dal parco a passo svelto e sguardo basso.
Non era diretto verso il bosco, ma in città, tuttavia al momento quel particolare non catturò l'attenzione di nessuno dei due.- Cos'è successo? -
Mormorò il sedicenne, quasi più sconvolto da ciò che era appena accaduto lì nel parco, piuttosto che dagli avvenimenti del bosco di poco prima.
- Bella domanda. - Replicò in tono piatto il bambino. - Non l'avevo mai visto così. -
- Neanche io. -
Concordò il maggiore.
Solo dopo averlo detto, però, si rese conto di aver detto una sciocchezza.
In effetti c'era stata un'altra volta in cui aveva visto Cîpay arrabbiarsi e disperarsi al tempo stesso, eppure non riusciva a ricordare in che occasione potesse essere accaduto. Da quanto ricordava, tutti i loro incontri erano sempre stati così allegri e spensierati... Non c'era proprio stato posto per emozioni come la paura e la rabbia.
Doveva essere accaduto durante l'incendio, non c'era altra spiegazione.
O meglio, poco prima, dato che quel giorno, per quanto lo avesse cercato, non era riuscito a trovarlo. E da allora non lo aveva più visto.
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Little Me
FantasiaIn un piccolo paese nella regione di Ontario, in Canada, vive Dominik Pelletier, un sedicenne emarginato dalla società, tanto dai coetanei quanto dagli adulti, e che venne accusato, quando aveva solo dieci anni, di aver appiccato fuoco all'immensa f...