1° One Shot: A (false) bad girl

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[15 Aprile, 1983]

L'ennesimo e noioso giorno di scuola era andato abbastanza lentamente, come sempre, del resto.

I professori, noiosi e pallosi, non facevano altro che sbraitare del fatto della mia continua distrazione e, quindi, di conseguenza, della mia poca attenzione verso le lezioni didattiche - a parer loro "interessanti" - e sulla mia "maleducazione", solo perché rispondevo a tono ad ogni richiamo che ricevevo, come: "signorina (t/c), quando avrà intenzione di iniziare a  studiare?" "Forse quando smetterò di vedere la faccia orribile con cui vi ritrovate!" oppure "La smetti di fare l'insolente, in questa maniera rischiate la sospensione e la perdita dell'anno" "felice di andar via da questa classe di merda".

Ma quel giorno feci arrabbiare talmente tanto il professore di storia, Smith Andrew, che mi portò dal preside, per la quinta volta, che mi fece la solita e noisa ramanzina da quattro soldi e per punizione ebbe la magnifica idea di farmi recuperare le lezioni di pomeriggio, ma ad "istrurmi" era un ragazzo, leggermente più grande di me: un certo Michael Jackson, che avrei fatto pentire subito del compito che si era prefissato in mente di portare a termine, e poi nessuno voleva avere a che fare con me, sapendo il tipo di soggetto che ero.

Dopo il suono della campanella di fine giornata, che mostrava per gli altri l'inizio del pomeriggio, mentre per me quello dell'inferno, decisi di rimanere a scuola per non sprecare benzina inutilmente e, naturalmente, il mio caro e amato prof di storia si prese il disturbo di avvisare i miei genitori, sicuramente pronti a darmi quattro ceffoni in faccia oppure a prendere seri provvedimenti, e di dirgli che non avrei fatto casino durante la punizione, che sarebbe durata un mese e due settimane, dato che ero sotto la sua "ala protettrice": un vero e proprio onore per me, essendo stata la sua allieva preferita... che figlio di p...

Furono ore interminabili tra frecciatine del professore e silenzio di tomba, in sintesi: un modo schifoso per sprecare un pomeriggio e rovinare i miei piani della giornata: un bel giro sulla mia amata Honda nera per tutta Gary e di sicuro la predica dei miei, anche se noiosa, a parer mio, divertente perché, più che altro, ripetevano sempre le medesime cose.

-"Signorina, tolga i piedi dal banco e si comporti da persona civile, da quale è la sua famiglia"- tuonò all'improvviso il prof con quella sua fastidiosa e viscida voce, inrompendo il magnifico silenzio che mi dava pace.

-"No"- mi limitai a rispondere, lanciai un pezzo di carta sul pavimento, guardai con aria da sfida il prof e sorrisi nel vederlo bollire dalla rabbia.

-"Non si gettano carte per terra"- battè una mano sulla cattedra e fece cadere una matita che rotolò fino allo stipite della porta, seguì il rotolare dell'oggetto con lo sguardo, mi aggiustai una ciocca di ricci rame ricaduta sulla fronte e, con l'intenzione di farmi odiare ancor di più, ridendo, dissi:
-"Prof, non si gettano le matite per terra: è gesto di maleducazione"-

Infuriato come una belva, si alzò dalla sedia, che fece strisciare contro il pavimento e stridere fastidiosamente, e arrivò di fronte a me a passi svelti:

-"Non sono venuto qui per farmi rovinare la giornata da una ragazzina insulsa come lei, okay? Sono qui per darle una lezione e farle cambiare la mentalità con cui si ritrova a ragionare"-

-"Le dico che i suoi sforzi sono del tutto inutili: sono nata così e ci resterò per sempre. Voi tutti pensate che io sia una fallita, una persona che non avrà mai successo nella vita, ad iniziare da i miei genitori, che si importano soltanto di vedermi dietro un scrivania a impartire regole inutili a dei ragazzini, a finire a voi insegnanti; lo pensate perché ho le palle di dire le cose in faccia senza pensarci una minima volta. Ma vi sbagliate, lo fate tutti, e un giorno ve lo dimostrerò: salirò io sul "podio" della vita, avrò successo, mentre voi tutti rimpiangerete di non avermi dato fiducia..."- tolsi i piedi dal banco e lo spinsi, presi una sigaretta dal pacchetto, che sempre portavo nella terza tasca a destra della giacca in pelle nera, e me la portai alle labbra, certo, non l'avrei fumata in classe, ma, sapere che l'avevo in bocca, mi tranquillizzava, in un certo senso.

E Se Un Giorno Incontrassi Michael Jackson? || OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora